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"Poveri cristi" un po' lo siamo tutti quando prepariamo la valigia e ci accingiamo a salire su un Intercity italiano. Per chi non ne fosse avvezzo parliamo di treni a lunga percorrenza e ad alta frequentazione. Altissima, soprattutto nella tratta sud-nord della nostra amata penisola. Se negli anni ’80 questo percorso era cosa comune, nel 2011 l’Italia ci propone uno scenario simile e frequente

Ma la domanda che lo spettacolo di Carmine Borrino ci lascia è: perché dobbiamo farlo? Insomma, chi ha deciso che la gente del Sud deve farsi la sua bella valigia, risparmiare sul viaggio in aereo, sobbarcarsi lunghe ore in treno, arrivare sfinita al Nord per una vita migliore? Stavolta siamo un po’ di parte. Al di là dei banali luoghi comuni e sentimenti patriottici, in cui è facile cadere in questo genere di spettacoli, andiamo invece al cuore del lavoro del giovane ma ricco di esperienza, regista, autore, attore Borrino. Il protagonista di IntecityPlus, spettacolo in scena a Napoli, presso la fondazione Pietà dei Turchini dal 19 al 22 maggio, è proprio questo giovane napoletano. Viso, movenze e occhi schietti da scugnizzo, Carmine interpreta Salvatore, nome comune al Sud. Man mano che lo spettacolo si svolge lungo 14 stazioni dolorose, quante sono le stazioni ferroviarie da Napoli a Treviso,  quelle dell’allontanamento dalla terra nativa, scopriamo anche gli altri personaggi. Maria, Maddalena, Giovanni, la Sacra Famiglia e i personaggi biblici diventano i componenti di una famiglia napoletana, che vive angosciosamente le ore della partenza e del viaggio dell’amato Sasà o Tore, come si dice a Napoli, dalla sua città. L’arrivo è previsto a Treviso, dove il cugino Giovanni si è creato una carriera da agente immobiliare. Ma ciò che ci colpisce e ci inganna all’inizio della storia  è la critica aspra e violenta alla città partenopea, dolorosissima per chi ama questa città, è l’urlo contro le mancate occasioni, contro la disperazione che il Sud offre ai suoi figli. Ma da tutto questo scaturisce un pensiero comune: non piangiamoci addosso, ma piuttosto chiediamoci, così come fa il protagonista: “datemi solo un motivo per cui io debba tornare a Napoli e io scenderò da questo treno. Il mare? Il sole?”. Insomma,  sono davvero motivi validi di questo morboso attaccamento alle origini?  La gente del Nord è davvero così inospitale? Perché nella mentalità di una famiglia meridionale entra automaticamente il pensiero della partenza dei figli? Quando si va al Nord e si raggiunge una buona condizione economica, perché si critica la città di origine tanto rimpianta?  Analizziamo sempre le due facce di una stessa medaglia. L’ironia e i suoi tocchi amari, pervadono l’intero spettacolo che si svolge con un’aria retrò da avanspettacolo napoletano, in contrasto con la location: una cappella barocca con tanto di altare che fa da palcoscenico. Tra Sacra Rappresentazione, caffè chantant,  musica tradizionale napoletana suonata dal vivo dal pianista Mariano Bellopede, questo lavoro assume a tratti delle caratterizzazioni cinematografiche, con incastri di luci e di scene che rendono la comunicazione tra protagonista lontano e i suoi familiari sullo stesso piano scenico e temporale. Gli elementi della vita di questo “Gesù” partenopeo e contemporaneo si mescolano ad alcune scene sacre, dalla lavanda dei piedi alla croce portata sulla schiena. “Padre perché non mi rispondi, perché mi hai abbandonato?” , urla all’ultima stazione Salvatore, che spera di portare salvezza a se stesso e alla famiglia, mentre trascina una pesante valigia di cartone sulle spalle, la nuova croce di questi nuovi cristi. La recitazione si alterna tra momenti di profonda riflessione e barocchismo espressivo tipico della “napoletanità” prorompente espressa da tutti i bravi attori. La musicalità della lingua napoletana, a tratti di difficile comprensione per chi non è napoletano doc, amalgama il tutto. Ci si chiede, in effetti, che effetto avrebbe uno spettacolo del genere in altre zone d’Italia? Per ora ci sentiamo coinvolti profondamente da una frase: “ quando si parte non si torna più a casa”. E a spettacolo concluso, nel buio profondo della Cappella, il tocco kitsch delle collane di rosario fosforescente che avvolgono valigia e abiti, appaiono come un lumicino di speranza che non si spegne mai.

INTERCITYPLUS di Carmine Borrino
Visto a Napoli, Cappella Pietà dei Turchini il 19 Maggio 2011
La Via Crucis di un povero Cristo
scritto e diretto da Carmine Borrino
con Anna Moriello, Rosario D’Angelo,
Noemi Coppola, Carmine Borrino, Mariano Bellopede