14 agosto 2018, crollo del Ponte Morandi. È questo uno di quei giorni in cui tutti, o almeno tutti i genovesi, ricordano dove erano, con chi erano e cosa facevano. “La traiettoria calante”, la sentita drammaturgia del giovane Pietro Giannini costruita in
collaborazione con il “Comitato delle vittime del Ponte Morandi”, parte da qui, dal ricordo indelebile dei molti, e ci conduce per mano a quel giorno inventandosi un viaggio che inesorabilmente precipita nella tragedia.
Impossibile non rintracciare in essa la suggestione del più consapevole teatro Civile, uno su tutti “Vajont” di Marco Paolini, ma qui c'è qualcosa di più che nasce in parte da un coinvolgimento biografico (il drammaturgo è un genovese 'espatriato') e che lo supera, utilizzandolo soprattutto come una più coinvolgente chiave di lettura, senza infingimenti ma anche, come è caratteristica di questa terra aspra, autocompiacimenti, metaforicamente piangendo ove giusto e necessario ma senza mai 'piangersi addosso'.
Significativo al riguardo l'esordio, in dialetto, che ripropone una antica leggenda genovese che racconta di un contadino e San Giovanni Battista, che ricorda il kafkiano contadino di fronte al guardiano di una porta della 'Giustizia' che mai si apre, riscattato però in un orizzonte che ha ancora la speranza di un futuro 'diverso'.
Così, da subito, questa che è ancora 'cronaca', con i processi interminabili ancora in corso, in attesa di farsi Storia si fa 'Mito', quel mito che molto di più di ogni storia svela e rivela, coinvolge e criticamente 'giudica'.
Può dunque sapientemente mescolare la didattica del grande teatro di inchiesta, che proprio a Genova ha visto esempi illuminanti, con la brechtiana alienazione della narrazione di ciò che è stato affidato al passato, in un impasto che lievita quasi evangelicamente nel pane dell'impegno personale e collettivo verso un evento che deve essere elaborato e 'chiudersi' dentro di noi prima ancora che fuori di noi.
Del primo, il teatro inchiesta, ha la correttezza e l'oculatezza dei fatti e dei documenti inoppugnabili, del secondo la commozione che non è tanto il 'commuovere' quanto il poter insieme partecipare di un sentimento per meglio possederlo, ma infine ha, di questo drammaturgo che dimostra già grande qualità di scrittura, il suo incarnarsi in mimica e movimento, in soggetto che recita solo in scena ma per conto di tutti, di tutti noi comunità di spettatori-cittadini.
Il suo monologo, alimentato come un caldo sistema circolatorio dalla concretezza della sua 'presenza' sulla scena, non è dunque solo 'lettura' di eventi ma è come il terminale di mille suggestioni, dolori, speranze e anche paure che quegli eventi hanno suscitato e suscitano nella sua comunità di spettatori-cittadini.
È dunque un teatro 'poltico', che profondamente metabolizza l'insegnamento di Erwin Piscator, nel senso più alto del termine cioè diretto verso la polis e che unisce alla kantiana 'critica' del reale, portando latamente in scena lo stesso processo in corso al Tribunale di Genova, un altrettanto kantiano 'giudizio' che già ora rappresenta, assorbendolo e superandolo, l'esito qualunque esso sia di quel processo.
Ma è soprattutto Teatro, per quanto il teatro storicamente è assemblea della Polis che giudica la 'tragedia' passata per quanto si impone e inerisce il presente.
Un teatro che riesce ancora, e oggi è raro, ad essere 'scandalo' e non solo per le drammatiche rivelazioni sul passato 'costruttivo' e sul presente 'manutentivo' del Ponte, o per la persistente 'sete di guadagno' che ne caratterizza i protagonisti chiamati nome per nome (dai Benetton a Castellucci) alla loro 'responsabilità' prima umana che penale.
Un bello spettacolo che inquieta ma insieme 'mobilita' i sentimenti, il dolore e la rabbia ma anche la speranza e il sentirsi uniti, organizzato su una scrittura già molto matura, capace di utilizzare alto e basso con efficacia, padrona sempre della parola e del suo essere detta, e su una messa in scena semplice ma ricca di riferimenti in cui la recitazione di Giannini si mostra nelle sua complesse sfumature.
Interessante al riguardo il video di sfondo che mostra un viaggio autostradale destinato al tunnel finale che attendeva 43 persone, e forse anche noi tra queste se il Caso, come chiosa alla fine il protagonista, non fosse stato con noi più benigno.
Una rimarchevole e meritevole produzione del Teatro Nazionale, che merita la più ampia circolazione. Alla Sala Mercato di Genova Sampierdarena, dal 26 novembre al 1° dicembre, e dal 10 al 13 dicembre. Molta la partecipazione e convinti i lunghi applausi.
“LA TRAIETTORIA CALANTE” di e con Pietro Giannini, consulenza drammaturgica Comitato Parenti Vittime Ponte Morandi, visual artist Loredana Antonelli, luci Aldo Mantovani. Produzione Teatro Nazionale di Genova.
Foto Matilde Pisani