La rappresentazione egemone della Storia e della Società, e quindi anche quella della Cultura e dell'Arte, nell'Era del Patriarcato che ha oscurato, in nome di una sua molto presunta inferiorità, un principio 'femminile' molto più antico, vitale e
'necessario' (a uomini e donne indifferentemente), è per così dire 'messa a fuoco' sulle figure maschili, mentre quelle femminili in genere, e salvo qualche rarissimo caso, fanno da sfondo un po' sfocato, quasi ad essere talvolta cocchiero 'supporto' (o 'surrogato') al potere maschile.
Un potere che, tra l'altro, non è tanto del maschio come una delle due forme binarie, nelle loro innumerevoli 'variazioni', insieme alla femmina che assume il 'genere' dell'Umanità, quanto del Patriarcato come forma di organizzazione mentale e sociale che alla fine imprigiona sia l'uno che l'altra.
Questa bella drammaturgia, qui significativamente rappresentata molto teatralmente ma in un efficace “fuori teatro”, ribalta quell'egemone punto di vista mettendo in primo piano, e dunque 'a fuoco' nel suo e nel nostro sguardo, in un fitto e continuo dialogo con il maschile cui si contrappongono, tre figure femminili, Artemisia, Caterina e Ipazia appunto, con tutte le altre (“non una di meno”) insieme a loro, che nel corso della storia hanno rappresentato una concreta 'alternativa' a quel potere maschile, subendone peraltro, e quasi sempre purtroppo anche oggi, le conseguenze anche tragiche.
Ipazia, matematica e astronoma alessandrina di fine impero romano 'linciata' da cristiani fanatici soprattutto per la sua ostinata difesa del pensiero custodito nella famosa biblioteca, Caterina d'Alessandria che seppe forzare la prigionia sociale trasfigurandola in un mistico 'sponsale' fino al martirio doloroso, Artemisia Gentileschi, grande pittrice del '600. sfruttata e oscurata nella sua stessa famiglia, stuprata ma ribelle, capace nonostante tutto di lasciare un segno nella storia dell'arte; queste le tre donne in 'primo piano', ciascuna per un elemento esistenziale e anche estetico singolare e insieme universale.
È quest'ultima Artemesia che offre latamente la suggestione e dunque l'occasione che ha prodotto la drammaturgia, nella suggestione visiva (che la scena di nuovo ci offre) di quelle e di molte altre raffigurazioni pittoriche che nella sua carriera ha prodotto, avendo appunto come ispirazione donne che potessero fondersi e sovrapporsi alla sua singolare condizione umana.
Tra l'altro questa rappresentazione, in forma ridotta per la sua ambientazione nella “Sala del Minor Consiglio” del Palazzo Ducale di Genova, a replica della versione 'da palcoscenico', è accaduta in occasione proprio della chiusura della Mostra dedicata alla 'pittora' in quello stesso Palazzo Ducale.
Una metaforica immagine di quella che oggi viene chiamata 'sorellanza', che supera il tempo della storia ma anche le difficoltà delle donne a pienamente esercitarla, anche nei tempi correnti, quella sorellanza a fronte della ancora robusta 'complicità' maschile.
Ma la rappresentazione non si limita a questo e, ad affondare il suo discorso nella ferita del patriarcato stesso, porta contemporaneamente il 'maschio' sullo sfondo, mostrando nella prospettiva del famoso dipinto “La Scuola di Atene” di Raffaello quello stesso maschio come un supporto scenico, ballerina di fila che cerca di accreditarsi, in un comico ribaltarsi della storia nella sua ironia, più per le sue forme fisiche che per altro.
“Varietà” di provincia di cui ciascuno dei presupposti geni (anche in senso genetico) della metafisica sono smascherati subendo il loro stesso, patriarcale, sguardo sulle donne.
Laura Curino, che ha scritto il testo insieme a Patrizia Monaco, è tutto questo anche in scena con grande qualità narrativa e recitativa, nel contesto della regia attenta di Consuelo Barilari dalla cui ideazione lo spettacolo si genera.
Nella sala del “Minor Consiglio” di Palazzo Ducale a Genova, lunedi 25 marzo, con ampia partecipazione di pubblico e buon apprezzamento.
ARTEMISIA, CATERINA, IPAZIA E LE ALTRE, con Laura Curino, Progetto e regia Consuelo Barilari. Testo a cura di Laura Curino e Patrizia Monaco, dal laboratorio di scrittura collettiva Raggi X. Allestimento scenico Federico Valente. Costume Francesca Parodi. Videografica Sara Monteverde. Video proiezioni Gianluca De Pasquale. Direttore tecnico Fabio Parodi. Schegge di Mediterraneo, Festival dell’Eccellenza al Femminile.
Foto Guglielmo Verrienti Ag. Cubo