Ci sono spettacoli il cui processo di formalizzazione sembra non essere mai arrivato a conclusione, sembra esser stato lasciato aperto a bella posta per un’ossessione irrisolta di verità e/o per un eccesso di responsabilità e di riflessione critica. Sono spettacoli che lasciano intuire e persino vedere fisicamente tutti i campi di tensione
morale, intellettuale, politica, estetica, filosofica che hanno accompagnato la loro elaborazione, il passaggio dall’idea di base alla concreta realizzazione nei corpi degli attori e sulle tavole del teatro. Therese di Stefano Ricci, prodotto dal Teatro Biondo di Palermo, è uno di questi spettacoli. Si tratta di una interessante scrittura teatrale liberamente ispirata a Teresa Raquin, il celebre romanzo del 1867 col quale Émile Zola, sostanzialmente, diede inizio alla stagione del naturalismo determinista della letteratura europea e che è forse un’opera che, nella sua disperata morbosa durezza, meriterebbe una notorietà capace di oltrepassare gli studi scolastici. In scena ci sono Donatella Finocchiaro, Alberto Carbone, Giulia Eugeni, Alessandra Fazzino, mentre l’operatore di camera che lavora a vista è Giulio Magazzù e i movimenti sono firmati da Stellario Di Blasi.
Un lavoro interessante, e non è un eufemismo: lo è davvero. È denso di pensiero pur rischiando un (quasi inevitabile) cerebralismo che lo spegne e lo fa apparire algido e alquanto respingente. La storia di Teresa Raquin è ripensata come incardinata nella realizzazione di un film e catturata nel passaggio da letteratura a teatro e a cinema. E già questo non è poco: il passaggio dal linguaggio letterario narrativo a quello teatrale e poi a quello filmico implica una vertiginosa serie di riflessioni estetiche e culturali che si accampano come visibilissimi fantasmi sulla scena. Il centro concettuale, non solo formale, di questo allestimento è quindi l’ossessivo lavoro di destrutturazione di ogni immagine e di ogni segmento di senso, per proporre al pubblico un percorso di riflessione sui temi del male, del desiderio frustrato e appagato, della miseria morale e materiale, della fragilità, dell’amore malato, del tradimento, del rimorso, della gestione della colpevolezza e della responsabilità. Non sono solo temi però, riflessioni puramente teoriche, ma parole immagini gesti, inquadrature che restano fissate più di quanto un’azione teatrale potrebbe supportare, immagini parallele e contemporanee all’accadere dell’azione scenica sopra e sotto il grande palcoscenico inclinato, volti e corpi che si scontrano e si incontrano, cenni (molto raffinati per la verità) di danza. Altrettanto interessante è il trattamento del dato temporale, dei tanti piani di accadimento di quanto è narrato dal romanzo e di quanto accade in scena e dietro e sotto la scena, di quanto viene rivelato o registrato dalla telecamera: non si tratta soltanto di uno sguardo soggettivo che dilata, sintetizza e incrocia i singoli tempi, ma proprio di una modalità sincronica di espressione della realtà che interroga moralmente e politicamente ogni segmento di tempo vissuto in scena. E poi, certo, ci sono gli attori e il loro lavoro, il loro mettersi in gioco performativo: serio, generoso ed evidentemente anche molto faticoso, ma strutturalmente insufficiente perché, se uno spettacolo nasce proprio sull’idea di decostruire criticamente ogni minima possibilità di forma e, conseguentemente, di non approdare a un concluso stato di formalizzazione, il lavoro degli attori non può che dispiegarsi senza bussola e dar l’idea di girare a vuoto. Vale per tutti gli artisti in scena, ma vale soprattutto per Donatella Finocchiaro nel ruolo di Therese: si è mossa da gran professionista, qual è, ma non poteva aderire efficacemente a (o incarnare) un modello caratterizzato da grande incertezza e con un visibilissimo e incolmabile iato determinato proprio dalla sua importante e riconoscibilissima caratura attorale.
Therese
dal 21 febbraio al 2 marzo 2025 Teatro Biondo Palermo, Sala Grande. Prima nazionale. Ispirato a Thérèse Raquin di Émile Zola. Testo e regia di Stefano Ricci, con Donatella Finocchiaro, Alberto Carbone, Giulia Eugeni, Alessandra Fazzino. Operatore di camera Giulio Magazzù. Movimenti di Stellario Di Blasi. Musiche di Andrea Cera. Scene di Eleonora De Leo. Costumi di Gianluca Sbicca. Light designer Gianni Staropoli. Assistente alla regia Liliana Laera. Direttore di scena Sergio Beghi. Produzione del Teatro Biondo di Palermo, Crediti fotografici: Rosellina Garbo.