Inizia e finisce a sipario chiuso, sul quale viene proiettato un grande occhio, quello di un analista, del dottor S., di Sigmund Freud. Un occhio indagatore che scruta e indaga l’anima non solo di Zeno Cosini, ma anche degli spettatori. Ci riferiamo
all’edizione de “La coscienza di Zeno” di Italo Svevo, nell’immaginifico adattamento di Monica Codena e Paolo Valerio, che firma anche la regia, proposto dal 10 al 15 dicembre, alla Sala Verga di Catania, all’interno della stagione di prosa 2024/2025 dello “Stabile” etneo.
La produzione è del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e di Goldenart Production per celebrare lo scorso anno i cento anni del romanzo di Italo Svevo, pubblicato nel 1923 e l’atto unico, in circa un ora e 40 minuti, è il frutto di una lettura di ottima fattura, sintetizzata nei passaggi più importanti dell’opera di Svevo, con un allestimento che coinvolge per tutta la sua durata, grazie anche ad un dinamico ed affiatato cast guidato da un convincente Alessandro Haber nei panni del protagonista Zeno Cosini, nato a Trieste, nel 1857.
In scena, nei panni del protagonista, domina proprio Alessandro Haber, claudicante e con una folta barba bianca, mentre gli altri attori sono nella penombra. Zeno/Haber raggiunge la propria poltrona grigia e poi, fumando, inizia a dialogare con la sua coscienza che lo porta a ricordare ed a raccontare - tra nuvole di fumo, video proiezioni e sedie sparse o allineate - la sua vita, a scrivere un diario psicanalitico che prende forma in scena. Tra i protagonisti anche la versione giovane di Zeno, oltre ai suoi genitori, alle quattro sorelle Ada, Augusta, Anna, Alberta, figlie di Giovanni Malfenti. Zeno è innamorato della bella Ada (che, però, sposerà l’affascinante Guido), ma dopo il diniego delle altre due sorelle prenderà in moglie l’altra sorella, Augusta, che poi tradirà con Carla.
La pièce si mantiene sempre su ritmi elevati, con un continuo alternarsi di ricordi ironici o altri drammatici, come la morte del padre o il suicidio dell’amico Guido. Tutto nasce dagli appunti del protagonista che si sottopone alle cure dello psicanalista Dottor S. per risolvere il suo mal di vivere, la sua nevrosi, la sua consapevolezza nel sentirsi scollegato dalla realtà. Risulta interessante e a tratti divertente, il dialogo tra Zeno anziano e giovane, autentico confronto tra due personalità che fa scorrere il racconto tra i palazzi di Trieste, le entrate dei genitori e degli altri protagonisti, la pioggia battente, tra “l’ultima sigaretta” e l’altra, le debolezze, le intuizioni, le paure, le fragilità ed incertezze, le gioie ed i dolori di Zeno che vengono quasi trasferiti a tutti i presenti, completamente assorbiti dall’intreccio della storia.
Un confuso Zeno, che considera la vita “né bella né brutta, ma originale”, nello spettacolo è circondato dagli altri personaggi (resi con disinvoltura e brillantezza da Alberto Fasoli, Valentina Violo, Stefano Scandaletti, Ester Galazzi, Emanuele Fortunati, Francesco Godina, Meredith Airò Farulla, Caterina Benevoli, Chiara Pellegrin e Giovanni Schiavo) che riescono a creare una serie di quadri raffiguranti episodi della vita dell’indeciso protagonista, mentre sullo sfondo vengono proiettate immagini color seppia della città di Trieste (attraverso i video di Alessandro Papa) che regalano piacevoli suggestioni agli spettatori.
Haber - in un ruolo già interpretato in passate edizioni da attori come Renzo Montagnani, Giulio Bosetti, Alberto Lionello e Johnny Dorelli - giganteggia sulla scena con la sua straniante interpretazione di un uomo maturo e surreale, estraneo alla società e che dialoga con un “io” giovane, intossicato dal fumo e dall’incapacità di prendere decisioni, di agire.
Funzionali ed accattivanti l’impianto scenografico (un palco senza quinte, con una poltrona grigia e delle sedie che diventano anche un letto e poi tende grigie e pesanti sui tre lati del palco, il tutto a custodire una sorta di grotta oscura dove diventano vive le memorie, senza alcuna pretesa di verità) di Marta Malatesta, il gioco luci di Gigi Saccomandi, i movimenti coreografici di Monica Codena, le musiche di Oragravity ed i video di Alessandro Papa che, ben amalgamati fra loro, contribuiscono a rendere perfettamente l’immagine di quella che è una vera e propria rappresentazione del vissuto, dell’incapacità di connettersi con la realtà di Zeno e della voce della sua coscienza.
Apprezzabile e di grande spessore quindi l’edizione di Monica Codena e Paolo Valerio che, con un Alessandro Haber in gran forma, mostra lo smarrimento dell’uomo di fronte all’ignoto e al mistero dell’universo, indeciso davanti alla profezia di una condizione umana destinata all’autodistruzione.
Mirabile e di grande effetto il monologo finale di Haber/Zeno che ricorda e ammonisce per un futuro in cui un ordigno causerà la distruzione del mondo intero: “Ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie”.
Pubblico del “Verga” di Catania soddisfatto e che, alla fine, tributa al protagonista-mattatore Haber, all’intera compagnia ed all’allestimento i meritati applausi.
La coscienza di Zeno
di Italo Svevo
Adattamento di Monica Codena e Paolo Valerio
Regia di Paolo Valerio
con Alessandro Haber e con Alberto Fasoli, Valentina Violo, Stefano Scandaletti, Ester Galazzi, Emanuele Fortunati, Francesco Godina, Meredith Airò Farulla, Caterina Benevoli, Chiara Pellegrin, Giovanni Schiavo
Scene e costumi di Marta Crisolini Malatesta
Luci di Gigi Saccomandi
Musiche di Oragravity
Video di Alessandro Papa
Movimenti di scena di Monica Codena
Produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Goldenart Production
Teatro Stabile di Catania - Sala Verga - Stagione 2024/2025 -10-15 Dicembre 2024
Foto Simone Di Luca