La nostra attenzione si rivolge soprattutto alle produzioni internazionali che, come già affermato, appaiono in numero ridotto all’interno di questo Festival e pertanto sembrano le più ambite da spettatori e da addetti ai lavori. Nella storica sede della
Sala Assoli, all’interno dei quartieri spagnoli, numerosissimi spettatori si accalcano nel vicolo per assistere all’atteso EXISTENZ, che registra il tutto esaurito per le due date previste, 7 e 8 luglio. Anche in questo caso scopriamo un’ampia produzione che coinvolge anche il Campania Teatro Festival, pur partendo dalla Germania e da Berlino: PRODUZIONE SUITE42 in coproduzione con KUNSTFEST WEIMAR, CAMPANIA TEATRO FESTIVAL – FONDAZIONE CAMPANIA DEI FESTIVAL, THEATER AN DER RUHR – MÜLHEIM E TAK THEATER AUFBAU KREUZBERG – BERLINO, con il sostegno dei FONDS DARSTELLENDE KÜNSTE con fondi del commissario del governo federale per la cultura e i media (in Germania) nell’ambito del programma NEUSTART KULTUR. È necessario informare i lettori su aspetti che riguardano le collaborazioni e le produzioni che lavorano dietro uno spettacolo, per far emergere certi rapporti tra il mondo teatrale, quello culturale e politico che sono alla base del sostegno di alcune grandi e piccole produzioni nazionali ed internazionali. In assenza di questi supporti, infatti, il teatro mostra evidenti difficoltà nell’evoluzione e nella costruzione di lavori artistici che devono essere necessariamente guidati e sostenuti da Fondi, privati o, si spera, pubblici.
Prima di arrivare in Germania, dobbiamo partire dalla Siria: il testo è infatti firmato da Wihad Suleiman, giovane drammaturga siriana, classe 1988, diplomatasi nel 2012 presso l’Institute of Dramatic Arts a Damasco, dove si specializza in regia e recitazione.
Il testo in questione, EXISTENZ appunto, nasce attraverso la partecipazione ad un progetto dal titolo “New Writing for Theater”, indetto dal London’s Royal Court Theater. Tradotto in italiano e in inglese, durante il Campania Teatro Festival 2023 viene presentato in prima assoluta in Italia nella versione arabo-tedesca e dal titolo in tedesco.
L’esistenza umana viene osservata attraverso il filtro della guerra, pertanto è importante documentarsi sulle origini siriane dell’autrice, ma anche su quelle della regista Lydia Ziemke, la quale, dopo aver studiato linguistica e lingue antiche ad Edimburgo, lavora tra Londra e Berlino, incrociando anche il London’s Royal Court Theater dove è nato questo testo.
Nel 2010 riceve una borsa di studio per il programma CULTURAL LEADERSHIP INTERNATIONAL che le ha permesso di viaggiare nel mondo e in particolare nelle regioni arabo-persiane, dove ha proposto i suoi lavori performativi.
Queste informazioni ci permettono di ricostruire le origini di questo lavoro, attraverso la complessa ed eterogenea formazione delle due donne che ritroviamo alla base di questa produzione.
La figura femminile, in effetti, sembra emergere costantemente all’interno dello spettacolo, recuperando elementi della tragedia classica, sia per gli studi condotti da autrice e da regista, sia per una naturale inclinazione del tema bellico contemporaneo verso i racconti antichi.
Gli spettatori sono dotati di cuffie wireless e il palcoscenico è caratterizzato dalla presenza di simboli dell’udito, ossia grandi orecchie azzurre; un orecchio scende al centro della scena ed è un oggetto a cui si avvicinano gli attori per sussurrare i propri pensieri, trasmessi alle cuffie degli spettatori.
La scena è caratterizzata da tre zone coperte di sabbia, tre zone rettangolari piene di terra in cui vengono inseriti alcuni attori e alcuni personaggi. L’introduzione sonora è affidata all’ attore più anziano, seduto in sedia a rotelle con una chitarra elettrica, in un’ambientazione oscura illuminata solo da una torcia, che evidenzia solo alcuni elementi della scena, solo alcune parti del corpo e dei visi degli attori. Gli spettatori non vedono bene, scorgono solo alcuni elementi, sono stimolati attraverso l’udito. I suoni sussurrati, così come le battute degli attori, sono percepiti dagli spettatori attraverso le cuffie che forniscono una traduzione simultanea in italiano, giocando tra due lingue, arabo e tedesco.
Due donne, una madre e una moglie, entrambe mogli, due uomini, un padre e un figlio, entrambi mariti, tutti coinvolti dalla guerra e nella guerra. Non esiste un riferimento specifico geografico o temporale, la guerra è tale in tutto il mondo e in tutte le epoche.
L’uomo più giovane descrive la guerra attraverso la sua partecipazione diretta, osservando, prima con gli occhi dell’entusiasmo e poi con quelli della paura, la morte e la sofferenza che lo circondano. Ritornano in mente sicuramente i riferimenti ai versi di Ungaretti o alle parole di Primo Levi, per citarne alcuni, ma le immagini che affiorano nelle menti degli spettatori sono quelle più recenti, quelle dei conflitti apparsi in televisione negli ultimi 30 anni.
L’uomo soldato si colora di bianco, lo sperma diventa simbolo di vita e di nascita, ma poi diventa colore cadaverico che lo ricopre e lo uccide, trasformandolo in Cristo da Pietà michelangiolesca.
La madre e la moglie attendono invano, scavando nella sabbia delle tombe-case di famiglia da cui affiorano cocci di piatti, di tazze, lembi di abiti, oggetti simbolo della quotidianità distrutta.
La recitazione si protrae attraverso una costruzione binaria, la traduzione simultanea sparisce e compare invece attraverso sopratitoli proiettati in alto. L’uso delle cuffie, dunque, dalla metà dello spettacolo appare superfluo, anche per il volume delle battute e per la recitazione concitata che aumenta nella velocità, nell’intensità e nel coinvolgimento degli spettatori. Attraverso la presenza dei sopratitoli ci si accorge che le stesse battute vengono recitate sia in tedesco che in arabo e che la drammaturgia è effettivamente frammentaria, ma ha lo scopo di coinvolgere fisicamente e visivamente il pubblico.
Sudore, sabbia, orpelli scenici, movimenti e intensità recitativa caratterizzano il lavoro dei quattro attori, Mohamad Al Rashi, Corinne Jaber, Amal Omran e Alois Reinhardt che affrontano un lavoro faticosissimo, intenso sia a livello fisico che interpretativo.
L’intero racconto scenico oscilla tra il concetto di vita e di morte, di quotidianità e di guerra che sconvolge le piccole cose. La guerra entra nelle menti delle persone e sconvolge i pensieri, creando un modo subdolo di ragionare e di pensare. Dalla violenza instillata negli animi dei soldati, al finto coraggio e alla paura che poi si mostrano ferocemente agli occhi di tutti.
La speranza negli occhi dei familiari che attendono il ritorno e l’orgoglio nel sapere che i figli combattono per la patria, fino al rifiuto della consapevolezza della morte e del mancato ritorno, momento di terribile dolore.
L’intero testo è costruito su dialoghi apparentemente reali, ma si materializza sulla scena come una raccolta di pensieri e di riflessioni sull’esistenza umana, in cui filosofia e religioni si intersecano in un ragionamento eterno e senza fine, senza regole, senza distinzione etnica. Ci si chiede in effetti perché il ragionamento sull’esistenza si attivi soprattutto davanti alla distruzione bellica.
Pensieri sussurrati nelle orecchie degli spettatori, tra gli stessi attori che pensano ad alta voce, che dicono, ma evitano di pensare al peggio. Due generazioni all’interno del palcoscenico, attraverso due lingue che si fondono perfettamente, generano gli applausi finali e prolungati da parte del pubblico italiano, con numerose presenze straniere.
CAMPANIA TEATRO FESTIVAL 2023
EXISTENZ
Sala Assoli Napoli 7-8 luglio 2023
CON MOHAMAD AL RASHI, CORINNE JABER, AMAL OMRAN E ALOIS REINHARDT
REGIA LYDIA ZIEMKE
TESTO WIHAD SULEIMAN
SCENE E COSTUMI CLAIRE SCHIRCK
CO-CREAZIONE PALCOSCENICO E COSTUMI RAFFAËLLE BLOCH
DRAMMATURGIA E TRADUZIONE CHRISTOPHER-FARES KÖHLER
SOUND DESIGN E DIREZIONE TECNICA NILS LAUTERBACH
MUSICA NILS LAUTERBACH & MOHAMAD AL RASHI
DISEGNO LUCI VITO WALTER
LIVE TRANSLATION SANDRA HETZL
PRODUZIONE TAMMO WALTER
DIREZIONE DI TOURNÉE E PALCOSCENICO RANIA SHAHIN
ASSISTENTI HANNES MAAR, ALICE FAUCHER, OMAR HAMSHOU, HAZEM SALEH, ABEER MOHAMED
PRODUZIONE SUITE42
IN COPRODUZIONE CON KUNSTFEST WEIMAR, CAMPANIA TEATRO FESTIVAL – FONDAZIONE CAMPANIA DEI FESTIVAL, THEATER AN DER RUHR – MÜLHEIM E TAK THEATER AUFBAU KREUZBERG – BERLINO
CON IL SOSTEGNO DEI FONDS DARSTELLENDE KÜNSTE CON FONDI DEL COMMISSARIO DEL GOVERNO FEDERALE PER LA CULTURA E I MEDIA (IN GERMANIA) NELL’AMBITO DEL PROGRAMMA NEUSTART KULTUR
Foto Giusva Cennamo