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Tutto è cominciato con “Il catalogo delle donne valorose” di Serena Dandini – notevole e di grande impatto- , da cui Lella Costa – che ne è anche la protagonista – insieme a Gabriele Scotti hanno tratto questa scrittura scenica originale. E’ in scena fino al

23 marzo (Teatro Carcano di Milano, corso di Porta Romana, 63) un catalogo lunghissimo di donne più o meno note ma assolutamente rilevanti nella vita culturale, scientifica o pratica dell’umanità. Dalla pattumiera a pedale di Lillian Gilbreth alle pene d’amore in greco antico di Saffo, dal tergicristallo di Mary Anderson alle premio Nobel per la fisica e la chimica, dalla ghigliottinata Olympe de Gouges a Tina Anselmi, Martha Graham, Rita Levi Montalcini per un lungo elenco.
Non una rappresentazione vera a propria, nessuna narrazione vera né voluta, ma solo delle pennellate qua e là, a volte con una gonna che si solleva, a volte una citazione, a volte un gesto e una postura. Mentre il nome di colei che viene rappresentata campeggia a lettere giganti e digitali in scena, Lella Costa plana da una all’altra, strizza l’occhio all’attualità, nebulizza ironia fine e grazia su una umanità femminile che risulta inesorabilmente vincitrice nonostante i tentativi di oblio imposti dalla società maschile.
L’obiettivo non è raccontare storie ma mostrarne una sola, quella del nostro mondo affetto dal peccato originale della discriminazione. E’ l’assenza di obiettività nel riconoscere alle donne parità di ruolo e importanza degna di grandi incarichi o scoperte, al punto che se il risultato concreto è lì davanti agli occhi, se il sabotaggio non funziona resta sempre il velo del silenzio da far calare su colei che ha osato tanto.
La regia di Serena Sinigaglia, scabra ed essenziale, valorizza la presenza scenica di Lella Costa, che ora volteggia, ora ammicca e ora balla davvero, assurgendo la danza libera e spontanea a simbolo di libertà da ciò che è misconoscenza. E il pubblico gioca a riconoscerle, rumoreggia con piacere nello scoprirle così grandi e sacrificare dietro a uomini tanto celebri, si meraviglia di quanto abbiano fatto senza che lo immaginassimo. Già, appunto.