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Emma Dante completa il suo percorso di analisi e di recupero di alcuni testi contenuti all’interno dell’opera seicentesca  napoletana “Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile, iniziato con “La scortecata”, proseguito con  “Pupo di zucchero”, e

infine giunto a “Re Chicchinella”. Bisogna subito sottolineare che il lavoro della drammaturga e regista palermitana non è orientato al puro recupero del testo letterario e alla sua semplice trasposizione scenica e drammaturgica. I testi prescelti dall’opera di Basile sono naturalmente fonte di ispirazione e di rielaborazione attraverso il profondo filtro della poetica di Emma Dante. Sul palcoscenico, infatti, troviamo tutte le caratteristiche fondamentali della tecnica attoriale promossa dall’artista palermitana ed una profonda rielaborazione che scava nelle viscere della fonte letteraria per produrre, poi, esiti originali e fortemente moderni. Nel caso di questo nuovo spettacolo, “Re Chicchinella”, in scena presso il Teatro Bellini di Napoli dal 29 ottobre al 10 novembre, anche il titolo è una rielaborazione della fiaba originale, inserita da Basile nella giornata quinta, “trattenemiento primo” e intitolata “La papera”. Si riporta in scena un altro pennuto, presentato poi in carne ed ossa a conclusione dello spettacolo, in una scena fondamentale, e soprattutto recuperato attraverso un ancestrale che collega la cultura campana a questo animale, sacro e profano, addirittura descritto come demoniaco. La storia delle due povere sorelle, creata da Basile, che comprano al mercato la papera dalle uova d’oro, è ripresa dalla Dante in una sorta di continuazione, agganciandosi, poi agli esiti anche comici, grotteschi e animaleschi della fiaba originale. Le due ragazze, derubate della papera da vicine gelose, la cercano incessantemente. Il povero animale viene gettato dalla finestra, in un vicolo sporco e maleodorante, perché non produce più ricchezze a causa del mancato affetto. Un principe, passando da quelle parti, in un momento di urgenza intestinale, utilizza il corpo della papera come carta igienica, pensando che l’animale sia morto e che possa ancora utile con le sue morbide penne L’animale si attacca al fondoschiena del principe e si staccherà solo quando incontrerà le  sue amate padrone, simbolo dell’affetto sincero e non dell’opportunismo materiale. Quest’ultimo riferimento è il filo conduttore dell’intero spettacolo creato da Emma Dante che inizia a raccontare la storia del suo protagonista, ossia un principe/re, vestito di nero, con ampia gonna, che sopporta una gallina infilzata nel suo sedere, elemento che non riesce ad espellere. All’interno di questo discorso si sovrappongono due visioni interessanti, ossia il concetto dell’espulsione di un corpo estraneo, ma anche il concetto del “parto al contrario” che sembra assente nel testo di Basile: le viscere del re sono piene di escrementi, della stessa gallina o delle uova d’oro da lei prodotte e defecate dallo stesso re? Insomma, il concetto di entrata e di uscita sembra confondersi volutamente, scendendo ad un livello di corporeità grottesca, animalesca e disumana, attraverso cui un animale, invisibile durante tutto il racconto, gestisce la vita di un uomo importante e di tutta la sua corte. Quest’ultima sembra assistere morbosamente il proprio sovrano, mostrando, via via, un interesse ossessivo rivolto alle uova d’oro, la cui presenza dipende dalla sopravvivenza del re, dalla sua alimentazione e dal distoglierlo dalla malsana idea di espellere la magica e prodigiosa gallina. L’intero racconto si apre e si chiude con una immagine funerea: in apertura, uomini e donne antropomorfi, vestiti di nero con maschere da gallina e rosari in mano, sembrano intonare una nenia premonitrice, riproducendo il verso e il movimento della testa delle galline. La testa e la mente di una gallina possono dunque posizionarsi sul corpo di uomini e renderli stolti. In chiusura, invece, l’intera compagnia organizza l’allestimento di una catafalco, con relativo funerale, su cui becchetterà una gallina bianca vera, attraverso un processo scenico lunghissimo, caratterizzato da movimenti e da accenni. Il momento appare ironico e inquietanteallo stesso tempo. L’allestimento scenico si riempie continuamente di piume svolazzanti, di cortigiani dalle cosce gonfie come quelle delle pollastrelle, ricordando le ballerine del Moulin Rouge o degli spettacoli di Variété o del Folies Bergère, con abiti svolazzanti e piumati, come la gonna nera del re che si nasconde sotto, come uno struzzo codardo e impaurito. Il re assume una postura diritta solo nel momento in cui ricorda il suo ruolo e finge di ricordarlo a tutti gli astanti, definendosi Carlo I D’Angiò; sul dorso nudo i servi gli gettano un mantello e gli porgono una corona, definendo il suo ruolo attraverso una vestizione tipicamente marionettistica ed eccessivamente teatrale, mimando le movenze dei Pupi siciliani, come nei famosi spettacoli di tradizione. Emma Dante riporta spesso questo elemento, non solo all’interno degli spettacoli ispirati all’opera di Basile, ma soprattutto all’interno della sua drammaturgia: schiere di attori che si muovono a scatti, come i Pupi, in momenti di pathos estremo o di profonda ironia. Questo re accasciato, ripiegato su se stesso, angosciato da dolori lancinanti, non riesce a riprendersi, perché non può, non gli è permesso e si immola. Sceglie di morire, espellendo la gallina che sopravvive e continua a sfornare uova d’oro. Numerose scene sono costruite sui movimenti a schiera, in circolo, attraverso il ballo, con i botta e risposta, allungando notevolmente i tempi, forse eccessivamente in alcuni momenti, sebbene i concetti fondamentali siano compresi perfettamente dal pubblico. Emma Dante sceglie di costruire un mix perfetto tra la cultura napoletana e quella siciliana, percorso verso cui si sta orientando sempre più frequentemente negli ultimi anni: l’elenco dei piatti e dei dolci, sciorinato da una compagnia italo-francese, mescola pietanze napoletane e siciliane, lo stesso titolo “Re Chicchinella” ricorda il siciliano “jaddinella”, gallinella, alcuni vocaboli fondono parlata partenopea e siciliana. Il protagonista, ossia il re, interpretato da uno straordinario Carmine Maringola, strappa lunghissimi applausi, così come tutta la compagnia, costituita da giovani e meno giovani, tutti con grande esperienza e simbolo della forgiatura ricevuta dalla scuola di Emma Dante.

RE CHICCHINELLA
TEATRO SAN FERDINANDO NAPOLI
29 OTTOBRE-10 NOVEMBRE 2024
scritto e diretto da Emma Dante
libero adattamento da Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile
con Carmine Maringola Re, Annamaria Palomba Regina, Angelica Bifano Principessa, Davide Mazzella Paggio, Simone Mazzella Paggio, Stephanie Taillandier Dama d’onore, Viola Carinci Dama di corte / Infermiera, Davide Celona Dama di corte, Roberto Galbo Dama di corte, Enrico Lodovisi Dama di corte, Yannick Lomboto Dama di corte, Samuel Salamone Dama di corte / Dottore, Marta Zollet Dama di corte / Infermiera, Odette Lodovisi Gallina
elementi scenici e costumi Emma Dante
luci Cristian Zucaro
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Atto Unico / Compagnia Sud Costa Occidentale, Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale, Carnezzeria, Célestins Théâtre de Lyon, Châteauvallon-Liberté Scène Nationale, Cité du Théâtre – Domaine d’O – Montpellier / Printemps des Comédiens

Foto Masiar Pasquali