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La serata di venerdì 15 novembre al bel festival di Teatro Akropolis ci ha proposto due spettacoli per così dire 'fuori linea', cioè extra-categoria non potendo nessuno dei due essere interamente imprigionato in una categoria o un genere teatrale specifico.

Cominciamo dal primo.

E DI TUTTI I VOLTI DIMENTICATI / Masque teatro
Quando si assiste ad uno spettacolo di questa storica compagnia di Forlì non si può fare a meno di andare con la memoria ai famosi versi sull'attore del quinto atto del Macbeth shakespeariano, quelli la cui sequenza inizia da “Life' but a walking shadow” per poi proseguire (qui nella traduzione di Edoardo Sanguineti per il suo “Remix”): <<come un povero attore che si inquieta, per quell'ora, in scena, e non ne parla più nessuno, dopo: è una storia, e uno scemo la racconta, che è pieno di rumore, e di furore, e che però, poi, significa niente>>.
Questo perchè i versi citati, lungi dall'essere il segno di una debolezza del teatro (nei riguardi della cosiddetta realtà), ne esprimono paradossalmente la grandissima forza che la lega ed è legata alla contingenza dell'attimo in cui tutto si raccoglie, riguardo al quale il dopo non ha appunto importanza perché quell'attimo, succedendo, rimane forse per sempre.
“Masque” è questo tipo di teatro e anche lo spettacolo di cui parliamo ce ne ha dato una interessante dimostrazione, essendo stato capace ancora una volta di collegare quel luogo e quel tempo della scena, così ristretto da apparire ininfluente, con l'intero universo dell'Umanità e con il Tempo che instancabilmente scorre e la circonda.
Tra l'altro “E di tutti i volti dimenticati” è una drammaturgia corporea concepita per uno spazio aperto (un fiume che l'attraversa ed il tetto del cielo che la sovrasta), in un luogo che non è di nessuno, ma anche nel chiuso del teatro ha già dimostrato potenzialità di significanza estetica forse inaspettate, ma che testimoniano che in loro è ciò che è 'dentro' (il teatro e l'attore) che importa, non ciò che lo circonda e gli fa da 'scenario', o il dopo che lo segue.
Tra i due poli della scena, tra il 'sensibile' e 'l'indicibile', tra un tavolino con bottiglia e una composizione floreale all'ombra di una vecchia persiana, al cui centro una poltrona 'finge' una normalità che non esiste, il corpo dell'attrice performer (la bravissima Eleonora Sedioli) sembra volersi divincolare, quasi 'strappare' dalla propria stessa corporeità per traslarsi appunto in quello “shadow” di cui parlavamo e per potersi così collegare e immergere nelle parti spirituali della vita che trasformano quello stesso 'fantasma' nello “Spirito” che lei stessa ad un certo punto sembra invocare.
È uno spirito che appartiene a tutti, in scena e fuori scena, e la cui vera identità è il non avere identità, nel senso molto artaudiano di aver superato o di precedere il dolore della individuazione che ci ha fatto maschio e femmina, e poi ciascuno monade cieca e ritirata in sé stessa a sopportare all'infinito quel dolore, quell'inquietudine che ci prende di fronte a ciò che non sappiamo e talora si placa in una improvvisa 'illuminazione'.
Ancora una volta “Masque” dimostra di saper adeguatamente declinare i temi dell'oggi, come il richiamo alla natura pur presente ma che rigetta le moderne semplificazioni ecologiche alla moda, nel loro contesto metafisico che si affaccia, anche qui ritorna Shakespeare, in un universo gnostico che non può imparare ma solo insegnare.
Tutto questo su un tappeto di caffè e orzo macinati che si bagnano d'acqua formando disegni che aprono all'enigma cui rispondere, tra luci e sonorità che Lorenzo Bazzocchi, con la consueta maestria, predispone ad accogliere l'accadimento di cui, lui al pari di noi, forse ancora non sa pur donandocelo.
Così che, come scrivono nella presentazione e vale la pena di ribadirlo, ci si renda conto che ancora possiamo passare “dalla impossibilità di cambiare questo nostro destino” alla “gioia di scorgere lontano una libertà”
Uno spettacolo non solo bello. Al Teatro Akropolis di Genova Sestri Ponente alle ore 20,30, ulteriore conferma della qualità delle scelte della direzione artistica, con molti spettatori giovani e molti applausi. In prima regionale.
Con: Eleonora Sedioli. Scene, suono e luci: Lorenzo Bazzocchi. Tecnica: Angelo Generali. Comunicazione: Francesca Mambelli. Produzione: Masque teatro 

CARDIOPHONIE E CONCERTO PER OBOE E LIVE ELETTRONICS / Fabio Bagnoli
Un 'non' concerto, così si può definire questo spettacolo in cui è la musica a recitare, prima ancora dell'esecutore/attore, su una partitura concertazione del musicista svizzero Heinz Holliger che naturalmente ricorda lo storico 'strappo' di Luciano Berio. La musica infatti è sempre l'implicito 'personaggio' di ogni concerto, anche quando non si tratti di opera lirica, ma qui in un certo qual modo l'implicito si fa esplicito, l'introverso si fa estroverso. Così esecutore/direttore diventa lui stesso strumento nelle mani della musica e recita la parte che quella (la musica), come un regista in scena, gli propone anche sorprendendolo, e noi con lui. Oltre la semplice musica elettronica per approdare a momenti di straordinario e inaspettato lirismo al ritmo irriducibile del 'suono del cuore'. Una bella partitura proposta da un esecutore di grande qualità, apprezzabilmente assisto negli effetti “live electronics”, e chesarebbe molto piaciuta a molti protagonisti del “Gruppo63”. Sempre al Teatro Akropolis, alle ore 21,15. Applaudito con convinzione. In prima assoluta.
Di: Heinz Holliger. Fabio Bagnoli: oboe. Live electronics: Martino Sarolli, Chiara Ciancarini.