“La rivoluzione (teatrale) non è un pranzo di gala”, ci ricorderebbe il quasi dimenticato “Grande Timoniere” della Cina moderna. Nel Teatro, infatti, c'è, da Eschilo a Shakespeare, da Antonin Artaud a Edoardo Sanguineti, carne e sangue e ben lo
richiama Giorgia Cerruti e questa compagnia, “La Piccola Compagnia della Magnolia” recente vincitrice del prestigioso premio Franco Enriquez, da anni impegnata e con successo in una sua estetica ricerca intorno al 'crudele corpo teatrale' (nel e del teatro ovviamente).
In “Cenci”, originale scrittura di Giorgia Cerruti che lo interpreta curando anche la regia, si aggira dunque da subito, in biciclettina con ruote ed in divisa evidentemente simil-manicomiale, il molto concreto e materico fantasma di un Antonin Artaud, esplicitamente indicato dalla drammaturga come sua prima ispirazione, fecondata e generata insieme a molte altre, che non citeremo ma di cui lo spettatore si accorge immediatamente, salvo riferire del poeta Percy Bysshe Shelley che della storia di Beatrice Cenci scrisse (citiamo dal foglio di sala): “sarebbe come una luce che illumina alcuni degli abissi più oscuri e impenetrabili del cuore umano”.
Una suggestione, quella artaudiana, sempre presente nella ricerca della “Piccola Magnolia” ma resa qui ancora più evidente in quanto, come noto, Antonin Artaud fu autore e protagonista di una storica e rivoluzionaria rappresentazione de “I Cenci”.
È la prima ma non unica chiave di una drammaturgia che apre molte porte a partire da quella della condizione femminile di cui la vicenda di Beatrice Cenci, giustiziata in piazza a Roma nel 1599 per aver ucciso il padre violento e abusante, è divenuta con il tempo simbolo scolpito nel marmo della ingiustizia di genere.
E poi quella del mistero del male che nessun Dio e nessuna Chiesa sembrano in grado di risolvere e che circola nel sistema sanguigno del mondo, ovvero della violenza che intride sia la vita dei rapporti più intimi, come quelli familiari, che la Storia che trascina e si trascina tra guerre innumerevoli e sempre infette, come giustamente ci viene ricordato su una scena senza infingimenti.
Nessun 'rinascimento' dunque, nessun riscatto da quella continuamente rinnovata linea di sangue che ha costruito e purtroppo continua a costruire, tra diseguaglianze sociali e di genere, sopraffazione di classe, trionfi del denaro e del potere, la Società in cui ci capita di vivere e dal sistema immunitario sempre più fragile.
Eppure anche oggi il femminile sembra una trincea che, ora come allora e come sempre, 'resiste, resiste, resiste', talora trascinando lo sguardo distratto che guarda altrove, per ignoranza e disinteresse ma anche per connivenza, e Beatrice Cenci lo dimostrò quando la sua decapitazione divise profondamente la Roma papalina di allora.
E con esso, continuiamo a sperarlo, l'arte ed il Teatro, quel sistema immunitario che abbiamo bisogno come comunità di recuperare.
La messa in scena di Giorgia Cerruti è un richiamo forte a quel nostro sguardo distratto, innanzitutto nel processo di smascheramento che attiva in scena quando i protagonisti apparsi in veneziane maschere colorate, se ne spogliano per mostrare il volto violento, il ghigno della loro funesta aggressività o anche l'umanità del loro sentire.
E poi nell'uso molto figurativo, quasi rinascimentale direi, del colore in cui domina il rosso di una passione trasfigurata in sangue, un uso mai simbolico che, come in Caravaggio più volte citato o in Artemisia Gentileschi a sua volta stuprata, è un 'mostrare diretto'.
Significativo al riguardo il ribaltarsi in scena dello sfondo rosso/nero nel grande arazzo che di Beatrice Cenci mostra la feroce 'decollazione'.
Insieme ad esso l'uso dei suoni che insieme fanno sound design ma singolarmente sembrano provenire dalle corde stesse di un sentimento che la parola, o la mimica o il movimento, faticano a rappresentare.
Paradossalmente la scena è spoglia ma insieme è straordinariamente barocca nella capacità di mostrare il vuoto che ci sforziamo di decorare con la logica dei nostri pensieri o con l'affettività delle nostre azioni.
In scena, oltre alla Cerruti che non dimentica di essere anche 'attrice' nella parte della matrigna di Beatrice, altri tre attori, tra cui il bravo Davide Giglio che è il 'pazzo' Artaud' e l'ex innamorato di Beatrice diventato Cardinale che la tradisce, capace come di consueto prima di 'sentire' e poi di 'recitare' qualunque personaggio.
Con loro, e più che all'altezza, una Francesca Ziggiotti dalle fattezza e dai modi (oltre che dai costumi) 'stranamente' contemporanei e che per questo è una Beatrice Cenci assai convincente, e un Francesco Pennacchia di una violenza mai sopra le righe ma sempre modulata da una dizione e da una mimica che aggancia il senso della parola rendendo questa violenza ancor più agghiacciante.
Uno spettacolo che mostra la grande qualità della scrittura letteraria e scenica di Giorgia Cerruti e che ci auguriamo abbia un giusto apprezzamento di pubblico. Alla sala Dialma Ruggero di La Spezia, usa ad accogliere la migliore ricerca teatrale, ospite de “Gli Scarti-Centro di Produzione” che in questo caso coproduce, il 1° Febbraio in unica replica. Poi a Brescia.
Il pubblico, eterogeneo, ha a lungo applaudito.
CENCI | Rinascimento Contemporaneo. Scrittura drammaturgica a cura di Giorgia Cerruti. Suggestioni da Shelley, Artaud, Stendhal, Dumas, Camus, Mary Shelley, Neige Sinno, Virginie Despentes e dagli atti del processo contro Beatrice Cenci. Regia Giorgia Cerruti. Regista assistente Alessia Donadio. Con Davide Giglio, Francesco Pennacchia, Francesca Ziggiotti, Giorgia Cerruti. Visual Concept e Disegno luci Lucio Diana. Maschere Lucio Diana, Adriana Zamboni. Sound design e fonica Guglielmo Diana. Tecnico luci Francesco Venturino. Costumista Serena Trevisi Marceddu. Realizzazione costumi Daniela Rostirolla. Danza storica Monica Rosolen. Organizzazione Emanuela Faiazza. Uno spettacolo di Piccola Compagnia della Magnolia, in coproduzione con Teatro Nazionale di Torino, CTB Centro Teatrale Bresciano, Sardegna Teatro, Scarti-Centro di Produzione, con il sostegno di Teatro Akropolis, in collaborazione con I.I.C. Istituto Italiano di Cultura di Marsiglia e Fundacja Teatr Wschodni/Lublino / Boarding Pass Plus Project.
Foto Andrea Macchia