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Lo spettacolo Guerra e Pace, diretto da Luca De Fusco e tratto dal capolavoro di Tolstoj (adattamento drammaturgico di Gianni Garrera), è un lavoro a suo modo “perfetto”, ovvero concluso e rifinito nella sua dimensione formale e nel suo intento

artistico. La sua caratteristica principale, qualità o difetto che sia, sembra esser la caparbia ostinazione con la quale si rende manifesta, e forse si difende, una precisa idea di teatro, un’idea stabile nel tempo, rassicurante e rivolta a un pubblico che si presuppone a sua volta sempre uguale a sé stesso. De Fusco ripropone un tipo teatro di parola e di regia che attraversa anni e decenni, serenamente incurante di verificare la sua capacità di confrontarsi con la realtà e di esprimerla con qualche senso di necessità. Un’idea di teatro che si appoggia, come è evidente anche in questo caso, su risorse economiche significative per la produzione, su una compagnia ben assortita di attori e attrici professionisti di buono e ottimo livello, su una solida e solidamente precostituita possibilità di circuitazione, di una base testuale ricavata abilmente da un capolavoro ottocentesco il cui titolo è conosciuto a tutti, sebbene magari non tutti hanno affrontato la fatica della fluviale narrazione di Tolstoij. Ma questo poco importa in effetti, ai fini della riuscita dell’operazione teatrale.
Lo spettacolo, che si presenta come un ideale continuazione dell’“Anna Karenina” realizzato nella scorsa stagione, ha debuttato in prima nazionale a Palermo, dal 25 ottobre al 3 novembre sulla scena del Teatro Biondo (che è il primo dei produttori, insieme con il Teatro Stabile di Catania e il Teatro Nazionale di Roma). In scena ci sono Pamela Villoresi, Federico Vanni, Paolo Serra, Giacinto Palmarini, Alessandra Pacifico Griffini, Raffaele Esposito, Francesco Biscione, Eleonora De Luca, Mersila Sokoli, Lucia Cammalleri. Per il resto De Fusco ha utilizzato per l’allestimento la sua consueta e ben rodata squadra di artisti/collaboratori  che vede Marta Crisolini Malatesta per le scene e i costumi, Gigi Saccomandi per il disegno luci, Ran Bagno per le musiche e Alessandro Papa per le creazioni video che arricchiscono le scenografie. A modo suo – dicevamo – si tratta di uno spettacolo perfetto, concluso, quadrato: non un’increspatura, un’incoerenza, un’emozione, un’inquietudine che sia realmente e in modo percepibile eccedente o divergente rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare scena dopo scena, battuta dopo battuta. L’ottocento romantico che ti aspetti - contenuto nelle vicende familiari, ereditarie, amorose, politiche e filosofico-spirituali delle casate dei Rostov, dei Bolkonskij e dei Kuragin – si dispiega come in un vecchio, caro e abbastanza polveroso libro di antologia. 
Tutto è al suo posto: ogni palpito d’amore, più o meno adolescenziale, ogni sospiro e batticuore, ogni sguardo, ogni abbraccio e ogni passo di danza, ogni squarcio di luce, ogni ruggito guerriero, eroico o ideologico che sia, ogni sottinteso massonico (...quella “filantropia” che, da illuminista è divenuta napoleonica, non ferma il male ma anzi, in qualche modo, lo nutre), ogni pensierosa riflessione di saggezza sulla guerra e sull’asservimento della politica alle logiche brutali del potere e della guerra («...il futuro è dei violenti», «io sono stanco della pace...», «...la guerra è maschile»...), ogni moto di malinconia romantica ed esistenziale. Tutto appare sempre prevedibile, tutto resta entro i limiti di una norma di rassicurante ovvietà, persino il grande e fastoso lampadario appoggiato per terra sulla scena, con tutto il suo evidente portato simbolico. Non si avverte nemmeno un minimo di riflessione (pur esteticamente doverosa) sulla reale possibilità artistica di ridurre per le scene teatrali un capolavoro letterario di portata universale. Senza scomodare Aristotele (per il rapporto tra teatro e narrazione) e nemmeno Guido Gozzano (per il rapporto con l’ottocento) e senza nulla togliere alla bravura dei professionisti in scena, si tratta insomma di un susseguirsi di scene che, in ossequio all’esigenza di sintetizzare e ridurre tutto alla congrua misura di due ore e mezza, hanno discutibilmente ridimensionato la profondità e il respiro problematico di un capolavoro della letteratura universale.

Guerra e Pace
Palermo, Teatro Biondo (Sala grande), dal 25 ottobre al 3 novembre. Prima nazionale. Di Lev Tolstoj, adattamento di Gianni Garrera e Luca De Fusco. Regia di Luca De Fusco. Aiuto regia Lucia Rocco. Scene e costumi di Marta Crisolini Malatesta. Luci di Gigi Saccomandi, musiche di Ran Bagno, creazioni video di Alessandro Papa. Coreografa Monica Codena. Con Pamela Villoresi, Federico Vanni, Paolo Serra, Giacinto Palmarini, Alessandra Pacifico Griffini, Raffaele Esposito, Francesco Biscione, Eleonora De Luca, Mersila Sokoli, Lucia Cammalleri. Produzione: Teatro Biondo Palermo, Teatro Stabile di Catania, Teatro di Roma – Teatro Nazionale.

Foto Rosellina Garbo