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Arnie sovradimensione e vagamente kieferiane costruiscono la scenografia del nuovo spettacolo scritto e diretto da Emanuele Aldrovandi. Una sorta di lungo flash-back, una rievocazione dai contorni inevitabilmente sfocati di un evento del passato che,

come scopriremo nell’amaro finale, ha modificato nel profondo la vita del protagonista-narratore, Ferdinando, un apicoltore che – come il “collega” tratteggiato da Virgilio nelle Georgiche ed evocato in un frangente dello spettacolo, quell’Aristeo responsabile indiretto della morte di Euridice – si sente chiamato a una forse tardiva espiazione. Il suo è un sogno-incubo a occhi aperti, una surrealtà che prende vita in modo apparentemente realistico sul palcoscenico e che, nondimeno, denuncia la sua incerta consistenza da particolari quali la cromia, tendente al giallo, che non è solo il colore solitamente associato ai prodotti delle api… 
Al centro della vicenda il tentativo, tanto grottesco quanto umanamente disperato, di assicurare a una bambina che sta compiendo appena sei anni – Emma, la figlia di Marta, la compagna del protagonista – uno sfavillante futuro nel mondo dell’arte. Il mezzo per realizzare questo utopistico obiettivo di “felicità” e di “ricchezza” è Chiara, una famosa attrice, anche un po’ influencer, la cui figlia – non vedente – va all’asilo proprio con la pittrice in erba. L’occasione, invece, è la festa di compleanno della stessa Emma durante la quale Chiara sarà “casualmente” invitata ad apprezzare il talento della festeggiata. Complice piuttosto riluttante di questa che è una vera e propria operazione di guerra, volenterosamente studiata in ogni minimo particolare, è Carlo, il cognato di Marta, uno scacchista assai poco abituato alla quotidianità delle relazioni sociali.
La natura improbabile e chimerica della strategia escogitata da Marta – inconsapevole tanto dell’onnipotenza del Caso quanto, soprattutto, della reale personalità della propria figlia – non ne impedisce tuttavia il successo, malgrado – o forse grazie a – l’auto-sabotaggio messo in atto dalla stessa Emma. Vinta la riluttanza e il fastidio iniziali palesati da Chiara nel momento in cui comprende che l’invito alla festa di Emma era tutt’altro che disinteressato, un semplice post dell’attrice lancia la bambina - e sua madre – nell’olimpo delle celebreties, aldilà di ogni più rosea speranza. Ma, proprio quando, nel momento in cui, all’inizio della scuola elementare, la giovanissima esistenza di Emma pare avviata verso un futuro di gioia e sicurezza costanti, la bambina compie una scelta certo tragica e, nondimeno, dettata da una saggezza e da un pragmatismo ignoti alla madre Marta, ma anche al patrigno Ferdinando. 
Il sipario conclusivo, a cui il tono prevalentemente comico-grottesco prediletto fino a quel momento da Aldrovandi assicura, per implacabile antitesi, raggelante amarezza, non è in realtà che l’inevitabile esito di una precipitosa corsa per sfuggire non soltanto al destino, bensì alla fragilità. Marta - così come Chiara, ché nessuno degli adulti protagonisti di questa asprissima parabola può dirsi innocente - “usa” la propria figlia per raggiungere una realizzazione personale o, detto in altre parole, per sciogliere frustrazioni che atavicamente ne minano sicurezza e stabilità emotiva. Aldrovandi palesa sensibilità e scaltrezza nel far emergere dai dialoghi, in particolare quelli fra Marta e Chiara, quel feroce e istintuale egoismo che le madri mascherano con l’eccessiva premura per la felicità delle figlie; quella costante necessità di dimostrare di essere qualcuno che condanna a una vita senza possibile requie. Ma l’autore-regista emiliano sa anche lumeggiare l’indecisione e la sostanziale viltà di uomini che paiono incapaci di assumersi responsabilità per evitare liti ovvero semplici confronti. Lo spettacolo, brillante e serrato, ben recitato dall’affiatato ensemble, è dunque l’istantanea, nei colori ambrati dei sogni dell’alba, quelli più veri della realtà, di un’umanità fragile e spaesata che non sa più ascoltare la schietta saggezza dell’infanzia…

Scritto e diretto da Emanuele Aldrovandi. Scene di Francesco Fassone. Costumi di Costanza Maramotti. Luci di Antonio Merola. Ambiente sonoro di Riccardo Tesorini. Movimenti di Olimpia Fortuni. Con Giusto Cucchiarini, Serena De Siena, Tomas Leardini, Silvia Valsesia. Prod.: Associazione Teatrale Autori Vivi, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Emilia Romagna Teatro ERT – Teatro Nazionale.

Visto al Teatro Gobetti di Torino il 29 ottobre 2024

Foto di Luca Del Pia