A passi lenti e misurati, come due mimi della commedia dell’arte, due giovani innamorati lottano contro il tempo, contro il limite imposto dalla morte, sospesi su un doppio confine, quello naturale del corpo e quello sociale con le leggi, le convenzioni
che impediscono di lasciar andare chi è sospeso fra vita e morte. Il tema dell’eutanasia e dell’accanimento terapeutico, trattato con delicatezza nella regia e nella drammaturgia di Cesar Brie, impone delle riflessioni molto attuali. La regia essenziale e poetica di César Brie, offre uno sguardo sognante e lucido al tempo stesso. Il testo ora ironico ora profondo, prova a rappresentare, le sfaccettature dell’animo umano di fronte ad una situazione dolorosa. Tuttavia la drammaturgia in alcuni momenti risulta poco incisiva rispetto alla forza del mito ma questo è un problema che si presenta ogni qualvolta si sceglie di riscrivere il mito in chiave contemporanea. Il viaggio, di Orfeo non è più attraverso l’inferno come luogo fisico per condurne via l’innamorata, ma diventa un viaggio esistenziale e sociale per lasciar andare l’amata e lottare contro le istituzioni, le normative. L’inferno, quindi, è duplice ma l’Orfeo del testo teatrale è mancante, poiché non ha il dono del canto e della poesia e il risveglio dell’amata è parziale, Euridice è l’ombra di sé stessa sin dall’inizio, perché tenuta in vita con le terapie. Lasciarla andare significa ucciderla? La domanda resta aperta. Lo spettacolo è realizzato in collaborazione con la compagnia “Eco di fondo”, che da anni conduce un lavoro di ricerca teatrale sui temi etici e sociali. Molto intensi convincenti gli interpreti, Giacomo Ferraù e Giulia Viana. Due ragazzi si incontrano, si amano, vivono insieme. Poi un evento traumatico piomba sul loro sogno d’amore, la donna resta gravemente ferita in un incidente stradale: l’intervento tempestivo dei medici la strappa dalla morte, senza riuscire però a riportarla alla vita, condannandola quindi ad una dimensione sospesa. “Lasciami andare” è il canto accorato della donna al compagno, il quale è in una condizione di impotenza bloccato dalla legge. Su questa vicenda si innesta il mito di Orfeo e Euridice, rievocato in modo unilaterale, manca la riflessione sul potere della poesia e della musica, sul senso di eternità, perché l’intento è quello di riflettere su due aspetti in particolare, il corpo biologico da strappare alla morte e la scelta etica di lasciar andare, oltre la morale cattolica. Lo spettacolo pone interrogativi, mette in luce punti di vista differenti e non ha la pretesa di trovare soluzioni ma stimola ulteriori riflessioni: perché Orfeo si volta indietro per guardare Euridice? Egli può ottenere di riportarla nel mondo dei vivi a condizione di non vedere il suo volto. Si chiede a Orfeo di non guardare Euridice, si chiede all’amante di non guardare l’amata, di amare senza conoscere e riconoscere. Una richiesta impossibile da fare a un innamorato. L’amore è conoscenza. Orfeo per salvare Euridice, avrebbe dovuto, non amarla più, avrebbe dovuto amare senza conoscenza e riconoscimento. Gli amanti sanno che ciò è impossibile. Il “diritto a morire dignitosamente” è anche un atto d’amore.
Elfo Puccini, Milano, 20 giugno 2024.
ORFEO ED EURIDICE
testo e regia di César Brie
costumi Anna Cavaliere
musiche Pietro Traldi
disegno luci Sergio Taddo Taddei
con Giacomo Ferraù e Giulia Viana
produzione Eco di fondo/Teatro Presente
Selezione Inbox 2014 - Finalista Premio Cassino Off 2016
Foto da elfo.org