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Da qualche tempo c'è un luogo nuovo nel centro di Genova, in quel centro che vide nascere nella saletta di Piazza Marsala il Teatro Stabile, un luogo così prossimo eppure così straordinariamente estraneo come solo le crêuze cittadine possono essere

estranee rispetto alla contemporanea disattenzione verso le cose interiori ed intime. 
Parliamo della “Associazione Ottavio Cirio Zanetti” che la critica teatrale, studiosa, scrittrice e anche drammaturga Rita Cirio ha dedicato al figlio, cinefilo e regista studioso di cinema che soprattutto a Roma ha creativamente operato, prematuramente scomparso.
Così, se vogliamo restare in metafora, in Salita Inferiore San Rocchino 3, a Genova ovviamente proprio a lato di Piazza Marsala, si è per così dire ri-accesa una luce che mescola i colori del cinema, con quelli della cultura e del teatro felicemente amalgamati da una doppia finalità benefica, con un premio destinato ad un elaborato su cinema o teatro riservato agli studenti delle scuole superiori, nonché con il finanziamento di una borsa di studio annuale per un ricercatore o una ricercatrice nel campo dello studio e della terapia dei tumori rari, affinché sempre meno volte possa accadere ciò che è accaduto a Ottavio Cirio Zanetti.
Questo luogo, piccolo ma io credo di grandi e, ne sono convinta, anche giuste ambizioni, sospeso tra il salotto letterario di inizio '900 ed una 'Cantina Romana' dei ruggenti anni '60', inaugurato nel settembre del 2023 accoglie dunque cinema e teatro in forme oggi inabituali, le forme cioè di una prossimità e condivisione che rende le diverse percezioni dei partecipanti permeabili e reciprocamente fruttuose.
Speriamo che questa in fondo antica novità sappia catturare lo sguardo a volte distratto del pubblico genovese, soprattutto nella sue fasce più giovani e anche più 'latitanti', forse per colpa di Istituzioni culturali e scolastiche spesso poco attente.
Martedì 25 febbraio ha ospitato, riempiendosi in ogni ordine di posti, la novità assoluta di “Scrivi che mi ami” una drammaturgia di Rita Cirio, che non era ancora andata in scena, tratta dall'omonimo volume che, a cura di Werner Fuld e Thomas F. Schneider, raccoglie la corrispondenza tra Erich Maria Remarque e Marlene Dietrich, anzi per meglio dire solo quelle di lui in quanto le risposte di lei sono andate in gran parte perdute, bruciate nel rogo della gelosia dell'ultima moglie dello scrittore, Paulette Goddard.
Interprete misurato e intenso  Enrico Campanati, che è stato lettore, ragionatore, nostalgica memoria e custode del presente, e che ha saputo interpretare con maestria i protagonisti e le vicende che dal 1937 al 1970 hanno caratterizzato la controversa e contraddittoria relazione tra il romanziere e l'attrice.
Ma forse proprio la mancanza delle risposte della Dietrich costituisce non un limite della scrittura drammaturgica  ma bensì una sua opportunità creativa, in quanto consente di sottrarre la narrazione scenica ai confini di una vicenda meramente biografica, pur se, come è, storicamente accompagnata e attestata, per liberarla negli spazi dell'immaginazione, grazie alla quale ciò che ascoltiamo (e vediamo) non sono uno scrittore ed una attrice che si amano, si inseguono ma insieme si sfuggono, ma è l'immagine dell'una che compone l'immagine dell'altro, oltre la psicologia stessa della relazione dunque.
Un racconto di amore tra due amanti il cui nome in fondo non ha alcuna importanza e che forse non è mai esistito.
Ciò che ascoltiamo, infatti, non è solo o tanto letteratura è soprattutto teatro, immaginazione che filtra i sentimenti e da questi distilla l'umanità profonda e anche dolente dei suoi veri protagonisti che non sono quelli storici, ma sono o diventano quelli che vivono in scena liberati dalla pagina scritta.
Così, in questo semplicemente intenso spettacolo, se Erich Maria è la parola, Marlene, grazie ai bei video e alle foto che accompagnano il monologo ovvero nella musica e nel canto di quella sua voce inimitabile, è l'immagine di quella parola e la sua cinematografica colonna sonora che insieme precipitano nel Campanati attore, narratore e ragionatore anche un po' indiscreto di fronte ad una porta chiusa.
Uno spettacolo da salotto capace però di risonanze inattese e pure di suggestioni tutt'altro che scontate. Uno spettacolo che anche negli applausi è stato di condivisione.
SCRIVI CHE MI AMI di Rita Cirio, con Enrico Campanati.