Sospesa fra vita e morte, fra dover dire e dover fare, legata a una parola che nessuno ascolta, Cassandra si consegna all’eternità. Un fascio luminoso l’avvolge. Cassandra di Christa Wolf, nella regia di Carlo Cerciello, diventa così metafora del Teatro, della lingua teatrale che parla a un mondo di ciechi, qual è il suo destino? Continuare a parlare e denunciare. La piccola Sala Tre del Teatro Franco Parenti di Milano, comincia a riempirsi fra il vociare del pubblico e Cassandra, è là ad attenderci, è là da sempre, figura emblematica, che attraversa il tempo, in eterno conflitto con il potere. Con questo testo Christa Wolf (1929-2011), denuncia il clima di oppressione nella Germania dell’Est, nonostante i crescenti dissapori, ha creduto e si è impegnata fino in fondo, cercando di combattere dall’interno. Come più volte ha dichiarato: «Se io posso liberarmi e posso continuare a scrivere, totalmente indipendente, posso restare qui, se no, devo andarmene.» Cassandra, nel monologo messo in scena da
Carlo Cerciello, coadiuvato da Aniello Mallardo (rappresentato in prima nazionale al Teatro Elicantropo di Napoli), parla agli uomini di ogni epoca, “Testimonia il passato, perché in futuro non abbiano a ripetersi gli stessi errori. Ma forse il futuro è già tra noi, è il nostro presente, e gli stessi errori si stanno già ripetendo”. Nella regia di Carlo Cerciello, Cassandra è vestita di nero, sembra uscita da un film di fantascienza, un futuro distopico di Mad Max, i costumi di Anna Verde, appaiono ispirati all’eroe della serie fantascientifica. Le verità di Cassandra preoccupano il potere. Le verità di Carlo Cerciello, indicano un percorso teatrale da compiere, se si vuole dare un futuro al Teatro e alle sue magie, se si vuole denunciare il qui ora. Cassandra si dibatte, si dispera, non si rassegna mai, la regia gioca sulle luci e su toni di voce molto evocativi, tutto si compie su una linea retta, segmenti di movimenti, che vanno avanti o procedono a ritroso, consegnandosi a un futuro presente, realtà incombente e opprimente da cui non bisogna fuggire ma continuare a lottare. Cerciello rielabora i simboli del passato dandogli nuova vita, realizza una scena teatrale capace di esplicare i rapporti fra gli eventi e renderli vivi, nasce così uno spaesamento nel pubblico che fa riflettere e porre domande. Cecilia Lupoli, bravissima, regala al personaggio, forza e vitalità, corpo parlante che sa trascinare gli spettatori verso la verità. Le luci sognanti di Cesare Accetta, cadono su di lei, dall’alto, come una pioggia di idee, svelano il percorso e il senso più profondo, in simbiosi con le musiche di Paolo Coletta, sempre creativo e preciso nelle sue citazioni melodiche. Luci e musiche, sottolineano i passaggi cruciali del racconto, creano un’ambientazione che attraversa le epoche. Ancora pochi giorni per vedere questa piccola perla, nelle originali scene ideate da Andrea Iacopino, scene composte da semplici tiranti che legano l’attrice costringendola a movimenti forzati. Ma forse gli unici veramente legati siamo noi, spettatori ignari che spesso assistiamo, impotenti, a tragedie viventi.
Assistente regia Mariachiara Falcone. Produzione Teatro Elicantropo / Elledieffe.
Miano, Teatro Franco Parenti, 1° aprile, 2023
Foto Guglielmo Verrienti