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Una stretta vasca da bagno e una piscina sono gli spazi – fisici ed evidentemente simbolici – in cui prende vita il monologo, violentemente concreto e nondimeno grottescamente onirico, di Nicholas, un giovane il cui sogno di diventare campione di nuoto è stato infranto da un’infanzia affettivamente misera e da un episodio di

bullismo… Il testo scritto e diretto dall’attore, drammaturgo e regista Dino Lopardo - finalista all’edizione 2024 di In-Box e Premio di Drammaturgia SuiGeneris | Torino Fringe Festival – è una sferzante e allo stesso tempo ardente istantanea di una realtà meschina e violenta, dominata dall’ipocrisia e dalla necessità di soddisfare bisogni primari, quali la fame, ma anche di ribadire la presunta superiorità dei “forti” sugli apparentemente deboli. 
Nicholas – magistralmente incarnato dal giovane Mario Russo, coadiuvato in scena da Alfredo Tortorelli, che dà muto corpo ai personaggi man mano evocati dal protagonista – vive con il fratello Samuele, probabilmente affetto da sindrome di Down, in casa degli zii, dopo l’abbandono da parte della madre. Un ambiente domestico segnato dall’inevitabile rancore ma, soprattutto, da miseria intellettuale e ristrettezza mentale: la centralità del cibo – esemplari le descrizioni dei pasti, dei cui avanzi si nutrono famelici gatti selvatici -, le urla e gli insulti, l’anaffettività e la desolata solitudine dei due fratelli. Una condizione claustrofobica oggettivata dalla vasca da bagno in cui il protagonista pare vivere, con la sola compagnia di una paperella di pezza, infantile consolazione e allo stesso tempo vittima dei suoi disperati scoppi d’ira.  
Una via di scampo dalla desolazione della casa degli zii parrebbe essere la piscina ma anche qui dominano squallore e odore di putrefazione: la descrizione degli anziani della rsa portati a nuotare ma anche il biondo istruttore che vomita la propria frustrazione sui ragazzini che ne frequentano i corsi, non curandosi degli orrendi atti compiuti ai danni di Samuele e di cui lo stesso Nicholas è atterrito ma passivo testimone. E anche ora che la piscina è stata chiusa a causa di squallide questioni legali, la sua ombra di spettrale miseria incombe su Nicholas, condannandolo a un’esistenza di livida infelicità, malgrado la cura riservata al proprio corpo e il tentativo di evadere, dalla casa e soprattutto dai ricordi dell’infanzia.
Dino Lopardo racconta questa storia di degrado e violenza, desolatamente priva di catarsi, elaborando un particolare linguaggio, impastato di dialetto e di carnale visionarietà ma anche di pungente ironia e comicità grottesca. Una drammaturgia verbale completata da una costruzione visiva di simbolica e, in alcuni sipari, onirica pregnanza – la silhouette della zia, un’arcaica e grottesca “masca” ma anche il corpo ripiegato su sé stesso del fratello. Lopardo crea così uno spettacolo mai retorico né immediatamente empatico bensì crudo e tutt’altro che consolatorio, interrogante e percorso da una forse fastidiosa ma indubbiamente necessaria verità. E non è poco…  

Testo, regia, scene e luci di Dino Lopardo. Aiuto regia di Amelia Di Corso. Con Mario Russo e Alfredo Tortorelli. Prod.: Gommalacca Teatro; sostegno all’allestimento di Collettivo Itaca; con il sostegno di Residenza artistica Il filo immaginario. 

Visto a San Pietro in Vincoli, Torino, l’8 marzo 2025 nell’ambito del cartellone di Fertili Terreni Teatro. 

Foto  Giulia Bartolini