Pin It

“Ti dico una cosa segreta”, che è stato in scena alla sala Strehler del Teatro Biondo a Palermo, dal 28 febbraio al 10 marzo, è uno spettacolo importante, come importante è, nel suo insieme, il teatro che Rosario Palazzolo sta realizzando in questi anni.

Bisogna essere parchi nell’aggettivazione quando si scrive di teatro vivo e militante: parchi per dovere di critica e soprattutto perché è proprio nell’aggettivazione, nella sua autenticità, persino nella sua presenza o assenza, che passa la necessaria moralità di uno sguardo consapevole. Perché, per scrivere di questo spettacolo, occorre partire dallo sguardo di chi lo accoglie? Perché a questo sguardo, alle infinite umane possibilità di chi agisce questo sguardo, che si rivolge il drammaturgo/regista quando presenta il suo lavoro come l’avverarsi di una possibilità che ci riguarda: una possibilità assurda e concreta al tempo stesso, una dolorosissima possibilità dell’umano. Raccontiamo del sequel dello spettacolo “Se sono rose moriranno”: stessi personaggi e sostanzialmente stessa storia: una bambina, mentre gioca con Barbie e Ken (allegra, ciarliera, spensierata, innocente, tenerissima), incappa in un banale incidente domestico, tanto banale quanto devastante, la mamma è intenta a cucire e non si accorge in tempo di ciò che sta accadendo alla piccola. Nel lavoro dell’anno scorso una psicologa (Delia Caliò) aiuta quella madre (Simona Malato) a compiere il gesto tremendo, eppure “necessario”, di “staccare la spina” che tiene in vita la sua bambina (Chiara Peritore), nel lavoro di quest’anno è contemplata la condizione di folle e totale simbiosi di quella madre con la figlia scomparsa (col pensiero dominante della figlia scomparsa) nei dieci anni successivi. Condizione che Palazzolo disegna con un gesto semplice e però sorprendente, interessante e nient’affatto ingenuo: uno scivolamento delle attrici nei panni degli personaggi. In questo lavoro la madre è Delia Caliò, la figlia è Simona Malato, mentre Chiara Peritore incarna un fantasma che funge da detonatore atto a fare esplodere la simbiosi psicotica tra madre e figlia venutasi a creare dopo l’incidente e dopo, appunto, aver “staccato la spina”. Il dispiegarsi del resto della vicenda è giusto scoprirlo a teatro, laddove quanto abbiamo fin qui raccontato basta per sostanziare il giudizio assolutamente positivo su questo lavoro (e sulla colta lungimiranza del Biondo che lo ha prodotto). L’ensemble delle artiste in scena è solido, più che rodato e ottiene l’effetto che sembra voluto dalla regia: ovvero una visione, da altra prospettiva (seppure interna e partecipe) della stessa vicenda tragica. Ma probabilmente, anche questa volta, non è la vicenda in sé a rendere importante questo spettacolo: la qualità più importante del teatro Di Rosario Palazzolo è il suo lavoro sul linguaggio, la qualità del linguaggio/corpo attraverso cui si dispiega. Perché linguaggio/corpo? perché come è proprio nella assoluta singolarità del corpo che si può trovare la verità di una persona e del suo essere profondo, così è con l’assoluta singolarità del linguaggio che un’esperienza teatrale può darsi come esperienza di verità. “Muoio incontinuamente”, “mi sbomba la testa”, “i pensieri filanti”, “la fantasia diventa toccata”, “se mi impegno giganta, magari non muoio più” sono solo alcune delle numerosissime espressioni che costellano, colorano, impregnano di senso, il testo realizzato in scena e non tanto come semplici (caratteristici e caratterizzanti) “oggetti di scena”, e ci sono anche quelli, ma come esiti formali di una nuova, dolorante, sintassi che si è formalizzata interiormente a partire dal definitivo assestarsi della persona nella dimensione “altra”, umanissima e irreversibile della follia, che “...è quando l’immaginazione non ti riesce”. Ed è forse qui il nodo di questo spettacolo: la riflessione sulla accoglienza dell’immaginazione e della follia, come dimensioni dell’umano che possono essere ancora più lucide e capaci di leggere il mondo di quanto possa esserlo una razionalità che prima induce una madre a “staccare la spina” e poi le chiede di “farsene una ragione”, di “perdonarsi”: una truffa, “un grillo farlocchio... col cavo elettrico intorno al collo...”.

Ti dico una cosa segreta 
Teatro Biondo, Sala Sthreler, dal 28 febbraio al 10 marzo 2024. testo e regia di Rosario Palazzolo, scene e costumi di Mela Dell’Erba, musiche originali di Gianluca Misiti, light designer Gabriele Gugliara. Con Simona Malato, Delia Calò, Chiara Peritore. Aiuto regia Angelo Grasso, coordinatore dei servizi tecnici Giuseppe Baiamonte. Produzione Teatro Biondo Palermo.

Foto Rosellina Garbo