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Donne sfruttate sul lavoro e donne private del lavoro, le donne e il lavoro dunque, rapporto complesso che costituisce un luogo centrale della già complessa questione femminile in Italia e nel mondo, quasi una sorta di suo interfaccia con il

Patriarcato nella sua espressione economica e capitalistica.
“Una storia al contrario”, che Elena Arvigo, sempre molto attenta al Femminile in ogni sua espressione e anche in ogni suo 'dolore', trae dal libro omonimo, intensamente ma anche traslatamente autobiografico, di Francesca De Sanctis, è così giustamente approdata in quel luogo di denunzia ma soprattutto di elaborazione che è il Festival dell'Eccellenza al Femminile da vent'anni guidato da Consuelo Barilari.
Una storia al contrario perché mostra il ribaltamento che l'evoluzione sociale ed economica del capitalismo ha prodotto, devastandole se vogliamo, sulle nuove generazione, costrette ad una precarietà lavorativa che ha talvolta i tratti, nel volto concreto di tanti “working poor”, della quasi schiavitù.
Una evoluzione che, come molte, ha avuto effetti ancora più nefasti sulla condizione femminile, da sempre segnata da precarietà e sfruttamento.
Cosi la nostra protagonista, come ai tempi dei “baby boomers”, dopo un bel percorso universitario conquista un posto stabile quale giornalista della mitica “Unità” (quella di una volta intendo) per poi ritrovarsi tra una cessione e un fallimento a lavorare a cinquant'anni precariamente come free lance senza garanzie, pagata (spesso assai poco) a riga o a articolo prodotto e in concorrenza con tanta “gioventù”.
Ma, “al contrario”, non vuole essere solo l'evidenza di quel ribaltamento che ha creato un mondo che a molti è stato fatto sembrare consueto, inevitabile e fin 'naturale', ma bensì è anche un grido di ribellione che invita a viaggiare oggi all'incontrario, riecheggiando anche, se vogliamo, la “direzione ostinata e contraria” di De Andrè o l'essere pervicacemente “dalla parte del torto” di tanta sinistra di un tempo.
La Arvigo nella sua riduzione e soprattutto nella sua regia entra nella questione da quella che potrebbe sembrare una porta di servizio, non essendola, quella cioè del sentimento esistenziale che, tra speranza (tanta) e disperazione, attraversa la protagonista alle prese con il progressivo sequestro delle proprie aspettative e dei diritti che credeva intoccabili, ma anche con il desiderio di riscattare tutto ciò se non altro attraverso la cultura e l'arte.
Costruisce così una storia personale sullo sfondo della storia collettiva (che scorre nelle belle immagini “di repertorio”), o, per meglio dire, ri-costruisce quella storia collettiva attraverso le tracce e le impronte che ha lasciato su una storia personale, forse come tante, ma nonostante ciò ovvero proprio per questo, ancor più significativa e metaforica.
Per questo la scena è praticamente vuota, salvo i segni di una casa ufficio che sembra non avere limes che dividano le due dimensioni, perché la protagonista è Umanità che si fa soggetto con una propria singolare storia.
Ancor più brava è la Arvigo attrice che non si sovrappone al testo ma lo trasfigura scenicamente dando ad esso un corpo e una voce che non lo 'usa' o lo tradisce, così da risultare a volte, come nei momenti di performance fisica ad esempio, anche più efficace del racconto stesso.
Così ne risalta la sua efficacia rispetto allo stesso incontro con il pubblico che ha preceduto lo spettacolo e che ha visto protagonista la giornalista autrice Francesca De Sanctis e Sergio Cofferrati, uomo che di “mondo del lavoro” non è notoriamente digiuno.
È apparso così ben evidente come Francesca De Santis abbia saputo fare, con coraggio anche personale, della sua storia un atto di accusa (“bisogna  parlarne di più” ha più volte ripetuto) ed un invito a contrastare una condizione ancora da troppi accettata con rassegnazione, e, dall'altra, come Elena Arvigo, ne abbia raccolto il testimone  per traslare quella storia in un momento di riflessione collettiva, quale è il teatro, così che, condividendolo, la comunità ne possa prendere la giusta coscienza.
Nonostante qualche intoppo tecnico, lo spettacolo è risultato assai efficace e, di fronte ad una “Sala Mercato” del Teatro Nazionale di Genova, non pienissima ma importante, ha avuto un significativo riscontro di applausi.
Nell'ambito del “Festival dell'Eccellenza al Femminile” a Genova Sampierdarena giovedì 24 ottobre, dedicato alla Palestina nelle intenzioni di Elena Arvigo.
Una storia al contrario un progetto di e con Elena Arvigo (dall’omonimo libro di Francesca De Sanctis – Giulio Perrone editore, 2020), regia Elena Arvigo, regista collaboratore Ciro Masella; aiuto regia Monica Santoro, luci Laura De Bernardis, audio Brando Nencini

Foto Manuela Giusto