Torna prepotentemente sulle scene italiane, e non solo napoletane, il genio drammaturgico di Annibale Ruccello, in particolare ritorna in scena uno dei suoi testi più famosi, LE CINQUE ROSE DI JENNIFER, in questa stagione ricordato dalla regia di
Gabriele Russo, presso il Teatro Bellini di Napoli, e presso lo storico Teatro Sannazaro di Napoli dall’8 al 17 marzo, per la regia di Geppy Gleijeses. La storia di Jennifer rappresenta un vero e proprio saggio su alcuni aspetti della poetica ruccelliana, poiché riporta in scena alcuni degli elementi cardine della sua drammaturgia, inscindibile e inseparabile dal contesto socio-culturale degli anni Ottanta, nell’Italia meridionale. Napoli e la sua periferia diventano un microcosmo, fortemente caratterizzato dalla lingua e dalla figura ancestrale del femminiello, che si erge a contenitore di una certa universalità, delineando l’evoluzione e l’involuzione di un’omologazione culturale che ha sradicato ogni radice e ogni valore antico. Lo sradicamento, inteso alla maniera moscatiana, è una lacerazione profonda che ha segnato la cultura meridionale e che i drammaturghi post eduardiani hanno compreso fino in fondo. Ruccello si avvicina, oggi, inevitabilmente alla “condanna” di classico della drammaturgia: la morte prematura lo consacra ulteriormente e lo colloca tra gli scaffali di quelle librerie che da anni non vedono nuove ristampe o pubblicazioni dei testi firmati dall’autore stabiese. La volontà, da parte di numerosi registi ed attori, di recuperare e di modificare alcuni aspetti dei testi di Ruccello, dimostra in quale posizione sia collocato oggi il drammaturgo, ossia a metà tra l’avanguardia, l’attualità e la riconosciuta fama dei suoi testi che possono, oggi, subire adattamenti e aggiornamenti come se fossero dei veri e propri classici della drammaturgia. Attuare delle modifiche nei confronti di testi relativamente recenti comporta una sfida ed un rischio che si può correre solo se si conosce profondamente la poetica ruccelliana e la natura complessa dei suoi personaggi.
Nella versione “Gleijeses”, padre e figlio ritornano in scena interpretando rispettivamente Jennifer e Anna, la vicina di casa, personaggio ambiguo che completa l’analisi della protagonista e ne fa emergere ulteriori sfaccettature. La nota vicenda del travestito Jennifer che vive in un quartiere di nuova costruzione, in cui è stata attivata la rete telefonica che crea collegamenti tra appartamenti ed errori nelle telefonate, si colora di sfumature thriller, tanto care a Ruccello, quando la radio annuncia la presenza di un maniaco omicida che uccide i travestiti del quartiere. Ruccello descrive le famose ambientazioni serrate, gli ambienti angusti, gli appartamenti che sbirciano all’esterno attraverso gli spioncini delle porte, le finestre socchiuse, le persiane. La regia ci presenta stavolta uno sfondamento sul retro dell’appartamento, spogliando la scena dalle quinte e dai fondali, rendendo nude le pareti di fondo del palcoscenico dello storico Teatro Sannazaro su cui si proietta l’immagine delle Vele di Scampia, quartiere periferico edificato ai margini della città di Napoli e completato nel 1975. Anche la presenza di un balconcino angusto che si affaccia sulle strade del quartiere è una scelta registica lontana da quella del drammaturgo. Ruccello, inoltre, non fa riferimento ad una specifica collocazione geografica, regionale o di quartiere, facendo emergere la provenienza dei personaggi solo attraverso la lingua. In altri testi, invece, come in “Weekend” o in “Ferdinando”, le protagoniste citano degli specifici riferimenti geografici, indicando il paese di origine o il luogo in cui si trovano. L’ambiente serrato viene comunque rispettato, così come l’imprescindibile presenza di due oggetti di scena, in realtà due personaggi veri e propri, che sono appunto la radio e il telefono. Jennifer attende il ritorno di un uomo, Franco, un suo amante-cliente genovese che le aveva promesso di ritornare e di sposarla; l’attesa sembra essersi protratta a lungo, poiché stavolta l’attore che interpreta la protagonista, cioè Geppi Gleijeses, caratterizza il personaggio principale attraverso un’età più avanzata e una certa ostentata mascolinità che, in realtà, Ruccello alterna o fa trapelare attraverso particolari sfumature, ma non accentua mai palesemente. Questa specifica scelta spinge il pubblico verso una risata costante, annullando di fatto, o smorzando notevolmente, quell’aura drammatica di cui Ruccello aveva intriso costantemente l’intero racconto. Jennifer è comica, è vero, ma nell’evoluzione della storia la sua ridicola e anche ingenua caratterizzazione viene via via smorzata attraverso una vena drammatica: ha paura della solitudine, ricerca l’amore, vorrebbe essere donna e non lo sarà mai. Il pubblico prova compassione per Jennifer, comincia a comprendere la sua fragilità, ma in questa versione la regia sceglie di spingere al massimo l’atteggiamento caricaturale della protagonista per poi tagliarlo nettamente con l’arrivo di Anna, la vicina di casa e di quartiere. Quest’ultima è interpretata dal più giovane Lorenzo Gleijeses che riesce a caricare di drammaticità, seppur con sfumature di ironia, il racconto. La tensione è sottolineata anche attraverso l’intensità dell’interpretazione e la corporatura asciutta e tesa dell’attore, mascolina ma dai lineamenti femminei, che si adatta perfettamente alla volontà drammaturgica e alla descrizione del personaggio, folle e allo stesso tempo fragile a causa della solitudine. La gatta Rosina assassinata – in questa versione dalla stessa Anna-, il buio, il maniaco omicida: tutto questo confluisce nel turbinio della notte, rende terribile la presenza di Anna, tenera e drammatica insieme, e viene smorzata ancora una volta dall’indole ridanciana della Jennifer di Gleijeses padre.
La scena è ricca di oggetti, di abiti, di arredamenti, così come aveva descritto Ruccello; la porta dell’appartamento si affaccia su una scala di metallo, luogo di accesso e di ingresso. Questo ci fa comprendere come la piccola casa sia collocata in un sottoscala, in un luogo buio, a metà tra il basso napoletano, collocato nei quartieri storici, e una tipica casa-loculo dei palazzoni delle periferie.
Il finale è a sorpresa e la regia sceglie di dare una conclusione ben precisa: Ruccello non decide, ma lascia liberi spettatori e, oggi, anche i registi, di scegliere se mostrare o meno la fine di Jennifer. Gleijeses sceglie un finale articolato e ben definito che non lascia nessun mistero e nessun dubbio nella mente dello spettatore. Ma ovviamente non lo sveleremo!
LE CINQUE ROSE DI JENNIFER
Teatro Sannazaro Napoli
8-17 marzo 2024
di Annibale Ruccello
Con Geppy Gleijeses e Lorenzo Gleijeses
Regia Geppy Gleijeses
Voce della radio Nunzia Schiano
Voce di Sonia Gino Curcione
Voce di Annunziata Mimmo Mignemi
Voce del giornale radio Myriam Lattanzio
Scene Paolo Calafiore
Costumi Ludovica Pagano Leonetti
Light designer Luigi Ascione
Colonna sonora a cura di Matteo D’amico
Aiuto regia Roberta Lucca
Trucchi Cris Baron
Parrucche Francesco Pogoretti
Produzione Gitiesse Artisti Riuniti