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Nella Rimini Felliniana si svolge questo bel festival, giunto alla sua XXII Edizione, che come suggerisce anche il suo titolo è un po' una voce fuori dal coro consueto. Una alterità confermata anche dalla dedica di questo 2024, appunto, “Gli Altri”.

I Direttori Artistici Maurizio Argan e Alessandro Carli, infatti, puntano da sempre istituzionalmente a individuare esperienze artistiche che privilegiano la coerenza estetica al cosiddetto 'successo' e per questo spesso rimangono oltre-misura nell'ombra. Alcune di queste negli anni passati, proprio grazie a Rimini, hanno trovato o ri-trovato la via. 
Perchè, scrivono nella presentazione unendo quasi passato e presente di ciascuno, “gli altri sono tutti coloro che vogliono far sentire la propria voce ma che spesso non riescono, non possono, non hanno uno spazio per poterlo fare. Gli altri sono una necessità. Gli altri siamo noi”.
Così anche quest'anno dal 24 al 30 settembre 15 spettacoli, scelti tra oltre ottanta proposte, hanno potuto far sentire la voce della propria anima ai molti. Ma per di più ad ogni tramonto, prima dello spettacolo serale, i bravi Teresio Massimo Trol e Loredana Scianna hanno modulato la voce per eccellenza dell'anima, la poesia intendo, leggendo, anzi interpretando al meglio poesie note e meno note, senza citare gli autori, perchè anche i poeti, noti e ignoti, in fondo sono anche loro 'altri' tutti uguali.
Mi soffermo qui su una drammaturgia assai particolare, per genesi e finalità, da me vista (e anche ri-vista) venerdì 27 settembre.

LA STANZA DI AGNESE  (Foto Dino Morri) 
Talora nel frastuono stereofonico delle celebrazioni, tra bassa politica e orizzonte di ideali, si stinge la figura del o della protagonista, la cui 'umanità' impallidisce e sfiorisce venendo man mano messa sullo sfondo, quasi a non dover disturbare, proprio con quella sua stessa 'umanità', la retorica del manovratore-normalizzatore. 
Ancor più in situazioni tragiche che nascondono, dietro il frastuono delle esplosioni, complicità o  quanto meno un non detto istituzionale che, secondo molti, odora, o meglio puzza se non di tradimento quanto meno di collusione o colpevole svalutazione. 
Innanzitutto nascondere e dimenticare l'uomo (o la donna) nella sua irriducibile umanità, questo sembra l'obiettivo, dimenticarlo nella sua diversità e coerenza che ancora così fortemente stride e confligge con ogni “status quo”. 
È il caso, e caso assai emblamatico, della vicenda del Giudice Paolo Borsellino, e di quella parallela del Giudice Giovanni Falcone, uccisi dalla Mafia Siciliana tra la Primavera e l'Estate di un lontano 1992. 
Ma c'è ancora un luogo, almeno continuiamo a crederlo, in cui quelle nefaste gerarchie possono ancora essere ribaltate ed in cui sarà quella umanità a tornare in primo piano per rettificare giudizi distorti ed illuminare occhi intorpiditi. 
Questo luogo è l'arte ed il teatro in particolare, capace di elaborare criticamente e giudicare in maniera condivisa ciò che sta dentro e fuori le 'cose'.
Questi sono, io credo, la lodevole intenzione e il giusto senso che possiamo attribuire alla doppia operazione artistica che riguarda appunto la vicenda del giudice Paolo Borsellino, a partire dal romanzo di Agnese Piraino Leto Borsellino, moglie prima e poi purtroppo sua vedova, insieme a Salvo Palazzolo dal titolo icastico “Ti racconterò tutte le storie che potrò”, per arrivare a questa drammaturgia di Osvaldo Capraro prodotta dalla Compagnia “Meridiani Perduti”, che a quel libro è ispirata.
L'intimità di un uomo pubblico è la protagonista, una umanità che non interferisce o smentisce l'uomo di legge ma al contrario lo alimenta in continuazione, arricchendolo di valori antichi e nuove scoperte.
Ma non solo, una intimità condivisa e familiare che diventa luogo in cui percepire, senza poterlo fino in fondo elaborare, il tradimento di parte delle istituzioni che dovrebbero essere dalla tua parte e che invece di tutelarti ti espongono pericolosamente.
In fondo un uomo che anche dopo trent'anni, con queste scritture e soprattutto con questa drammaturgia che diventa un grido ed un richiamo per tutti, rifiuta di farsi 'martire' o 'capro espiatorio' ad uso e consumo di una politica che tarda a fare fino in fondo i conti con sé stessa, soprattutto ma non solo nelle terre di Mafia.
Un monologo commovente ma mai vinto che affronta con successo il palcoscenico grazie ad una adeguata drammaturgia, ad una messa in scena fatta di niente se non di luci e di presenze, e ad una recitazione convinta e convincente della brava Sara Bevilacqua.
Il “Festival” ospitandolo commendevolmente ha  votato all'evento una intera giornata, con doppia programmazione (una per le scuole e una per gli altri appunto) e con un intenso incontro, patrocinato anche dalla Assemblea legislativa della Regione Emilia Romagna, con la partecipazione della figlia del giudice Fiammetta Borsellino.
Infatti, dopo la replica per le scuole, Fiammetta Borsellino, in un dibattito coordinato dal critico teatrale Michele Pascarella, ha incontrato gli studenti e ha parlato loro dopo l'intervento della Vice Sindaca di Rimini Chiara Bellini e dell'Assessore comunale alla Legalità Francesco Bragagni, non tanto delle infiltrazioni sempre pericolose della Criminalità Organizzata in tutta Italia, ma soprattutto dell'insegnamento del padre che invitava i figli, che pure respiravano aria di morte, ad “essere liberi di innamorarsi della vita”.
Ma anche della ferita che rimane in tutti quando lo Stato commemora e santifica ma non fa niente per avere 'verità' che è anche giustizia.
Il teatro è politico, lo sappiamo, il teatro è elaborazione collettiva, il teatro è giudizio fino a farsi processo pubblico, e l'evento è stato un esempio di ottimo teatro, a merito ulteriore dei due direttori ospitanti.
Un bel testo ed una bella messa in scena, di cui si può sottolineare, senza tema di smentite, l'indubbia 'utilità'. Al Teatro degli Atti di Rimini. Molto partecipato e a lungo applaudito.
LA STANZA DI AGNESE di e con Sara Bevilacqua drammaturgia: Osvaldo Capraro luci: Paolo Mongelli/Marco Oliani videomaking: Mimmo Greco Premio Eolo Awards 2024 come migliore protagonista. Lo spettacolo ispirato al libro è stato commissionato a “Meridiani Perduti” dalla Associazione “Caponnetto” (Antonino Caponnetto fu come noto a capo del Pool Antimafia della Procura di Palermo) e fa parte di una triade di drammaturgie di “Teatro civile”.

Foto in apertura Ilari