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Editoria&Spettacolo, preziosa casa editrice che permette, ancora oggi, la lettura di testi teatrali di grandi autori e di drammaturghi contemporanei attraverso una proficua pubblicazione di volumi che fanno gola agli studiosi, agli attori e a chi

si occupa di drammaturgia e di teatro, ci regala il secondo volume della “Tetralogia del dissenno”, raccolta di alcuni dei numerosi testi firmati dal drammaturgo siciliano Rino Marino. La storia di Marino è interessante e, forse, poco conosciuta: laureatosi in medicina e chirurgia, si specializza in psichiatria, riversando questa sua particolare formazione all’interno delle storie e dei personaggi che lui descrive con minuzia di particolari. Ciò che sicuramente accende immediatamente l’attenzione del lettore e dello spettatore è la cura nella forma scrittoria, elegante, forbita, complessa, anche quando il drammaturgo sceglie la lingua siciliana. Conosciuto anche dal pubblico napoletano grazie al suo famoso e importante spettacolo “Ferrovecchio”, interpretato dal pluripremiato Fabrizio Ferracane, e anche "La Malafesta", Rino Marino è un autore schivo ed elegante, che si mostra realmente attento alla conversazione con il suo interlocutore e a ciò che gravita attorno alla produzione drammaturgica contemporanea, soprattutto gli studi sul teatro. Le prefazioni e introduzioni ai suoi volumi ne sono un esempio: all’interno del primo volume, pubblicato nel 2020, troviamo infatti una premessa di Vincenza Di Vita, preziosa studiosa che firma la curatela di entrambi i volumi e un’introduzione che, in realtà, la Di Vita trasforma in un vero e proprio saggio. All’interno del primo volume è fondamentale l’apporto fornito dalla lunga Premessa firmata da Luigi Lo Cascio che regala un’approfondita analisi dei quattro testi - “Ferrovecchio”, “Oraponobis”, “La malafesta”, “Il ciclo dell’Atropo” - descrivendo con attenzione le caratteristiche e i tratti salienti della scrittura e dei personaggi di Rino Marino. Il volume si chiude con un ulteriore approfondimento, ossia un saggio firmato da Giusi Arimatea che aggiunge altri elementi al percorso critico sui testi proposti. La stessa struttura viene rispettata anche all’interno del secondo volume, pubblicato alla fine del 2024, rivelando, dunque, il taglio di una curatela attenta e memore di una solida formazione accademica e scientifica. La seconda pubblicazione si apre con un’altra premessa di Vincenza Di Vita e da una ricchissima prefazione/saggio di Filippa Ilardo, che analizza con attenzione le peculiarità di ogni singolo testo riportato, ossia “Lunario”, “La consegna”, “Fiele”, “La Verma”, quest’ultimo in lingua siciliana. Alcuni dei testi di Rino Marino sono facilmente collocabili all’interno di una produzione teatrale che abbia come finalità il palcoscenico; altri, invece, appaiono come testi da lettura che tra le fibre scrittorie attraversano mondi inaspettati, filosofici, onirici, ricordando certamente la scrittura di Scaldati, ma poste su un piano drammaturgico concreto, attraverso aspetti anche dolorosi e realistici della vita stessa. È evidente un’attenta osservazione nei confronti delle modalità comportamentali di alcuni tipi di personaggi, spesso senza nome e solitari, secondo una tendenza molto diffusa all’interno della drammaturgia siciliana contemporanea. Apparentemente “vinti”, questi personaggi rivelano alcuni nodi fondamentali dell’esistenza umana e sembrano “dissennati”, vocabolo su cui Marino concentra l’attenzione ossessivamente. Il dissenno non è la pazzia patologica, è la mancanza di senno che è generata da qualcosa di traumatico, da qualche violenza esterna, dalla vita stessa che non è mai dolce con nessuno, dalla volontà, a volte, di estraniarsi dalle brutture e dalla ripetitività improduttiva della vita.  Questi personaggi comprendono l’essenza della semplicità, osservano il mondo con la chiarezza di chi ha perso quella ragione arida, imposta dall’esterno, comprendendo a fondo rispetto agli altri. Proprio Luigi Lo Cascio descrive questo meccanismo in maniera impeccabile: «Il medico psichiatra Marino salverebbe pertanto i privi di senno, perché unici a mantenere quella umanità autentica nella sua ingenua impertinenza e stranezza. È vero anche che lo scrittore e uomo di teatro Rino Marino non solo s’identifica nei suoi personaggi ma li adotta rendendoli dotti, attribuendo loro parole, muovendoli con una sapiente luce teatrale che deforma gesti ed espressioni, esibendoli in una mostruosità che ne perdona l’esistenza». La delicatezza e l’eleganza di questi racconti poggiano su una lingua di alto registro stilistico, spesso intessuta di vocaboli non arcaici, ma sconosciuti ad una cultura media ormai fortemente diffusa. L’attenta ricerca del vocabolo, a volte anche medico-scientifico, rende alcuni passaggi fortemente narrativi, creando una situazione interessante, per cui i testi in lingua siciliana sembrano più teatrali rispetto a quelli in lingua italiana, di natura fortemente narrativa. Del resto, sappiamo bene come la drammaturgia siciliana contemporanea sia orientata necessariamente e naturalmente verso una traccia sotterranea legata al racconto, pertanto Rino Marino è l’ennesimo esempio di ciò che stiamo analizzando in questi ultimi vent’anni di produzione drammaturgica meridionale. Le ambientazioni atemporali e i luoghi polverosi, quasi imbrigliati in un fermo immagine antico, il silenzio e il sussurro di questi personaggi che raramente urlano, come ci si aspetterebbe banalmente da una drammaturgia sul dissenno, l’attenzione, poi, ossessiva, per ciò che viene archiviato, per gli insetti, per gli archivi di persona, per le piccolissime cose che vengono conservate ossessivamente, rotte, malandate, impolverate, ma ricordate, sono tutti elementi emblematici della penna di Rino Marino. Sembra quasi che i personaggi si muovano senza fare rumore, attraverso passi ovattati che invitano lo spettatore e il lettore al ricordo, al pensiero profondo, alla lentezza del ragionamento. A tratti oscuri, questi dialoghi risentono della drammaturgia novecentesca internazionale, ma hanno una radice solida, che è quella meridionale, da cui questi autori non si distaccano mai. Spesso citato il Don Chisciotte di Cervantes, il cui dissenno ha fondato la maggior parte degli studi sul personaggio estroso e fuori dalle righe che ha caratterizzato la letteratura europea moderna e contemporanea. Il titolo di questi due volumi ricalca il modello greco, altro e profondo background che si evince all’interno degli scritti di Rino Marino. Se la raccolta in volume di quattro testi, tetralogia appunto, diventa poi una vera e propria raccolta di testi, vista la prolificità scrittoria del drammaturgo siciliano, ci aspetteremo dunque altri volumi ben curati, che possano ancora dimostrare quanto sia poetica e ricca la produzione drammaturgica siciliana contemporanea.

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Tetralogia del dissenno volume 2
di Rino Marino
Editoria&Spettacolo 2024
pagg. 166 € 16,00

Tetralogia del dissenno volume 1