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C’è nella nostra mente una congerie di materiali di molto più vasta dei pensieri, delle emozioni, dei ricordi, delle conoscenze che possiamo definire con consapevolezza. Si tratta di materiali e percezioni che abbiamo incontrato nella nostra vita, che

abbiamo percepito e immediatamente processato come inutili e quindi rimosso, lasciato andare. Un importante filosofo italiano ha voluto definire quest’insieme di materiali invisibili per la coscienza ed ha utilizzato la categoria dell’“indimenticabile”, ovvero ciò che non può essere dimenticato perché mai è stato registrato, mai posto nel cuore, quindi esterno alla possibilità di essere ri-portato nel cuore (giusta l’etimologia del verbo ricordare). La domanda che ci si potrebbe porre riguarda allora l’incidenza, nella costituzione della memoria e, latu sensu, della consapevolezza personale e culturale, di questa congerie di materiali inutili ma, forse, non (o non del tutto) inerti che albergano in noi. Si tratta di riflessioni utilizzabili nel tentativo di interpretare “The Headlands - I luoghi della mente”, lo spettacolo che si è visto a Palermo, nella Sala Grande del Teatro Biondo, dall’10 al 19 gennaio. Il testo messo in scena è di Christopher Chen, mentre traduzione, adattamento e regia sono di Simone Ferrari e Lulu Helbæk. In scena ci sono Shi Yang Shi, Joshua Maduro, Liyu Jin, Stefania Blandeburgo, Eletta Del Castillo, Francesco Sferrazza Papa, Antonio Alveario. Le scene sono degli stessi Ferrari e Helbæk e di Eleonora Peronetti. Si tratta di uno spettacolo interessante perché, nel confronto con la realtà contemporanea, la nostra realtà, e nel tentativo di rappresentazione mimetica di essa s’inerpica per strade nuove e poco frequentate: la convivenza in scena tra attori/personaggi appartenenti a diverse tradizioni culturali (cinesi e italiani insieme), l’esplorazione dei luoghi della mente in cui abitano i ricordi e forse quei materiali percettivi che abbiamo detto inutili, ma non inerti, la percezione della parzialità della memoria, che non solo è selettiva ma spesso è fallibile e persino ingannevole. Il tutto in un intreccio che vede al centro l’indagine del protagonista (il giovane Henry, impersonato da Joshua Maduro) relativamente a un mistero familiare tanto doloroso e tragico quanto sostanzialmente (e inutilmente) rimosso. Ciò che condiziona il personaggio non è solo quel mistero, ma tutto quel rimosso, quell’”indimenticabile”, per usare la categoria di cui si diceva prima, che magari non viene alla luce della consapevolezza ma ugualmente avvelena il nostro stare al mondo. Interessante, ma del tutto convincente? No, in effetti no: per il diseguale valore delle prove attorali e soprattutto per la una certa vaghezza, sul piano della forma, nel rappresentare i nessi logici della vicenda e i rapporti di potere. In questo senso anzi, nell’economia complessiva dello spettacolo, risultano abbastanza inutili gli apporti audio e video (molto colti, ma poco perspicui), mentre – come si è detto – appare davvero interessante la scenografia che rappresenta con elegante originalità la voragine labirintica interiore in cui sembrano perdersi i personaggi.

The Headlands. Palermo, Teatro Biondo, Sala Grande, dall’10 al 19 gennaio 2025. 
prima nazionale
di Christopher Chen, traduzione, adattamento e regia Simone Ferrari & Lulu Helbæk. Con Shi Yang Shi, Joshua Maduro, Liyu Jin, Stefania Blandeburgo, Eletta Del Castillo, Francesco Sferrazza Papa, Antonio Alveario. Scene di Simone Ferrari, Lulu Helbæk, Eleonora Peronetti. Costumi di Eleonora Peronetti. Luci di Pasquale Mari (collaboratore disegno luci Gianni Bertoli). Musiche Teho Teardo. Progetto video Leandro Summo. Riprese contenuti video di Marco Misheff. Aiuto regia Fred Santambrogio, consulente per la drammaturgia Giorgia Conigliaro. Produzione Teatro Biondo Palermo, in collaborazione con Foll.ia.

Foto Rosellina Garbo