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Nato a Faenza nel 1970 e torinese d’adozione, Maximilian Nisi è attore brillante e rigoroso, oltre che regista intuitivo ed elegante. Definito come uno tra gli interpreti più interessanti e rappresentativi della sua generazione si è diplomato nel 1993

alla Scuola del Teatro d’Europa di Milano diretta da Giorgio Strehler e nel 1995 ha seguito il Corso di Perfezionamento per Attori presso il Teatro di Roma, diretto da Luca Ronconi in collaborazione con Peter Stein, Luigi Squarzina, Federico Tiezzi, Piero Maccarinelli e Franco Quadri. Ha studiato inoltre con Marcel Marceau, Carolyn Carlson, Lindsay Kemp e Micha Van Hoecke.
In campo teatrale è stato diretto, tra gli altri, da Strehler, Ronconi, Vassil'ev, Savary, Sequi, Scaparro, Terzopoulos, Cavani, Calenda, Zanussi, Bernardi, Mauri, Lavia, Menegatti, Tchkeidze, Pagliaro, Lamanna, Znaniecki, Marinuzzi, Ricordi, Sepe, Marini, Pizzech.
Nel giugno del 1995 gli è stato assegnato il “Lauro Olimpico” dell’Accademia Olimpica di Vicenza e nel novembre 1999 il premio Lorenzo il Magnifico dell’Accademia Internazionale Medicea di Firenze. Nel maggio del 2019 ha ritirato il Premio Napoli Cultural Classic per il Teatro d'autore e ad ottobre il Premio Internazionale Bronzi di Riace - sezione Teatro.
In campo cine-televisivo è stato diretto, tra gli altri, da Magni, Negrin, Brandauer, Bibliowicz, Maselli, Spano, De Sisti, Argento, Greco, De Luigi, Zaccaro, Chiesa, Ponzi, Molteni, Migliardi, Sciacca, Riva, Pingitore, Sollima, Terracciano, Amatucci, Parisi, Inturri
Dal 2024 è direttore artistico del Festival Teatrale di Borgio Verezzi, in provincia di Savona.
Lo abbiamo incontrato di recente al Teatro Brancati di Catania alla fine dello spettacolo “Un Sogno a Istanbul” - rilettura drammaturgica di Alberto Bassetti del romanzo “La cotogna di Istanbul” di Paolo Rumiz - dove interpretava un ricercato e passionale Max, accanto alla “signora del teatro italiano” Maddalena Crippa.

Quando ha capito che voleva fare l’attore? Ci parli dei suoi primi passi, delle sue passioni...
“È capitato. Una folgorazione. Un provino condiviso per una scuola importante, l'ammissione e a seguire tutto il resto.  Passi fatti in fretta, quasi di corsa, con sollecitudine; attraversato da qualcosa che ancora oggi mi spinge a non mollare”.

I testi o i personaggi che preferisce leggere, assimilare, dirigere ed interpretare…
“Le mie scelte lavorative dipendono quasi unicamente dai personaggi che mi vengono proposti. Quando sento distanza tra me e un personaggio, necessità di studio e di lavoro mi sento stimolato e accetto la scrittura”. 

La sua esperienza a Milano con Giorgio Strehler e poi quella a Roma con Luca Ronconi. Cosa le hanno dato e quanto le sono servite nel suo cammino?
“Sono stati gli anni della gioventù e della formazione. Di quel periodo ho ricordi bellissimi, ancora vividi. Provo infinita nostalgia per quel Teatro che non esiste più e tenerezza per il ragazzo che ero allora. Strehler e Ronconi sono stati fari, guide preziose che mi hanno dato moltissimo. È stato un grande privilegio averli conosciuti, anche se a volte penso che senza il loro esempio, la mia vita, oggi, sarebbe molto più semplice”. 

In scena si fai apprezzare spesso in ruoli drammatici, seri, ma è molto credibile anche in ruoli brillanti. Quali corde sente più sue?
“Un buon attore deve calarsi in una situazione drammaturgica e non deve far altro che prendere una posizione rispetto a questa senza tradire la natura del personaggio che interpreta. È la situazione ad essere brillante o drammatica, non l'attore. I personaggi più divertenti sono quelli interpretati da attori, ritenuti drammatici, che cercano di destreggiarsi in situazioni comiche senza ammiccamenti. Personalmente non ho preferenze di genere. L' importante è cercare di far sempre del buon teatro”. 

La crisi della cultura in Italia, quali potrebbero essere gli interventi per rilanciare l’intero comparto e per dare nuova linfa agli artisti?
“Incentivare la promozione della cultura. Quel meraviglioso lavoro che fino agli anni '90 riempiva i cinema, i teatri, le mostre d'arte, le conferenze non viene più svolto. Della promozione non se ne occupa più nessuno o semplicemente nessuno è più in grado di farla realmente. Le cose facili, quelle che si vendono da sole, affascinano un po' tutti, scelte non per qualità ma per comodità”. 

Nella sua carriera ha affrontato diversi settori (teatro, regia, cinema, tv), ma in quali ti è sentito più realizzato, più vivo?
“Solo il lavoro in teatro è vivo. Il dialogo che si instaura con il pubblico ogni sera può essere magico e non sarà mai routine. È una ricerca continua, un viaggio intrigante che va fatto solo in compagnia di chi ci può capire. Una strada imboccata con il cuore, non per convenienza o vanità”.

Com’è nella vita di tutti giorni Maximilian Nisi?
“Sono pieno di contraddizioni, mi reputo meno interessante dei personaggi che porto in scena. Sono malinconico, schivo, troppo empatico, scostante. Vorrei avere una vita più semplice. Più vita e meno teatro”.

La sua più grande soddisfazione ed un suo sogno nel cassetto..
“La mia più grande soddisfazione è ancora nel cassetto, accanto al sogno dal quale dipende. Mi piacerebbe riuscire a fare qualcosa di utile per il Festival di Borgio Verezzi, di cui sono direttore artistico da circa un anno. 
Vorrei ripristinare degli equilibri, riportare qualità, serietà, eleganza. Creare un pubblico nuovo che possa innamorarsi del teatro, in modo totale, esattamente come è accaduto a me, in quello stesso luogo, tanti anni fa”.