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Nell’estate della pandemia, quella dell’anno horribilis 2020, l’attore Michele Costabile, per ovviare alla chiusura dei teatri, va a lavorare in un conservificio nella provincia di Piacenza, il principale produttore europeo di passata di pomodoro. Costabile

racconta, poi, questa sua esperienza da «operaio generico addetto alla lavorazione del fresco» a Elio De Capitani e ad Alessandro Frigerio che, coinvolto il giovane drammaturgo Nicolò Sordo, decidono di farne insieme uno spettacolo. Nasce così Safari pomodoro, monologo pensato come una sorta di stand up ironica e decisamente rock e che, nondimeno, appare subito impossibile definire “comedy” e non soltanto per il mancato lieto fine. Ecco, allora, la scelta di quel sottotitolo – stand up tragedy – anch’esso ironico e tristemente disincantato, frutto della consapevolezza che nulla di quanto raccontato in scena potrà davvero condurre a una qualche catarsi…
Torniamo, però, a ciò che avviene in scena, su un palcoscenico occupato da alcuni cargopallet grigi, variamente movimentati da Costabile, e invaso, nei sipari finali, da una valanga di palline rosse-pomodori. L’attore incarna un giovane che, raccontando a noi pubblico e a sé stesso di essere in vacanza, momentaneamente lontano dalla propria famiglia – la ricca compagna Jennifer e le due figlie – fotocopia di quelle di certe scintillanti e biondissime influencer, s’immerge nella realtà dei lavoratori – stagionali, interinali, a tempo più o meno determinato – di un conservificio, sottopagati e costantemente controllati per mezzo di droni. Lontano dalla sua presunta villa, vive in un condominio affollato e rumoroso e trascorre il tempo libero ubriacandosi con i colleghi – albanesi, macedoni, indiani – e trovando, però, anche una serata libera per andare al bingo con una collega cinquantenne e le sue amiche. Il protagonista millanta di essere stato nella legione straniera, afferma di guidare un potente SUV e descrive con sufficienza la vita del suo sfigato amico Hunt… È tuttavia man mano più tragicamente chiaro quanto quella narrata da questo anti-eroe contemporanea sia una favola, ripetuta e ognora arricchita nell’illusione che, prima o poi, si trasformi in realtà. Sono, al contrario, drammaticamente reali le infime condizioni in cui gli operai svolgono il proprio alienante lavoro – quasi avvertiamo l’odore acido del pomodoro – e altrettanto desolantemente vere le loro vite mancate: il protagonista che, nell’anti-lieto fine, ammette di essere stato lui la vittima di un brutto tiro del destino, e non l’amico Hunt; ma anche la collega che avrebbe voluto diventare poliziotta e si stordisce con spumantini e cibo di pessima qualità; ovvero gli slavi e i marocchini sfruttati e senza diritti, così come gli indiani che, nondimeno, nella loro microcomunità emiliana, riescono a conservare una genuina umanità. Costabile incarna dunque non solo l’insoddisfazione di una generazione di trentenni cui è stato impedito non tanto di realizzare ma almeno di tentare di realizzare i propri sogni ma, più in generale, quella invisibile ma tenace fatalità che tante esistenze pare divertirsi a boicottare: quelle dei migranti venuti a cercare una vita meno precaria ma anche quelle di italiani cui la sorte ha negato di trovarsi al posto giusto al momento giusto.
Non c’è catarsi e non c’è consolazione in Safari pomodoro: non illudano la drammaturgia brillante e sferzante, il ritmo serrato e la colonna sonora rock, nella giungla dell’esistenza spesso l’unico ruolo che il fato pare assegnarci è quello di osservatori passivi, se non di prede inermi…

Testo di Nicolò Sordo. Regia di Elio De Capitani e Alessandro Frigerio. Luci di Nando Frigerio. Suono di Emanuele Martina. Con Michele Costabile. Produzione: Teatro dell’Elfo; con il sostegno del MiC e di SIAE, nell’ambito del programma "Per chi crea".
Visto al Teatro Elfo Puccini - Sala Bausch di Milano, il 5 dicembre 2024

Foto di Laila Pozzo