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Dieci giorni di repliche sono un bel traguardo e, soprattutto, un regalo rivolto a tutti quegli spettatori che non hanno avuto la possibilità di essere presenti al debutto dello spettacolo, a giugno scorso, all’interno del cartellone dell’ormai famoso “Pompei

Theatrum Mundi”, il 23 e 24 giugno 2025.  Ritorna, dunque, in scena, dal 6 al 16 marzo, durante la stagione invernale, all’interno del teatro San Ferdinando, l’ormai famoso DE RERUM NATURA. THERE IS NO PLANET B. Non dispiace la versione allestita sul palcoscenico eduardiano attraverso la magia della regia di Davide Iodice che esplode suggestiva, all’interno dell’oscurità del teatro. Effetti e giochi di luce che raccontano storie reali e simboliche dialogano con i personaggi, in un continuo alternarsi e scontrarsi tra antico e moderno. La drammaturgia di Fabio Pisano è complessa, ricca, articolata, secondo un’evoluzione che persegue negli ultimi anni, è colta ed elegante e rende la narrazione scenica ricca di citazioni non sempre raccolte dal pubblico, è prolissa in alcuni momenti che, in verità, dovrebbero essere alleggeriti. La ricchezza dello spettacolo e di tutte le metafore e delle tematiche trattate, richiedono una visione attenta, silenziosa, accurata. Il dialogo scenico si articola tra la drammaturgia fortemente concreta e la regia, allusiva, immaginifica, che serve da collante e da collegamento tra passato, presente e, inevitabilmente, futuro. Il discorso parte dall’immagine di una ipotetica Greta Thunberg che osserva con occhi sbarrati il mondo circostante, indossando un cartellino al collo su cui leggiamo “Futuro”.  Il palcoscenico del San Ferdinando è ricoperto dalla terra e un accampamento di pastori, con pecore e fuoco notturno, si staglia nella notte del deserto e dei tempi. Tre donne vestite di nero, come indovine o streghe di memoria shakespeariana, parlano del passato e incarnano le parole del “De Rerum Natura” di Lucrezio, testo latino liberamente interpretato dal drammaturgo Pisano e dal regista Iodice, per arrivare, poi, al testo drammaturgico ufficiale, recentemente pubblicato da Editoria&Spettacolo. Doveroso sottolineare la bravura interpretativa e l’utilizzo della splendida voce da parte di Aida Talliente, Ilaria Scarano e Carolina Cametti, donne berbere d’altri tempi che si mascherano e si smascherano, interpretando anche altri personaggi. In particolare, emerge una splendida Talliente, che sollecita l’attenzione degli spettatori e li affascina e commuove grazie alla sua presenza atavica e alla sua voce suadente. Il rapporto tra il testo latino e la contemporaneità è costruito attraverso un filo conduttore rappresentato dal legame uomo-natura. Limitare il discorso ad una semplice, seppur necessaria, osservazione sull’inquinamento, sulla sostenibilità e sulla decadenza della Terra, sarebbe banale. Il legame tra l’uomo e la Terra si sta sfilacciando, entrambi non riescono a comunicare, si scontrano, provano a sopravvivere, dimenticando di essere profondamente legati e correlati. Il concetto di umanità sembra minacciato e viene quindi osservato in maniera ribaltata, attraverso gli effetti negativi. Gli episodi narrati descrivono scenicamente alcune malattie del mondo: le grandi sequoie abbattute; la siccità della terra che viene arata e lavorata dai nuovi schiavi agricoli; gli animali perseguitati e uccisi sulla banchisa in scioglimento; i migranti e il futuro dei loro figli. La drammaturgia, dunque, è costruita attraverso blocchi, nettamente visibili nella lettura cartacea, evidenti anche sulla scena, ma resi più fluidi dal ricamo registico e dall’interpretazione degli attori. La rilettura integrale del “De Rerum Natura” lucreziano è necessaria, sebbene l’estrapolazione di alcuni passi, inseriti all’interno dello spettacolo, rende comunque evidente la solennità linguistica e la riflessione antica. Il contrasto linguistico, infatti, sottolinea ancora di più l’osservazione rivolta all’uomo e alla Terra: l’uomo moderno sottovaluta le conseguenze della distruzione di ogni rapporto con la Natura, a differenza dell’immagine lucreziana, ispirata alla filosofia epicurea che, seppur fortemente criticata nell’antichità, descrive con rara bellezza gli elementi della natura, l’abbraccio del cielo, la visione straordinaria delle stelle, il rapporto viscerale tra uomo e natura. Anche il ritmo recitativo alterna lentezza e concitazione, ansia e preoccupazione: le donne berbere raccontano l’antico accarezzando l’immaginazione e l’udito degli spettatori, gli altri personaggi frammentano questa dolcezza, i toni si trasformano, le urla a tratti si sovrappongono. Nel corso dello spettacolo emergono citazioni e immagini pittoriche, numerosi riferimenti cristologici, dal povero contadino migrante che trasporta una croce, reale e simbolica, attendendo la pioggia come nuovo Messia che possa nutrire l’anima della terra, mentre il suo padrone non riconosce il dolore del suo schiavo, alla donna che arriva sulla terra arida, affrontando i pericoli del mare, mentre sbarca come botticelliana figura. Indossa, poi, un manto azzurro e tiene in braccio un neonato, simbolo del futuro e della rinascita, come una vergine simbolica, la Madre Terra, “Venere” come viene definito questo personaggio. La donna in questione è presente durante tutto lo spettacolo, è nuda, bianchissima, glabra, senza capelli, vaga per la Terra e osserva disperata ciò che sta accadendo. La Bellezza del mondo si è spogliata di tutto e rischia di sparire. Viene ritrovata sotto le macerie del mondo attraverso due personaggi ingenui e stolti, dei becchini amletiani, animaleschi, dalla risata da iena, coloro che scovano e mangiano i brandelli di cadaveri e che sono pronti ad affondare le loro mani nel corpo della donna-Bellezza. Saremo in grado di salvare il mondo? Greta torna in scena e riversa parole e frasi, sveglia le coscienze, provoca gli spettatori: la giovane attrice Greta Domenica Esposito - non a caso si chiama davvero Greta! – si cala e si immerge ancora una volta nei panni di un personaggio semplicemente definito “Ragazza”, chiudendo lo spettacolo attraverso il lungo discorso appassionato di Greta Thunberg, con la partecipazione straordinaria di Orchestrìa (vi invito a documentarvi su questo progetto). Un lavoro, dunque, corale per una coralità che appare sorda, distratta, poco attenta, sin dall’inizio dello spettacolo, quando a scena aperta, una delle donne narratrici, per lunghi minuti, disegna cerchi e simboli sulla nuda terra dell’accampamento, mentre gli spettatori si accomodano, continuano a chiacchierare e a giocherellare con gli smartphone, noncuranti della profonda concentrazione di cui hanno bisogno gli attori in scena. Un plauso è rivolto sicuramente a tutti gli artisti che, dietro le quinte, hanno lavorato ai molteplici costumi, alle splendide scene, alle maschere, ai pupazzi e alle fondamentali luci che hanno rivelato un poter maggiore in questa versione allestita in un teatro al chiuso: Daniela Salernitano, Tiziano Fario, Francois Hamelin. Un’attenzione particolare è rivolta alle musiche originali, tocco di classe all’interno di una narrazione che, in alcuni momenti, si spinge verso verità universali e si mostra profondamente filosofica, in altri momenti degrada verso il basso, mostrando la ferocia umana. Come riporta il titolo, ci rimane ancora un “piano B” o non esiste un “Planet b”?

DE RERUM NATURA
THERE IS NO PLANET B
Teatro San Ferdinando Napoli
6-16 marzo 2025
DE RERUM NATURA
[There is no planet B]
liberamente ispirato al De Rerum Natura di Tito Lucrezio Caro
ideazione, adattamento e regia Davide Iodice
drammaturgia Fabio Pisano
con (in o.a) Aida Talliente (La Natura/Prima Donna di Lesbo/Mamma Orsa),Ilaria Scarano (Seconda donna di Lesbo/Emilia), Carolina Cametti(Terza donna di Lesbo/La donna sull’albero), MariaTeresa Battista (Venere),Greta Domenica Esposito (Ragazza), Sergio Del Prete (Ministro/Pacific Lumber), Wael Habib (Bracciante/altre figure), Giovanni Trono (Padrone/altre figure), Marco Palumbo (Striato, altre figure), Emilio Vacca (Protele, altre figure)
e con la partecipazione straordinaria di ORCHESTRÌA Marco Fuccio, Giancarla Oliva, Chiara Alina Di Sarno, Giuseppina Oliva, Tommaso Renzuto Iodice, Simone Rijavec, Laura Errico, Alessandro La Rocca, Paola Gargiulo, Antonella Esposito, Massimo Renzetti, Guglielmo Gargarella, Dmitry Medici, Nicolas Sacrez, Lucrezia Pirani, Melina Russo, Giulio Sica, Francesco Cicatiello, Alina Shost, Giulia Caporrino, Daniele Rensi, Ilaria Giorgi, Giulia Albero, Giorgio Albero
[progetto speciale di musica inclusiva dell’associazione FORGAT ODV all’interno della Scuola Elementare del Teatro – Conservatorio Popolare per le arti della scena, a cura di Francesco Paolo Manna, Antonio Fraioli, Eleonora Ricciardi]
scene maschere e pupazzi Tiziano Fario
costumi Daniela Salernitano
luci Loic Francois Hamelin
musiche originali Lino Cannavacciuolo
assistente alla regia Carlotta Campobasso
scenografo collaboratore Marco Di Napoli
assistente costumista Ilaria Carannante
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
questo spettacolo è dedicato alla memoria della Dott.ssa Annamaria Ciarallo, botanica.

Foto Ivan Nocera