Scenario è il termine etimologicamente teatrale (da scaenarium “spazio per le scene”), anche se lì oggi non molto usato, che forse più di ogni altro ha saputo supportare il concetto di rappresentazione della realtà (la famosa mimesi), dello sguardo sul
reale anche trasferendolo oltre il suo ambito, ad intridere significanze più ampie, sociologiche, storiche, ambientali e quant'altro, ma sempre custodendo in sé una valenza fisica (il luogo materiale, le scenografie e gli apparati) ed un senso estetico narrativo (il canovaccio della commedia dell'arte o anche il piano della sceneggiatura cinematografica o soggetto).
Anche per questo Scenario, premio e festival, non è soltanto una manifestazione che genericamente sostiene il nuovo teatro, ma è man mano diventato, a partire dalla omonima plurale associazione che lo promuove, qualcosa di più ampio, è diventato il luogo dell'accoglienza e del passaggio, una sorta di prova di maturità che è l'esito di una selezione aperta ed insieme esigente, guardinga, se vogliamo, ma insieme visionaria, cercando in questo di trasfigurarsi anch'essa in un vero e proprio 'scenario', con tutte le implicazioni implicite che ho citato in precedenza, della realtà teatrale, ma non solo, italiana.
Scenario dunque ne è l'oggetto concreto ma è anche la struttura, la forma che lo definisce ancor prima. La stessa organizzazione dell'evento ne è, in un certo senso, l'evidenza, contenendo all'interno del Festival, che ripropone spettacoli a suo tempo segnalati o premiati, il Premio, quasi a manifestare nel concreto l'accoglienza e il passaggio in tempo e spazio, attraverso la prova, dei migliori fermenti del nostro teatro.
Insieme con questo, è ulteriore dimostrazione la collaborazione con il Dipartimento delle Arti di Alma Mater, nel tentativo, encomiabilmente portato avanti anche da altre Università, di ricucire una frattura che, dopo gli anni più fecondi del Dams, sembra essersi determinata nei fatti tra Accademia e teatro vivo.
Così, quest'anno, l'Università di Bologna ed il suo Dipartimento hanno messo a disposizione spazi non solo per gli spettacoli ma anche per gli interessanti laboratori destinati soprattutto a giovani e studenti.
Un evento incontro, tra studio e spettacolo, di cui cerco di dar conto in questo mio breve diario che unisce gli spettacoli del festival, già premiati o segnalati nel passato e ora nella loro completezza formale, e i corti, non più di venti minuti da cui cogliere le prospettive di una più completa messa in scena, in gara..
TOPI / Usine Baug (foto in apertura)
Una ferita non ancora rimarginata, la famosa 'macelleria messicana' come ebbe modo di definirla in un sussulto di sincerità Massimo D'Alema. Chi era a Genova come me, ricorda dove era quasi in ogni ora di quel tragico G8 del 2001, inizio del millennio che “ha spezzato la schiena” al 'Movimento' e forse ad una generazione. Chi era a Genova sa, tuttora 'sa' non 'sapeva', che l'atmosfera che lo circondava era quasi irreale nella sua cruda realtà, una realtà già oltre la storia e che dalla politica sembrò scivolare nella metafisica. Chi c'era, a Genova, non può dimenticare ma desidererebbe, per difesa o chissà che altro meccanismo interiore, non ricordare. Questa drammaturgia, i cui ideatori erano allora solo bambini o poco più, non era a Genova eppure riesce a cogliere di quell'evento la concretezza iper-reale attraverso un racconto surreale e in fondo profondamente metaforico (“liberarsi dei topi prima che arrivino gli ospiti”) che non guarda l'esterno di piazze infiammate ma l'interno (interiore) di un (non) luogo che quelle piazze circondano e infine riempiono di dolorosi boati. Dentro la prospettiva pluri-linguistica tipica della compagnia, tra parola, immagine e suono, la verità si fa, grazie anche alle prestazioni degli attori, concreta presenza in chi c'era e in chi non c'era, impedendo al dolore, alla denunzia e alla condanna (purtroppo lontana da ogni aula di Giustizia) di farsi retorica vuota, recuperando in questa prospettiva estetica una valenza politica, sociale e soprattutto etica oggi ancor più necessaria.
Regia e drammaturgia Usine Baug con Ermanno Pingitore, Stefano Rocco, Claudia Russo. Coproduzione Campo Teatrale con il patrocinio di Amnesty International Italia. Spettacolo vincitore del Premio Scenario Periferie 2021.
MAGGIO '43 / Davide Enia
Anche in questo lavoro è protagonista la Storia ma in una declinazione diversa, distillata nella parola che anima, nella narrazione scenica, la memoria ma non solo. Anzi la memoria diventa non tanto ricostruzione storica o documentaria ma lente di ingrandimento del presente nonchè straordinario telescopio per disegnare un futuro che ancora non sappiamo, ovvero non sappiamo se vogliamo (quel futuro che vediamo oggi). Frutto, ed è segno distintivo del teatro di Enia che sa affondare le radici della sua creazione nello sguardo documentario e a volte anche statistico sulla realtà, di un lavoro sui superstiti del terribile bombardamento di Palermo del 1943, un anno decisivo per l'Italia, in un maggio che anticipò di pochi mesi lo sbarco alleato e la liberazione dell'Isola. Lo spettacolo prende le mosse da quelle testimonianze e poi le combina e assembla in un unico racconto che disegna nella sua tragicità un contesto, uno scenario dunque, che sarà anticipazione della storia comune. Il narratore è la metafora di un individuo disperso negli eventi eppure inevitabilmente prigioniero di quegli stessi eventi, tra morte che cade dal cielo, fame, malattie e mercato nero, in una sorta di cupa depressione che si fa storica e politica. Custodito nelle forti e figurative tonalità del dialetto siciliano dalle forme letterarie, la storia nasce e cìrcuita nello sguardo di un bambino sulla propria famiglia alle prese con un mondo improvvisamente ostile cui cerca di opporsi con la forza del gesto quotidiano ma soprattutto con la forza del sentimento reciproco, che sola può cementare quella loro difesa. Le belle musiche in scena ci accompagnano, anche illuminandolo oltre la parola che dice, dentro questo passato che è, purtroppo, in certe sue forme anche il nostro oggi, cercando di farcelo meglio comprendere, così da potere immaginare, senza rinunciare ad alcun giudizio, un futuro diverso. Lo spettacolo data il 2004 ed è qui presentato nel suo nuovo allestimento.
Di e con Davide Enia, musiche in scena del maestro Giulio Barocchieri. Produzione Fondazione Sipario Toscana e Accademia Perduta/Romagna Teatri. Artista finalista del Premio Scenario 2001.
Dunque le giornate del 2 e del 3 settembre sono state impegnate con i corti teatrali selezionati per la fase finale del “Premio Scenario” e del “Premio Scenario Periferie”. Dodici spettacoli, tra mattino e pomeriggio, in due giornate che ancora una volta hanno dimostrato la qualità molto alta delle scelte dell'Associazione che, costituita come detto da molte compagnie del circuito che da tempo e anche con fatica si affianca con creatività nuove a quello dei Teatri Pubblici, ha sempre dimostrato una sensibilità 'speciale' verso le novità che man mano appaiono nel giovane teatro italiano, rischiando spesso, nonostante le promettenti progettualità, di scomparire. “Scenario” è anche un modo per provare ad evitare tutto ciò. Dopo una scelta in fondo non facile della giuria (Daniele Villa, presidente, Giulia Guerra, Fabiana Iacozzilli, Jacopo Maj, Cristina Valenti) ne sono emersi, tra premiati e segnalati, quattro che, anche economicamente sostenuti, sono andati, in nome della tradizione di accoglienza e crescita del Premio e del Festival, a “costituire la Generazione Scenario 2023”:
ANONIMASEQUESTRI / Leonardo Tomasi. “Premio Scenario 2023” (Sinnai, CA)
Innanzitutto il luogo 'straniante', che metateatralmente confonde l'oggetto della drammaturgia con il momento della sua rappresentazione. Giovani attori si presentano a un provino, con i loro sogni, la loro singolare soggettività, le loro aspettative, ma vengono immediatamente 'sequestrati' nei luoghi comuni, irrigiditi nella mentalità man mano ereditata dalla società, di una presunta sardità. Devono interpretare (essere) per forza 'banditi', iconica immagine di quella stessa sardità. Così nel paradosso ironico la loro insularità (che come tutte le maschere è vuota) si scompone in metafora universale di chi non si sente capito e accolto come individuo, come essenza in fondo unica, ma viene visto solo attraverso lo 'schema'. Uno spettacolo gradevole che nasconde in sottotraccia la tragedia di un esistere sospeso di una generazione che non crede al futuro perchè non crede alcuna 'verità' e che usa la risata come veicolo della propria inquietudine, ovvero in cui, come scrive la motivazione, “il comico si rivela per quello che dovrebbe essere: un tragico raffreddato”.
LUISA / Valentina Dal Mas. “Premio Scenario Periferie 2023” (Valdagno, VI)
Esistono periferie geografiche e periferie esistenziali in cui sono spesso abbandonate vite ricche di poesia e amore solo perché si esprimono in modo eterodosso, costrette magari da limiti fisici percepiti come amputazioni e che invece sono strumenti ed organi di una sensibilità spesso assente nei cosiddetti 'normali'. Uno spettacolo performativo che nella sua fatica, che diventa inaspettata leggerezza, racconta della relazione dentro e tra queste sensibilità, e tra loro e il mondo a volte sordo, a volte ignorante ma che qualche volta, attraverso l'arte soprattutto, può diventare accogliente. La Dal Mas è una performer con qualità destinate ad irrobustirsi e il suo racconto fisico e scenico è anche ricco di affettività. Così chiude la motivazione della giuria: “Una dolce e commovente rappresentazione della fragilità e della solitudine, di cui Luisa e Valentina si fanno preziose custodi”.
LA COSTANZA DELLA MIA VITA / Pietro Giannini. “Segnalazione Speciale” (Genova)
Anche questo, ma diverso, lo sguardo di un bambino sulla famiglia. A partire da qui, in fondo da un approccio più tradizionale tra autobiografia e teatro di narrazione, la drammaturgia parte per un viaggio inaspettato che ci porta dalla consuetudine attestata negli schematismi che ancora stringono in parte, nella percezione sociale, la famiglia, al suo futuro, alle forme nuove che in questo essenziale laboratorio vengono prodotte dai mutamenti psicologici ed esistenziali che ci attraversano, andando a costituirsi nei modi che man mano denominiano, da 'allargata' ad 'arcobaleno'. Di fronte a tutto ciò lo sguardo del bambino transita dallo stupore, all'angoscia e alla paura della solitudine. Lo spettacolo emerge da una scrittura già matura, intelligente e sotto molti aspetti originale e trova attraverso l'attore una spiccata dimensione scenica che innovativamente si scioglie alla fine nel tempo condiviso, tra palcoscenico e platea, di un timer/metronomo. Diplomato alla “Silvio D'Amico” il protagonista mostra buone qualità oltre l'accademia. Nella motivazione :”È così che l’esperienza del lutto diventa capacità di racconto”.
TRE VOCI / Tilia Auser. “Segnalazione Speciale” (Lucca)
Un filo che unisce tre donne, il filo di una sofferenza che passando dall'una all'altra si fa racconto della donna, del femminile che vuole esprimersi ma non può concludersi dentro una Società che non vuole capire perché non vuole e non sa mettere in discussione sé stessa. “Generazioni “ si direbbe, una dopo l'altra ma in fondo anche 'una' esistenza comune o meglio 'in comune', in una apparente fragilità che è la forza ultima della donna e di cui la maternità, ambita, negata, rifiutata, temuta, è il segno che scrive il tempo della vita. Da Sylvia Plath a noi tutte, passando per tante esperienze, ricordiamo Sarah Kane, un racconto tra musica (dal vivo) e parola, tra video e danza che ci riguarda e che con pochi elementi costruisce, attraversando la scena, il proprio spazio e il proprio tempo. Tre voci e tre anime che precipitano nell'unico corpo in scena quello della brava Sara Bertolucci che, come scrive la motivazione “incarna e canta con sensibilità e potenza tre voci di donna”.
Tra spettacoli, laboratori e mostre in giro per Bologna.
Foro Malì Erotico