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Una serata di beneficenza in aiuto ai poveri della Caritas, organizzata dall’efficientissima Patrizia. Senonché Patrizia si ammala e il devoto marito pianista Franchino (alias Alberto Becucci) propone all’amica Bruna di fare la madrina della serata. 

Torna così in scena la mitica Bruna (Teatro di Fiesole, largo Farulli, 1 fino al 14 gennaio 2024), il personaggio creato e impersonato da Alessandro Riccio che ha conquistato negli anni il pubblico por la sua autenticità. Sgarbata, diretta, popolana e raffinata al contempo, cantante del cabaret “Il Gioiello” dove dice di aver duettato con tutti i grandi della musica, corpulenta e imbolsita ma in paillettes da grande soirée, tra una battutaccia e un proverbio fiorentino conquista il cuore con la sua umanità travagliata. Niente perbenismo né gentilezza, ma la lingua dura di chi ha lottato con la vita e con se stesso
Tra una canzone anni Cinquanta e un duetto a fisarmonica, tra una gag e una barzellettaccia, emergono i racconti delle persone conosciute alla Caritas, dove dice di essere andata per documentarsi un po’ prima della serata. C’è il suonatore giramondo, c’è la straniera chiacchierona, c’è tanta solitudine.
Il flusso di coscienza si apre, emerge il ricordo di quella giovane donna di tanti anni fa che cantava al cabaret e che si innamorò dell’uomo bello e dannato. Lui la mise sulla strada, un giorno lei gli sparò e scontò più di vent’anni di carcere. 
I fili si riannodano, il timido Franchino si preoccupa, la Bruna dove dormirà quella notte? I racconti diventano realtà, quelle storie di vite altrui sono la sua storia e la sua vita che non le lascia tregua. In carcere ha conosciuto Franchino, guardia pura dal talento musicale, che ha apprezzato la Bruna e, finita la pena, ha fatto con lei molte serate in giro per la Toscana. C’è stato l’aiuto di qualcuno fuori dal carcere, come quello della Patrizia, che chiudeva a chiave la vetrinetta dell’argenteria per paura; c’è l’aiuto dell’amica, che non accettava lo spirito libero della Bruna e così litigarono; c’è Salvatore il camionista siciliano che ama la Bruna sul suo camion con lo spirito ispirato del poeta.
La Bruna va via col suo carrello, Franchino non la vuole lasciare sola, «perché ricordate – dice lei – che ogni volta in cui vedrete una così, ci potrebbe essere la Bruna».
Anche in questo terzo capitolo di quella che ormai è una saga, si ride e si piange insieme. La formula vincente è stata inaugurata anni fa con il primo spettacolo che ha abbozzato la figura riuscitissima di questo personaggio. Alla fine della pièce il pubblico scopre che i racconti sono la sua storia, il carcere, la canzone, la voglia di rinascita, l’umana vicinanza con Franchino. Nella seconda puntata, sempre tra una canzone e una gag, emergono altri dettagli della storia dolorosa della Bruna, mentre in questo terzo capitolo c’è un amaro presente con la sua durezza concreta. Ma la Bruna vuole essere guardata, come anela chiunque faccia spettacolo.
 Dal punto di vista drammaturgico, poiché il personaggio è svelato, il gioco si fa più fine, il pubblico comprende subito che il narrato, tra un assolo e l’altr,o non è storia inventata ma amaro tranche de vie personale. Questo rende il tono drammatico in continuo antagonismo con il comico, in un salto repentino da un registro all’altro che si rivela molto efficace.
L’abile scrittura di Riccio gioca anche sui livelli narrativi. In un mondo in cui i più fingono una scrittura più alta di quello che si rivela essere realmente, qui il gioco è rovesciato. La pièce finge tutto il tempo di essere un vaudeville senza pretese, gioca a citare il popolare e l’improvvisato, per poi spiazzare lo spettatore con assoli musicali curatissimi, passaggi testuali profondi, giochi comici raffinati. Lo stupore del pubblico è sempre l’ingrediente di maggior sapore, gli viene per ridere, si scopre a riflettere sulla vita e sulle disgrazie del prossimo, esce rappacificato per aver gustato emozioni di sapore tanto diverse e autentiche.
Riuscita scrittura, efficacissima realizzazione che ha trasformato un personaggio in una persona.