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“Con la carabina” è uno spettacolo di Licia Lanera che, nel 2022 ha vinto due premi UBU (regia e miglior testo straniero): il testo è della drammaturga francese Pauline Peyrade (tradotto da Paolo Bellomo) e in scena a recitare ci sono Danilo Giuva e

Ermelinda Nasuto. Non è difficile capire perché questo spettacolo abbia colpito così profondamente e positivamente la critica. Grande semplicità d’azione e voragini di senso che si aprono ad ogni gesto o parola. Il soggetto è semplice ma è veramente impressionante la sua densità. «..Una bambina di undici anni, che un tribunale francese ha riconosciuto consenziente allo stupro che ha subito da parte di un amico del fratello maggiore, decide, diventata donna, di farsi giustizia da sola...». In questa trasposizione teatrale, come si è detto, ogni minimo segmento, ogni segno, ogni gesto, ogni sguardo, ogni cambio di luci è pensato ed è colmo di senso, dolore, rabbia, violenza repressa, agita e/o subita, smarrimento. La ferita che viene inferta alla bambina e la violenza che ne scaturisce dopo anni sono attraversate con tremenda chiarezza e intelligenza politica e metateatrale: cambi minimi di posizionamento dei due attori e di focalizzazione delle luci e la situazione cambia, ci si muove nel tempo e nello spazio, la prospettiva di potere e l’esercizio della violenza si ribaltano. Ricordare ancora in questi giorni, recensendo uno spettacolo così, la devastante violenza inflitta da millenni alle donne da parte di maschi avvelenati dalla forza e dalla pervasività di una cultura patriarcale che stenta a morire, è importante e necessario. Qui però vogliamo riflettere brevemente su un elemento dello spettacolo che, apparentemente esterno e poco rilevante, invece è importante e fecondo di considerazioni necessarie per la comprensione di questo lavoro. Alla fine, proprio quando dopo l’ultima battuta si spengono le luci e il pubblico aspetta di capire se è il momento di applaudire, ecco che un membro della compagnia previene l’applauso e invita il pubblico ad uscire. È un gesto spiazzante che blocca nel pubblico il momento dello scioglimento finale e liberatorio rispetto a quanto ha visto, il momento in cui si riconosce la natura plurale e collettiva del soggetto che ha assistito e, in qualche modo, ha partecipato direttamente (emozione e comprensione) all’accadere dell’azione teatrale, il momento - per usare una parola antichissima ma perfetta - della catarsi. Non indugiamo a interrogarci qui sui risvolti estetici e teorici di questa scelta, che pure ci sono e che sarebbe interessante approfondire. È chiaro che cosa ci vuole comunicare, con insopprimibile urgenza, Licia Lanera: nessuna catarsi è possibile rispetto alla brutalità della violenza di genere, nessun respiro di sollievo è possibile, che non sia automaticamente complicità rispetto a un altro delitto che sta accadendo a qualche donna o a qualche bambina. Occorre esserne consapevoli e giustamente pagare i prezzi che è necessario pagare. Nulla vale, nulla deve valere, il dolore di una bambina calpestata, nulla, nemmeno un’intera, millenaria e persino bellissima, tradizione teatrale. Visto a Catania, a Zo (Centro culture contemporanee), nel contesto della rassegna “Altre scene 2024/25”, il 9 novembre 2024.

Con la carabina
di Pauline Peyrade. Con Danilo Giuva e Ermelinda Nasuto. Traduzione di Paolo Bellomo con la complicità di Luca Bondioli. Regia e spazio di Licia Lanera. Aiuto regia: Nina Martorana. Luci: Vincent Loguemare. Sound design: Francesco Curci Costumi di Angela Tomasicchio. Organizzazione di Silvia Milani. Foto di scena di Clarissa Lapolla. Progetto grafico: Silvia Rossini. Produzione: Compagnia Licia Lanera. In coproduzione con POLIS Teatro Festival. In collaborazione con Angelo Mai. Si ringrazia: E Production. 

Foto Roberta Cannavò