Pin It

Cari amici lettori, incrociando Shakespeare e Dante, nel concludere questi miei racconti, vi dirò di un fazzoletto “galeotto” che mi spinse inevitabilmente a sciogliere ogni nodo con la famiglia di Pietro ed Elena De Meis.


Accadde, infatti, che la sera del bacio del tutto innocente che ci demmo io ed Elena, un attimo prima di andarmene, presi dalla mia tasca un fazzoletto bianco come la neve di Natale, e me lo passai sulle labbra appena sfiorate da quelle rossettate di Elena, lasciando, mi avrebbe detto dopo un paio di giorni la mia amica d’un tempo  al cellulare, un’evidente traccia del suo rossetto. Ahimè, era accaduto che , ancora emozionato intimamente dal bacio, lasciai il mio fazzoletto su una mensola attigua alla porta d’ingresso dell’appartamento dei De Meis, senza che da subito se ne accorgesse Elena: ma naturalmente  se ne accorse il marito!
Il giorno dopo, infatti,  mi chiama Pietro,  dicendomi che voleva incontrarmi subito. Naturalmente ero ancora ignaro del fattaccio: chi ci aveva più pensato al fazzoletto galeotto? Ancora ignaro della cosa, mi metto d’accordo per prendere quella sera stessa un aperitivo, e fissando il locale e l’orario.
Nemmeno mi saluta, Pietro, dicendomi:
“Ecco il tuo fazzoletto, te lo puoi riprendere, e naturalmente non ho ripulito lo sbaffo di rossetto che lo ha macchiato, rossetto al cento per cento usato da mia moglie!! Ti rendi conto di cosa hai fatto? Anzi, avete fatto? Intanto Elena l’ho spedita dai suoi genitori stolidamente musicanti, non volendo ascoltare da lei nemmeno una parola, tanto avrebbe tirato fuori chissà quali scuse. Ed ora tocca a te: io pretendo che tu mi dica da quanto dura questa tresca alle mie spalle! E’ mai possibile che dopo trent’anni si sia rinfocolato lo slancio amoroso fra voi due, alle mie spalle? Ascolta, ti assicuro che trattengo a stento le mie mani, perché la voglia di prenderti a sberle è forte, fortissima!”.
“Pietro, Pietro…. Cerca di calmarti un attimo… ma quale tresca, vuoi scherzare?”.
“Zitto, zitto… so io quando mi devo calmare, e non sto scherzando affatto. Per prima cosa mi devi dimostrare di non esserti… di non aver… scopato mia moglie! Hai capito?”.
“No, Pietro, non l’abbiamo fatto. Prove non ce l’ho, evidentemente… ma ti giuro su quel poco di onore che posso dimostrare che non abbiamo assolutamente fatto sesso!”.
“Tu devi cercare di dimostrarmelo! Chiarooo?”.
“Se mi chiedi questo, mi costringi ad umiliarmi, allora!”.
“In che modo!? Qui l’umiliato sono io!”.
“No, Pietro, ti sbagli: io non POSSO al momento far l’amore con nessuna! Domani ti farò vedere la documentazione medica, e capirai che sto in  cura per un forte abbassamento del testosterone e di altri ormoni: potrebbe esserci una causa tumorale, capisci? Non ce la faccio ora a far sesso, e comunque il medico me lo ha vietato!”.
Pietro arrossisce lievemente, borbotta qualche borborigmo, alza le spalle, è confuso, per poi dire:
“Mi auguro che tu non menta, e comunque non c’è dubbio che vi siete baciati sulla bocca, e di questo devi darmi una spiegazione convincente!”.
“Non è facile dare una spiegazione plausibile; ci siamo guardati dopo il bacio, che certamente c’è stato, ma credimi: con ben poca sensualità, con un rapporto non fisico, non fra corpi, ma fra due persone che per pochi secondi, con immaginazione direi poetica, con rispetto, hanno voluto rivivere un momento della loro piena giovinezza! Non devi prenderla a male, capisci?”
“Beh, sono un tipo possessivo, e forse lo sai già; Elena non te l’ha detto?”.
“Ma no, non si era nemmeno accorta del mio fazzoletto quando me ne sono andato
subito via!”.
“E come vi siete salutati?”.
“Con un sorriso, con tenerezza fraterna; eppoi le donne sanno intuire l’essenza vera dei sentimenti, ti pare?”.
“Può essere, può essere… comunque ti prego di non frequentarla in mia assenza, ok? Sono suo marito, ancora, e ho tutto il diritto di controllare i suoi comportamenti!”.
“D’accordo Pietro; ma vedi: c’è un passato che cronologicamente non c’è più; poi c’è un passato che ti resta dentro continuamente; accade quando un sentimento, puro!, sia chiaro, convive con te, e viaggia con-il-tempo, è <<contemporaneo>>, sempre vivo, sempre attuale, dentro la persona. Su questo non ci puoi far nulla tu, sei assolutamente IRRIDUCIBILE alla mia interiorità; puoi solo sentirtela raccontare questa mia dimensione interiore, tutto qui!”.
“Vabbe’ prof, ho capito, ma i patti son patti, ok? Finiamola qui, statti bene!”.
“Altrettanto!”.
Ormai il saluto rimase definitivamente l’ultimo, non ebbi più desiderio e disponibilità ad incontrarli, nemmeno Elena, di cui avrei coltivato un ricordo tutto mio, come ormai destinato a restare del tutto segreto.
Ora di quella strana famiglia d’artisti mi è rimasto solo il racconto di tante storie… chissà, forse un giorno mi torneranno a mente altri episodi meritevoli di essere raccontati… o magari i componenti della famiglia daranno luogo a personaggi da fiction, o di qualche commedia teatrale, sempre che il teatro di rappresentazione continui ad esistere…  sempre che tutti i De Meis, meno Elena, non siano stati che proiezioni virtuali della mia mente!