Non capita così spesso che artisti protagonisti di un peculiare percorso di ricerca e autori di un idioletto personale ed incisivo decidano di mettersi alla prova collaborando fattivamente fra loro, aldilà della solida relazione di amicizia pluriennale
esistente. È quanto, invece, hanno scelto di tentare, con indubbio successo, i liguri Kronoteatro e la toscana Francesca Sarteanesi, portando in scena lo spettacolo Un po’ meno fantasma, di cui Sarteanesi è regista e coautrice della drammaturgia insieme a Tommaso Cheli mentre Tommaso Bianco, per la prima volta da solo in scena, ne è interprete. Condividere tematiche e linguaggi, modalità di abitare i personaggi e la scena per creare qualcosa che non sia la semplice somma delle due differenti poetiche bensì un nuovo, denso, idioletto per dipingere la realtà.
E qui il mondo è visto attraverso lo sguardo, malinconico ma lucidissimo, di Marcello, creatura sensibile – «la sensibilità è una condanna», afferma a un certo punto il protagonista – e suo malgrado solitaria. Una diversità che non è inettitudine né accidiosa apatia bensì vana ricerca di autenticità e che viene visivamente suggerita dall’ingombrante e loquace costume-scenografia in cui è letteralmente imprigionato l’interprete, immobile, in piedi al centro del palcoscenico spoglio. Una tuta multicolore ricoperta da strisce di tessuto simili a piume e, sulle spalle, punzoni che paiono ali ovvero appendici da magico unicorno: Marcello è creatura leggera e armoniosa come un uccello in volo, di cui condivide la prospettiva sulla realtà, dall’alto, distaccata e coinvolta allo stesso tempo. Un approccio all’esistenza testimoniato dal racconto del protagonista, una narrazione plurale, nella quale intervengono le voci di coloro che Marcello incontra nella propria quotidianità: datori di lavoro e colleghi, lo zio, la nonna e il padre, e soprattutto il merciaio, anima affine, in quanto anch’egli paziente e capace di osservare e dedicare attenzione a quei dettagli che, apparentemente insignificanti, definiscono il senso di una vita. Tommaso Bianco, con ammirevole flessibilità, trascorre dalla voce bassissima di Marcello alle differenti inflessioni dialettali dei vari personaggi evocati, assecondando una precisissima partitura sonora, in cui le pause, spesso prolungate, acquistano sonora rilevanza, tanto quanto le parole pronunciate. Una qualità musicale drammaturgicamente pregnante, capace quasi di scontornare con chiara evidenza le parole, scelte con cura anche per la loro potenzialità evocativa. Il dettaglio, fondamentale per Marcello nella percezione di quanto avviene nella sua esistenza, è ricercato ed esaltato dalla drammaturgia, che si concentra su macchie di frutta sull’asfalto, gallette di riso ovvero bottoni: aggettivi, nomi comuni che divengono prismi riflettenti emozioni e riflessioni non scontate. Così come non prevedibile era l’esito dell’incontro artistico fra Sarteanesi e Kronoteatro ma mettersi in gioco con generosità e autenticità non può che portare a una maturazione professionale e umana di cui noi spettatori siamo coinvolti e grati testimoni.
Un progetto di Kronoteatro + Francesca Sarteanesi. Ideazione di Tommaso Cheli. Drammaturgia di Tommaso Cheli, Francesca Sarteanesi. Regia di Francesca Sarteanesi.
Scene e costumi di Rebecca Ihle. Supervisione progetto di Maurizio Sguotti. Con Tommaso Bianco. Produzione: Kronoteatro; in coproduzione con Teatro Nazionale di Genova;
con il sostegno di PimOff, Spazio ZUT!, L'arboreto/Teatro Dimora, Teatro Moderno di Agliana, Gli Scarti/Fuori luogo.
Visto al Teatro Elfo di Milano il 20 febbraio 2025
Foto di Luca Del Pia