Non solo l’arte, ma la stessa civiltà umana appaiono oggi sotto assedio, anche a causa della propria atavica incapacità di “imparare” dal passato; ma il teatro, linguaggio antichissimo e nato contemporaneamente alla consapevolezza della
necessità di esplorarsi e di rappresentarsi per potersi, forse, salvare, può essere egli stesso capace di assediare, non soltanto istituzioni farraginose e sovente inumane come le patrie galere, bensì anche la nostra distratta società. Questa la premessa dell’energico e “vero” progetto drammaturgico ideato e sviluppato dal modenese Teatro dei Venti a partire pure dalla propria pluriennale esperienza di lavoro all’interno delle carceri di Modena e di Castelfranco Emilia. Un progetto
diventato realtà grazie agli Abitanti Utopici del Teatro dei Venti, una comunità formata da quelli che sono molto più di semplici volontari, e dalla coproduzione di ERT / Teatro Nazionale.
L’”assedio”, dunque, quale filo rosso di tre tragedie – Edipo Re e Antigone di Sofocle e Sette contro Tebe di Eschilo – incentrate sul mito di Edipo e dei suoi figli e punto di partenza per una riscrittura, asciutta e fedele, realizzata da Stefano Tè, anche equilibrato ed efficace regista della Trilogia; dall’autore, attore e regista Vittorio Continelli e dalla poetessa Azzurra D’Agostino. Tre diversi testi e altrettanti spettacoli a unire i quali, nondimeno, è ben riconoscibile un legame narrativo e tematico che li configura quali capitoli conseguenti di un’esiziale ed esemplare sagra familiare. Un’unità scenicamente garantita dalla figura del leggendario indovino Tiresia – mantello scuro, una scarpa da uomo e una donna a suggerirne il destino, anticipatore del novecentesco Orlando – che è tanto interlocutore dei vari personaggi quanto narratore-raisonneur, disincantato ma non cinico osservatore di quella vocazione all’autodistruzione che pare affliggere l’umanità.
Accanto a Tiresia, i protagonisti delle tre tragedie e, ovviamente, il coro, in tutte e tre le parti – andate in scena in serate diverse e, per due domeniche, l’una di seguito all’altra nel corso di coinvolgenti maratone – schierato sul fondo del compatto palcoscenico del Teatro delle Passioni. Un cast nutrito e formato da un fluido amalgama di attori professionisti del Teatro dei Venti, allievi dei suoi laboratori e partecipanti dei percorsi artistico-formativi condotti dalla compagnia all’interno della Casa di Reclusione di Castelfranco Emilia e nelle sezioni maschile e femminile della Casa Circondariale Sant’Anna di Modena. A Castelfranco il Teatro dei Venti ha lavorato alla realizzazione di Edipo Re; nella sezione maschile del carcere di Modena, invece, è stato creato Sette contro Tebe; mentre nella sezione femminile è stato allestito Antigone. La rigida e complessa burocrazia carceraria ha, purtroppo, negato il permesso all’uscita dal carcere alle attrici che avrebbe dovuto essere protagoniste dell’ultimo capitolo della trilogia: un “incidente” che, pur causando l’annullamento delle singole repliche serali, non ha impedito la messa in scena anche di quella terza parte durante la maratona cui abbiamo assistito. Alcune attrici e allieve del Teatro dei Venti hanno sostituito le interpreti previste – che, spiega il regista Stefano Tè prima dell’inizio dello spettacolo, hanno chiesto che la “loro” Antigone potesse comunque vivere sulla scena – mentre gli interpreti dei due lavori precedenti si sono compattati in un potente coro di supporto.
Il rapporto fra personaggio e coro, fra singolo e comunità è, d’altronde, uno dei nuclei tematici attorno ai quali gli autori hanno costruito una drammaturgia concisa eppure densa; lineare e netta eppure capace di contenere le infinite problematicità evocate dal mito tragico. Le vicende di Edipo, dei suoi figli Eteocle e Polinice così come delle figlie Antigone e Ismene, vengono ridotte al loro scheletro significativo: l’impossibilità di conoscere davvero fino in fondo sé stessi; l’accecante brama di potere ma anche la rivendicazione infantilmente ostinata di presunti diritti; la giustizia atavica, del sangue, contrapposta a quella della polis. Contenuti che, non soltanto risuonano nella biografia di tutti gli interpreti - professionisti e non, di età, provenienze e fisicità differenti e nondimeno di vitale ed eloquente carnalità – che abitano il palcoscenico dei tre serrati spettacoli; ma attivano riflessioni non estemporanee negli spettatori, membri di quella medesima comunità che si sta mettendo in scena, reiterando così il rito ancestrale del teatro quale occasione privilegiata di dibattito e di autoanalisi da parte della società. E se oggi sarebbe anacronistico auspicare un’oramai impossibile, consequenziale, catarsi, la Trilogia dell’Assedio è tuttavia percorsa dall’intento, tutt’altro che utopistico, di illuminare scomode zone d’ombra della nostra civiltà. Non ci riferiamo però tanto all’ambiente carcerario - humus in cui il progetto si è sviluppato e di cui si è nutrito, acquisendo solida materialità grazie allo scambio, paritario, fra formatori e partecipanti al percorso laboratoriale – quanto piuttosto a quel progressivo scivolare verso l’inumanità di cui fingiamo di non renderci conto.
Regia di Stefano Tè. Drammaturgia di Vittorio Continelli, Azzurra D’Agostino, Stefano Tè.
Bozzetti della scenografia e dei costumi a cura di F. M. Costumi di Nuvia Valestri. Musiche di Irida Gjergji, Igino L. Caselgrandi, Tonino La Distruzione. Prod.: Teatro dei Venti; in coproduzione con Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, e con il Coordinamento Teatro Carcere Emilia Romagna; con il sostegno di Ministero della Cultura e Regione Emilia-Romagna; con il contributo di Fondazione di Modena all’interno del progetto Abitare Utopie; con il contributo di BPER Banca. Spettacoli prodotti nell'ambito di AHOS - All Hands on stage, progetto co-finanziato da Creative Europe. I laboratori permanenti delle Carceri sono finanziati dalla Cassa delle Ammende.
Visto al Teatro delle Passioni di Modena il 23 febbraio 2025
Foto di Chiara Ferrin