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Una famiglia come tante che, dietro l’apparente equilibrio, nasconde non pochi segreti e disarmonie. È questa la sintesi della tragicommedia del drammaturgo australiano Andrew Bovell – autore di quel When the Rain Stops Falling che per alcune

stagioni ha mietuto incontrastato successo nei teatri italiani. Come in quel play, Bovell testimonia non soltanto di prediligere strutture circolari ma, soprattutto, di possedere mano salda nell’orchestrare dialoghi e monologhi, colpi di scena e accessi di pathos, costruendo un testo formalmente ineccepibile, conforme a tutte le regole di scrittura drammaturgica.
E, certo, anche la scelta di trama e personaggi risulta da manuale: ci sono il padre Bob – Valerio Binasco – prematuramente in pensione e che, invecchiato suo malgrado, trascorre le giornate a curare il proprio lussureggiante giardino che, nella pregnante scenografia di Nicolas Bovey, colonizza anche gli spazi interni della casa; e la madre Fran – Giuliana De Sio – infermiera tanto nell’ospedale in cui lavora quanto a casa, dove si affanna costantemente per mantenere quell’equilibrio faticosamente composto in più di trent’anni di matrimonio. E poi ci sono i figli, ciascuno, un po’ inverosimilmente in realtà, con una qualche problematica-sterotipo: Pip – Stefania Medri – madre di due bambine e moglie disamorata del proprio invidiabile marito che decide di accettare una proposta di lavoro in Canada per inseguire anche una nuova illusione d’amore; il sensibile ed emaciato Mark – Giovanni Drago – che, alla fine del dramma, sarà Mia; il “rampante” Ben – Fabrizio Colella – che, per essere all’altezza delle sue ricche amicizie, si macchia di una truffa finanziaria; e, infine, la più piccola, Rosie – Giordana Faggiano – che, tornata con il cuore spezzato da un viaggio in Europa, è alla ricerca della propria strada, forse un corso di scrittura creativa, e,  intanto, osserva con attonita apprensione la lenta disgregazione della propria famiglia.   
Fin da questa sintesi della dramatis personae è facile cogliere la natura paradigmatica dei personaggi, modelli esemplari di problematiche e casistiche umane contemporanee, così come corrispondente ormai a un certo standard narrativo è lo svolgersi della trama. Non si tratta di mettere in discussione la costruzione tutt’altro che trasandata dei personaggi e quella, precisissima, della trama, bensì ci preme rilevare quanto quelle stesse figure e quello stesso contenuto rispondano a un modello oramai assai diffuso e che dal teatro – su famiglie disfunzionali sono edificate la maggior parte delle tragedie greche – ha contagiato la narrativa e, soprattutto, la scrittura seriale, da cui quel paradigma è ritornato oggi sulle scene. Non è un caso, dunque, che il pubblico mostri coinvolgimento e apprezzamento – in questo caso grazie anche alla prova impeccabile di tutto il cast e alla regia dello stesso Binasco, che sa combinare sobrietà e solida compattezza – e accolga con lunghi applausi gli interpreti alla fine della replica cui abbiamo assistito. La domanda che ci poniamo, però, è se davvero ci sia bisogno dell’ennesimo – per quanto di altissima qualità professionale e di sincera adesione – ritratto di famiglia disfunzionale, così simile ai tanti tracciati da altri medium artistici, o se, invece, il teatro possa offrire agli spettatori un’alternativa a ciò a cui già sono abituati… 

Testo di Andrew Bovell. Traduzione di Micol Jalla. Regia di Valerio Binasco. Scene e luci di Nicolas Bovey. Costumi di Alessio Rosati. Suono di Filippo Conti. Con Giuliana De Sio, Valerio Binasco, Fabrizio Costella, Giovanni Drago, Giordana Faggiano, Stefania Medri. Prod.: Teatro Stabile Torino – Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale.

Visto al Teatro Carignano di Torino il 13 ottobre 2024

Foto di Virginia Mingolla