Chi sia Charles Darwin non è un mistero. Ma molto più sconosciuta è la sua figura umana, con le sue personalissime fragilità e private incertezze. Il suo ritratto ma anche la portata della sua teoria scientifica sono affidati alla scrittura di Massimo
Polidoro, giornalista scientifico noto per la sua capacità comunicativa, e di Telmo Pievani, docente universitario di chiara fama (Teatro Menotti, via Ciro Menotti 11 a Milano, fino al 27 marzo 2024).
Nasce un delizioso monologo, interpretato dallo stesso Polidoro, che risale fino alla giovinezza di Darwin e al rapporto conflittuale col padre, poi il viaggio sul Beagle che cambiò la sua e la nostra vita e la lenta ma inesorabile affermazione.
Vanno in scena le parole di Polidoro ma anche di Darwin stesso, tratte dai suoi scritti, anche se una sorta di filo conduttore pare essere lo sguardo scettico di Robert FitzRoy, comandante del brigantino a bordo del quale Darwin viaggiò per il mondo, che annotò parole sprezzanti per questo giovanissimo studioso dalle teorie eccentriche.
Un’ora e mezza che scorre via filata, tra dettagli biografici inattesi e riflessioni scientifiche. Emerge un quadro umano interessantissimo, lo scienziato mostro sacro dell’evoluzionismo si mostra come un giovane fragile e sfuggente, alla ricerca di un senso da dare alla propria vita. Poi le osservazioni naturalistiche acute, l’opposizione del mondo scientifico e religioso benpensante, vent’anni per elaborare il suo capolavoro, “L’origine delle specie”, così rivoluzionario e ricco di prove concrete della sua teoria.
L’occasione è ghiotta anche per un bell’approfondimento su cosa sia davvero questa teoria scientifica tanto nota quanto poco conosciuta per davvero, e le parole di Piero Angela sono il validissimo aiuto in tutto ciò – data anche la grande amicizia che ha legato Polidoro al giornalista scomparso.
Resta da interrogarsi su cosa ci faccia in un teatro tutto ciò. E la risposta non è affatto ovvia. A dire il vero il teatro dell’ultimo ventennio ha riservato momenti di grande interesse proprio nelle sue aree di confine con altri saperi o linguaggi. Così si è arricchito di linguaggi tecnologici derivati dal cinema, ha acquisito rinnovata capacità narrativa in chiave storica e biografica dal romanzo, si è contaminato con il balletto, la performance, la giocoleria.
Qui si assiste a una ulteriore contaminazione, in cui il linguaggio del giornalismo della divulgazione sale sul palco e narra, tra oggetti simbolici, immagini multimediali, suggestioni. La parola è la vera protagonista, come lo è stata da sempre nel teatro occidentale. Si attiva la comprensione intellettuale di aspetti scientifici, ma anche il coinvolgimento emotivo nella storia di un uomo che prima di essere un simbolo della modernità, si è dibattuto nelle incertezze dell’esistenza comuni a tutti noi.
Esperimento riuscito.
Foto Roberta Baria