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Una sana e meditativa lentezza contraddistingue l’indole di Antonio Moresco, nato a Mantova nel 1947: esordisce con il primo libro a 45 anni e debutta come drammaturgo a 54, con un dramma intitolato La Santa, portato in scena da Renzo Martinelli

con l’interpretazione di Federica Fracassi. Ora, raggiunti quasi i 77 anni, lo scrittore – nel frattempo diventato uno dei maggiori della letteratura contemporanea italiana, assai apprezzato anche all’estero – realizza la sua prima regia teatrale, portando in scena un suo dramma, di nuovo incentrato sulla figura di una santa, con la complicità di quella che lui stesso definisce una «piccola banda elettiva»: l’attrice torinese Alessandra Dell’Atti – che già ha diretto e interpretato altri testi di Moresco, ultimo il Magnificat – e l’aiuto-regista Cristina Accardi, la creatrice di ombre Rita Deiola, Stefano Mazzanti e Guido Affini, maestri, rispettivamente, di luce e suono. 
Il buio è un’indagine sull’origine e la tenace pervasività del male e sul tentativo di espiarlo e superarlo compiuta rileggendo l’agiografia di Santa Rita da Cascia, la santa “dell’impossibile”, forse la più venerata e invocata d’Italia. Moresco immagina che la donna torni nel tempo presente e avvii un dialogo con una Voce – l’autore stesso, nascosto in regia, dietro gli spettatori – rivelandole infine la verità – tragica – sulla sua biografia. Rimasta vedova dopo l’assassinio del marito da parte della fazione politica rivale, Rita avrebbe pregato Dio affinché facesse morire i suoi due figli maschi – forse gemelli – evitando così che si macchiassero del sangue della pretesa vendetta per l’omicidio del padre. La verità che Margherita-Rita racconta è, se possibile, ancora più terribile: come se non bastasse che una madre preghi per la morte dei figli… Nella versione di Moresco – il cui immaginario poetico e simbolico trae da sempre nutrimento dall’universo del sacro, come testimonia il succitato La Santa, incentrato sulla figura di Santa Teresa di Lisieux – la santità non può che derivare dall’abisso più oscuro. Soltanto attraversando il buio più profondo, ovvero facendo esperienza dell’inumana mostruosità che la stessa divinità pare contenere in sé, è possibile ritrovare la luce, dare un senso – umano e non ferinamente meccanicistico – alla propria esistenza. Ecco, dunque, che Rita – compare in scena con il saio da monaca, la spina conficcata sulla fronte come da leggenda e un sacco di juta da cui poi estrarrà gli attrezzi necessari al macello – perde la propria aureolata inconsistenza per tramutarsi in una creatura di carne e sangue, cui la magistrale incarnazione di Alessandra Dell’Atti dona materica e sonora consistenza. Moresco sceglie esseri che la storia e/o l’agiografia hanno privato dell’umanità, con tutte le sue, anche urtanti, contraddizioni e fragilità: l’autore restituisce spazio al “buio”, a quella sofferenza acuta che può tradursi in violenza altrettanto feroce e apparentemente contro-natura, nella convinzione che il coraggio di guardare e riflettersi in quell’oscena oscurità sia l’unico viatico per giungere alla luce. Per lo scrittore-drammaturgo e ora regista mantovano è questa la vera santità, sul palcoscenico incarnata in una Rita che certo dispiacerà ai tanti devoti e che, nondimeno, riacquista una sua, per quanto “immaginata”, identità di donna. Personalità costruita attraverso le parole, i gesti, i segni ma ricorrendo anche al teatro di figure – il momento culminante dello spettacolo è una vera e propria battaglia di ombre, perturbante e spietata – e un uso drammaturgico tanto delle luci – prevale il buio certo ma un faro illumina a tratti metaforicamente la scena – quanto del suono. Il testo di Moresco conquista così una concreta densità e un’incontestabile evidenza, tanto da rendere forse superflui gli interventi un po’ didascalici della Voce: ciò che resta impressa negli spettatori, infatti, è proprio la concreta e banale presenza dell’orrore e la sua ineluttabile necessità per dirsi davvero “santi”.   

Testo e regia di Antonio Moresco. Creatrice e animatrice delle ombre Rita Deiola. Progetto luci di Stefano Mazzanti. Progetto sonoro di Guido Affini. Con Alessandra Dell’Atti. Prod.: Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale.
Visto al Teatro delle Moline di Bologna, il 10 marzo 2024

Foto di Margherita Caprilli