Aveva ragione Giacomo Leopardi, dunque. Infatti così come la bella e profumata ginestra fiorisce inattesa e quasi paradossale sulle pendici di quel vulcano che è l'Universo e l'Esistenza, la poesia può fiorire altrettanto inattesa dentro la tragedia di un
popolo, quello palestinese, punito per quel delitto (la Shoa) che noi (europei tutti) abbiamo commesso e per questo privato di ogni diritto in quanto letteralmente privato della 'terra sotto i piedi', una poesia ormai inattesa e che credevamo impossibile, annegata nel sangue di migliaia di morti e nell'oblio colpevole del mondo.
Eppure una poesia che nasce dal ventre stesso della vita umana quando può cibarsi della sua umanità come dei frutti di una natura felice e generosa che lo rispetta, l'essere umano che la attraversa, e da cui è rispettata.
Ci ricorda il teatro delle 'Ariette', questo spettacolo anche di cucina presentato quale anteprima del 27° “Suq Festival” di Genova, la sempre vivace creatura di Carla Peirolero e Valentina Arcuri, soprattutto ove ci dice che è nel cuore della normalità e della condivisione, di cui il desco è metafora insuperata, che può battere il cuore della felicità.
Omar Suleiman uno dei tanti della diaspora palestinese, in Italia da quasi quarant'anni, che rifiuta di dirsi e considerarsi 'rifugiato' mentre è un ospite ben accolto che attende il volo del ritorno che forse, però, mai decollerà.
In questo suo monologo, semplice come il suo titolo e accompagnato dalle note dal vivo dell'Oud del siriano Samer Harb, Omar, mentre prepara il “tabulè” (che poi assaggeremo) in scena, non lancia invettive, non grida il suo dolore, ma lo dimostra con il solo ricordare e raccontare la sua infanzia al villaggio, tra cristiani e musulmani che non si distinguevano ma mescolavano le loro diversità mentre andavano l'uno verso l'altro.
Omar ha imparato la vita così e per questo appare più stupito che offeso che quella stessa vita si sia tanto trasfigurata in una crudele smorfia che la rende irriconoscibile.
Questo forse il più grande delitto della occupazione e colonizzazione israeliana, che sia a Gaza o nella West Bank, l'aver distrutto quel mondo di convivenza, quella normale semplicità che sarebbe stato in grado anche di accogliere, se solo le fosse stato chiesto, anche l'ebreo del ritorno, il figlio di quell'ebreo con cui per secoli ha convissuto.
Non si è voluto così, in nome di quel virus che contorce dolorosamente il sionismo, come aspirazione al ritorno, in nazionalismo e razzismo in nome della rivendicazione esclusiva e del possesso.
Se ne stanno accorgendo anche molti cittadini israeliani ed ebrei in ogni parte del mondo, anche se la sovrapposizione tra ebrei e israeliani e tra il governo di Israele e Israele stesso, rivendicata dai sionisti religiosi più oltranzisti, si mostra ormai per quello che è, uno schermo difensivo e propagandistico per giustificare ogni azione militare.
Ripetiamo Omar di questo è più doloramente stupito, perché fuori da ogni sua coordinata mentale e psicologica, che arrabbiato pur essendo offeso, mentre sollecitandolo attende, e noi con lui, che il mondo finalmente si risvegli di fronte a un tale crimine.
Uno spettacolo commovente e partecipato che apre da par suo questa ventisettesima edizione del “Suq Festival” diretto da Carla Peirolero con Alberto Lasso, tradizionale fucina di interculturalità e di condivisione, di multietnicità e di 'accoglienza', al Porto Antico di Genova che invitiamo a frequentare dal 13 al 22 giugno, tra spettacoli, musica, cultura e stand etnici e molta, molta, molta umanità.
Hanno chiuso l'evento i messaggi di dialogo e di pace di Maria di Pietro (Assopace Palestina) e di Daniele Levi (Laboratorio ebraico antirazzista - Lea).
Tutto esaurito nella piccola piazza del Suq, tra tappeti e profumi. Molta la partecipazione e molta la condivisione che gli applausi hanno espresso.
“MI CHIAMO OMAR”. Spettacolo di teatro e cucina con Omar Suleiman e Samer Harb. Nell'ambito di “Suq Festival” ventisettesima edizione, anteprima il “Il Suq per Gaza”. Porto Antico Genova, Piazza dell Feste – Palco Suq”, il 12 giugno.