Tutto nasce da un questionario anonimo, e già questa è un'idea 'strana' nel senso che è 'e-stranea' al consueto modo di fare teatro, un questionario distribuito nelle scuole secondarie di primo grado (le Medie per intenderci) della città metrolìpolitana con domande se vogliamo consuete e fin banali (come stavano, come passavano le giornate, e poi i compagni e i professori) quasi senza sapere dove si sarebbe andati a parare e guidati in fondo solo dalla curiosità di scoprirlo. Ma poi è venuto il teatro come luogo in cui quella miriade di vite e di pensieri poteva trovare soprattutto una sua giustificazione condivisa, una elaborazione collettiva che facesse conoscere alla cosiddetta generazione Alpha (i nati dopo il 2010) gli adulti, ma anche, se non soprattutto, agli adulti la cosiddetta generazione Alpha.
Una scelta spontanea e quasi istintiva quella del teatro dell'Argine di Bologna, nell'ambito della sua trilogia sull'infanzia e l'adolescenza iniziata nel 2017 (“Futuri Maestri”) e proseguita nel 2019 (“Politico Poetico”), una intuizione drammaturgica che vuole essere capace di restituire al teatro la sua funzione di piazza per gli incroci condivisi di una collettività che altrimenti, nonostante il tradizionale “essere per stare assieme” di chi abita quelle contrade, rischia di perdersi e di dimenticare proprio il suo innanzitutto essere comunità. La conferenza spettacolo conclusiva si è in effetti tenuta nella grande
“Salaborsa”, in pieno centro della Bologna storica, che è proprio una grande piazza coperta (un recinto), usa una volta al commercio e alla finanza (che sono in fondo anch'esse funzioni di 'relazione'), ed è stata questa una suggestione che in un certo qual modo ne ha amplificata un'altra, più nascosta.
La suggestione custodita dal nome di chi l'evento ha ideato, progettato e organizzato, il “Teatro dell'Argine”, un nome nato come indicazione di luogo che si è man mano trasformato, amo pensare, in indicatore di funzione, quella cioè di porre un'argine, appunto, non tanto alla deriva un pò solipsistica di certo teatro che guarda più al suo ombelico che al mondo, ma soprattutto di porlo contro la metaforica 'piena' di solitudine e in fondo disperazione che, anche per gli effetti della pandemia, preme sempre più forte e minaccia di travolgere le nostre città.
La generazione Alpha, dunque, come cartina al tornasole dell'efficacia di tale volontà che si avvale dell'estetica per organizzare metaforicamente, e poi rivelare anche socialmente, lo sguardo sui movimenti evidenti e su quelli sotterranei che ci percorrono, insieme allacciandosi in un inusuale e anche inusitato transito scenico.
Dunque dodici present-attori (sei maschi e sei femmine) e cento loro coetanei super-ospiti e ancor più 'protagonisti', non sciorinano dati, numeri e grafici ma li raccontano drammaturgicamente, così felicemente trasfigurando la sociologia e la psicologia in spettacolo, nel senso più ampio e pieno della parola.
Non solo per sé ma anche per tutti gli altri loro coetanei che stanno fuori e forse aspettano (di crescere e di cambiare chissà) ma che comunque da noi qualcosa si aspettano.
Ed è proprio in tutto questo che si può leggere la 'rappresentazione' del rapporto tra adulti e questi nostri figli che stanno tra l'infanzia e l'adolescenza, in rapido e difficoltoso transito, una rappresentazione che mostra come ci sia una parte di loro che coltiva in qualche modo un rapporto con gli adulti, una rapporto attivo di attesa ed uno passivo di cura, ma anche una parte che questo rapporto, questo legame, ha perduto e ne è, latamente, orfano.
Allora perché non pensare che noi tutti, quali genitori collettivi e socialmente attivi, possiamo farci carico di questa parte 'orfana', prendendo coscienza che in fondo tutti questi ragazzi sono figli comunitariamente condivisi, sono figli della nostra comunità, sono, tirando la giusta conclusione, appunto anche i nostri figli.
In questo sta la forza di un'evento, di un esito che non è più 'strano' o 'e-straneo', e che questa drammaturgia, poiché tale è, sollecita anche attraverso il recupero di quella capacità di 'provocazione' che il teatro non può e non deve dimenticare.
Del resto la grande partecipazione non solo dei familiari e dei cittadini-spettatori ma anche di tutte le Istituzioni politiche e culturali della città, dal Comune all'Università, insieme ad una folta rappresentanza di giornalisti e critici nazionali, è stata l'evidenza che quella sana provocazione può cogliere e ha saputo cogliere nel segno.
Alla Salaborsa di Bologna, girovagando tra logge e platea il 21 e 22 maggio. Partecipata non solo per numeri e intimamente condivisa.
Cos’è quella cosa che, Conferenza-spettacolo sull’arte della generazione Alpha, un progetto del Teatro dell’Argine realizzato dalla Città metropolitana di Bologna in collaborazione con i Distretti Culturali di Bologna, Montagna, Pianura EST, Pianura Ovest, Reno Lavino Samoggia, Savena Idice
nell’ambito del progetto PON METRO 14 - 20 finanziato dal FSE nell’ambito della risposta dell’Unione alla pandemia di COVID-19. Con le classi I-II-III D Scuola Secondaria di I grado Castiglione dei Pepoli, II C Scuola Secondaria di I grado E. Veggetti di Vergato, II C Scuola Secondaria di I grado G. Galilei di Sasso Marconi, III E Scuola secondaria di I grado G. Guinizelli di Bologna, IIF Scuola Secondaria di I grado G. Gozzadini di Castenaso, III A Scuola Secondaria di I grado Il Guercino di Bologna, III E Scuola Secondaria di I grado C. Jussi di San Lazzaro di Savena, III D Scuola Secondaria di I grado P. Matteucci di Granarolo dell'Emilia, II G Scuola Secondaria di I grado G. Reni di Bologna, II B Scuola Secondaria di I grado G. Rodari di San Lazzaro di Savena, e con Fabio Bovina, Diego Carbone, Penelope Dani, Leonardo Di Costanzo, Vittorio Lugli, Marisa Oggioni, Viola Oggioni, Martina Padula, Leila Paselli Strizzi, Irene Purin, Samuel Trevor-Briscoe, Filippo Zhu. Drammaturgia Caterina Bartoletti, aiuto regia Caterina Bartoletti e Francesco Izzo Vegliante, assistente alla regia Laura Gnudi, coreografie Patrizia Proclivi
produzione video Mediamorphosis, contenuti multimediali Giacomo Armaroli, coordinamento tecnico Francesco Massari, allestimento tecnico Immagine e Suoni, laboratori a cura di Giacomo Armaroli, Caterina Bartoletti, Paolo Fronticelli, Francesco Izzo Vegliante, Irene Montanari, coordinamento Vittoria De Carlo. Regia di Andrea Paolucci.