C’è, in giro per l’Italia, uno spettacolo di non grandi pretese formali ma di grazia singolare. Vale la pena scriverne perché colpisce positivamente la misura di delicatezza e intensità con cui in questo lavoro di narrazione sono combinate storia e
storie personali, finzione teatrale e narrazione sportiva, memoria e visione politica rivolta al presente. Raccontiamo di Boxeur, lo spettacolo presentato dalla compagnia trentina Pequod, ovvero scritto, costruito e diretto da Maura Pettorusso e interpretato da Stefano Pietro Detassis. Lo si è visto a Catania a Zo (Centro per le culture contemporanee) dal 17 al 27 ottobre scorsi, nel contesto del Catania Fringe Festival Off giunto quest’anno alla sua terza edizione. La vicenda attraversata da Detassis, ripetiamo con delicatezza e un’intensità emotiva intelligente e ben gestita, è quella di un immaginario incontro di pugilato, avvenuto (che sarebbe potuto avvenire) a Parigi nel 1946, quindi all’indomani della fine della seconda guerra mondiale, tra due campioni di boxe. Due atleti di gradissimo valore, ma esterni ed estranei a quello che l’immaginario comune riguardante la boxe in qualche modo prescrive: non due portatori sani di violenza brutale e fine a sé stessa (o, secondo le comuni regole del racconto, almeno uno dei due contendenti), ma l’avventura di due uomini forti moralmente prima che fisicamente che, attraverso la boxe, hanno provato a collocare le loro vite nella dimensione di gloria che il loro valore pretendeva e che la follia del nazi-fascismo e della guerra aveva reso impossibile. Si tratta di Eugenio Smit Lorenzoni e Victor Young Perez. Lorenzoni è un giovane antifascista, è un trentino, emigrato in Francia per sfuggire alla fame e all'inarrestabile avanzata del regime di Mussolini. A Parigi lavora come operaio e scopre il suo straordinario talento per il pugilato. Un talento che lo porta a gareggiare per il titolo di Francia. Perez invece è un ebreo tunisino, un pugile amatissimo in Francia e divenuto campione mondiale a 20 anni. Rifiuta di piegarsi alla follia nazi-fascista e di accettare le umiliazioni razziste che anche in Francia si riservavano agli ebrei. Finisce inevitabilmente ad Auschwitz ed è tra coloro che affrontano la cosiddetta “marcia della morte” del 1945. Le loro carriere, interrotte brutalmente dalla guerra, avrebbero meritato un incontro che li a collocasse nell’olimpo pugilistico e al livello di gloria e notorietà sportiva che il loro valore sportivo, ma soprattutto umano, avrebbe legittimamente preteso e che, in questo caso, è stato il teatro a garantire. Un’ultima notazione positiva va riservata alla cura per gli ambienti sonori gestita da Giacomo Maturi: ben misurata e capace di alludere a un’epoca senza cadere nel pittoresco o nello stucchevole.
Boxeur
Catania, ZO (Centro culture contemporanee), dal 17 al 27 ottobre. Regia e drammaturgia di Maura Pettorruso. Con Stefano Pietro Detassis. Luci di Federica Rigon. Costumi di Valentina Basiliana. Ambienti sonori curati da Giacomo Maturi. Ricerca storica di Lorenzo Vicentini.
Foto Gae Delpero