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Una bella storia d’amore, a raccontarla, funziona sempre, funziona con qualunque medium d’arte a condizione che sia proposta con intelligenza, con grazia e che sia ben incastonata nella realtà e nella realtà trovi alimento. Se poi ci si china ad

osservare con attenzione il complicato, e qualche volta durissimo, combattimento che può legare stretti due amanti, talvolta indissolubilmente, talvolta no, ciò che resta difficile da capire è quanto vi sia di “naturale”, cioè di legato alla dimensione strutturale e fisica dell’essere amanti e stare insieme vivendo, respirando e desiderandosi all’unisono, e quanto invece vi sia di storico, culturale, in una coppia, ovvero quanto la modalità con cui si sta in coppia dipenda dal nostro essere immersi in una cultura e partecipi di essa. Sembra un’inchiesta facile da svolgere, anche banale per certi versi, invece è maledettamente difficile portarla fino in fondo, rispondere alle domande che essa pone esplicitamente e implicitamente. Ciò che appare, anche solo superficialmente, naturale è invece quasi sempre la reazione attuale e storica a uno o a più archetipi culturali che non sono affatto paradigmi inerti e vuoti, ma strutture di senso vive che ci condizionano fortissimamente. In parole povere, poverissime anzi, è difficilissimo capire la sostanza di ciò che accade tra due persone che si amano, però da questo tipo di relazioni passa così tanta umanità che è necessario continuare a studiarle queste relazioni, provare a capirle se vogliamo continuare a dirci umani. È una riflessione che facilmente sorge in margine a “Polmoni” lo spettacolo che si è visto venerdì 29 maggio a Castrovillari (Teatro Sybaris), nel contesto di Primavera dei Teatri XXV. Il testo è di Duncan MacMillan nella traduzione di Matteo Colombo, in scena ci sono Michele De Paola e Marisa Grimaldo. La regia e curata dagli stessi attori insieme con Giovanni Malafronte. Si è utilizzata la parola “combattimento” e forse è la parola giusta per definire anche ciò che accade in scena nel corso di questo spettacolo: in un’ora e mezza si dispiega la storia di due trentenni (“U” e “D”) che s’innamorano, stanno insieme, provano il dolore inaudito e lacerante di una gravidanza desiderata, pensata, ma poi finita male, malissimo. La relazione si frantuma, il senso di tutto vacilla, si lasciano, crescono, si ritrovano quando ormai era sostanzialmente impossibile ritrovarsi, riprendono il loro cammino, mettono su famiglia e restano insieme fino alla fine dei loro giorni. C’è una grandissima energia in scena ed è la qualità migliore di questo lavoro e nel finale persiste, ribaltata in tenerezza. Però che cosa c’è di interessante per il pubblico in una storia così? Che cosa può esserci d’interessante per davvero? L’analisi – condotta con il microscopio della densa fisicità dell’azione teatrale - della dinamica della relazione, della dialettica tra individualità e dimensione di coppia, dell’evoluzione delle emozioni che legano due persone, proprio quelle due persone, con la loro ricerca violenta, tenerissima, affannata, accanita, risoluta, disperata, rassegnata di soluzioni positive, negative, incerte, autentiche al dramma reale del loro cambiamento, del cambiamento vitale e necessario per ogni persona. Lo spettacolo appare un po’ troppo lungo e probabilmente lo si sarebbe potuto (e lo si dovrebbe) asciugare un po’. Ma ciò che ne rende veramente impegnativa la fruizione è l’impegno fisico pieno, appassionato, pensato, che i due interpreti dedicano ad ogni scena, ad ogni gesto, ad ogni segmento di senso. Non è poco se alla mimesi teatrale chiediamo di scendere in profondità e provare a dire la verità su di noi. Almeno provarci.

Polmoni
Castrovillari, Teatro Sybaris 28 maggio 2025
Di Duncan MacMillan, traduzione di Matteo Colombo. Con Michele De Paola e Marisa Grimaldo. Regia di Michele De Paola, Marisa Grimaldo, Giovanni Malafronte. Produzione Compagnia Mar Giomitch con il sostegno di AriaTeatro. Crediti fotografici di Angelo Maggio