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A ripeterlo, si rischia di essere ripetitivi e forse anche un po’ stucchevoli, ok, ma a Siracusa è doveroso: per mettere in scena un’opera della drammaturgia antica ci vuole il pensiero e ce ne vuole tanto. Questo è sicuramente vero per la tragedia, questo

è verissimo e necessario per la commedia antica. Ancor più vero e ancor più necessario in uno spazio, fisico e culturale, qual è appunto il Teatro Greco di Siracusa. Raccontiamo della Lisistrata di Aristofane così come l’ha immaginata, costruita e diretta Serena Sinigaglia, nel contesto della LX stagione delle rappresentazioni classiche dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico. Interprete principale è Lella Costa, la traduzione è di Nicola Cadoni, i costumi sono di Gianluca Sbicca, le musiche di Filippo Del Corno, la direzione del coro di Francesca Della Monica. La scenografia, di Maria Spazzi, è ricavata da una metafora che attraversa la commedia di Aristofane ed è tradizionale nella Grecia classica: dove devono stare le donne? Chiuse a casa, al telaio. Il telaio è il posto giusto delle donne nell’immaginario della cultura classica e non occorrono troppe citazioni a rafforzare questo concetto. Viene in mente però che, nel discorso riportato da Tucidide in ricordo dei caduti ateniesi dopo il primo anno della guerra del Peloponneso, Pericle alla fine dice che la cosa migliore e più onorevole per le donne è che di loro non si senta nemmeno la voce e che nessuno possa parlare di loro né in bene, né in male. Pericle, secondo Tucidide, fa un’affermazione del genere. Pericle che di certo non era il più gretto tra gli ateniesi del V secolo. Dopo circa vent’anni anni da quel celebre discorso, nel 411 a.C. il nostro Aristofane, che, pur non essendo un gretto odiatore del presente, era sicuramente un conservatore e non aveva alcuna stima per la democrazia e per la cultura che la sostanziava, compone e presenta alle feste Lenee quel capolavoro di irresistibile e fiammeggiante comicità che è Lisistrata. L’idea di fondo è questa: Atene, la nostra amata, bellissima e coltissima patria, è distrutta dalla politica ladra e dissennata dei demagoghi democratici, che stanno anche conducendo la guerra contro gli spartani in modo disastroso. Filosofi, sofisti e moderni tragediografi, come Socrate e Euripide, sono altrettanto colpevoli e corruttori, ma sul piano culturale. Cosa può esserci peggio di questo? Solo una cosa sostanzialmente può essere peggiore: un colpo di stato che porti al potere le donne! Una maledizione, un castigo divino. Una sedizione talmente violenta ed efficace che le donne riescano a mettere il becco su cose che mai e poi mai dovrebbero riguardarle come la guerra, la politica e la finanza pubblica. Questa l’idea comica di base, impensabile e paradossale per gli ateniesi. E, da qui in poi, ecco il meraviglioso genio comico di Aristofane impennarsi e sbizzarrirsi al meglio delle sue possibilità di drammaturgo e uomo di teatro a tutto tondo: ecco lo sciopero del sesso, ecco la libido maschile e femminile che straripa in comicissima ossessione, ecco i giochi di potere, ecco le legnate e i ruzzoloni, ecco le mille e divertentissime trovate e battute di cui è intessuta la scrittura aristofanesca, ecco infine l’obiettivo politico meraviglioso, utopistico addirittura per le menti malate dei maschi ateniesi ovvero la pace.
L’esito di qualsiasi allestimento professionistico di questa meravigliosa commedia dovrebbe essere quasi automaticamente positivo, ma non è così, non è affatto così. Perché Aristofane è troppo lontano da noi: il suo ingaggio politico, concreto e intelligente al contempo, e partigiano e polemico e ardente e furioso e capace di cattiveria, non è replicabile nella contemporaneità. Non c’è, davvero non c’è, una prospettiva politica o culturale che oggi possa assumerlo credibilmente o confrontarsi con esso trovandovi una vitalità o un’immediata necessità che vada oltre il riconoscimento e l’apprezzamento del magistero comico. Inutile scrutare e distinguere tra leadership femminili e femministe: nulla oggi può intercettare ideologicamente la risata di Aristofane. Forse questo è il bandolo della matassa: il magistero comico è l’unica qualità che è viva e utilizzabile di Aristofane. Viva e utilizzabile: questa qualità la regista dichiara di averla compresa e di tenerla ben chiara come riferimento costruttivo, ma poi non ce la fa, non riesce a farla vivere per via di scelte che la portano altrove: scelte sbagliate o forse poco meditate, che spengono inesorabilmente la vis comica dello spettacolo. Apertis verbis: se scegli di far ridere il pubblico, utilizzando la forza comica di Aristofane allora ti fermi lì e ti muovi da una prospettiva rischiosa, scomodissima, dura, maschilista e patriarcale e poi magari la forzi, la ribalti e la sveli (cioè la denunci) fino al paradosso intelligente; se invece scegli di leggere Lisistrata in una prospettiva in cui nell’oppressione delle donne assumi e fai convergere politicamente tutte le ingiustizie del mondo contemporaneo, allora va tutto. Va bene citare Dolores Ibarruri (no pasaràn!), va bene far rappresentare la bellissima spartana, atletica e soprattutto fertilissima Lampitò a un uomo (Simone Pietro Causa), va bene scoprire della lingerie femminile sotto il vestito maschile del grigio e sessualmente represso burocrate di regime (Aldo Ottobrino), va bene soprattutto servirsi della eleganza colta, sofistica, simpatica di Lella Costa, che però davvero moltissimi personaggi può interpretare, tranne la scandalosa e comica semplicità (persino un po’ sguaiata) di una donna che, avendo perso la pazienza, chiama le cose col nome giusto e mette in riga in riga maschietti e femminucce con un autorità che non è saggia, non è colta, non è politicamente corretta, piuttosto è motivata da massima stanchezza e insopportabile frustrazione per una condizione esistenziale (quella delle donne greche nell’età classica, spartane comprese) che possiamo studiare, ma difficilmente possiamo comprendere nella sua estrema durezza. In questo secondo caso si tratta di un interessante spettacolo di Serena Sinigaglia, liberamente (e legittimamente) tratto da Aristofane, ma non di Aristofane e nemmeno in attento dialogo con Aristofane. Però o si sceglie la prima prospettiva o si sceglie la seconda, non scegliere o sceglierle entrambe non è possibile ed è questa irresolutezza di fondo che, al di là delle battute, dei colori, dei costumi, dei lazzi e delle busse, al di là della indiscutibile solidità degli attori e delle attrici, ha spento – veramente spiace dirlo – concettualmente lo spettacolo. L’impressione complessiva è di un lavoro raffinato ma non sufficientemente meditato e nemmeno così libero e sfrontato come il magistero di Aristofane imporrebbe e pretenderebbe.

Lisistrata di Aristofane
Teatro greco di Siracusa, LX Stagione rappresentazioni classiche dell’Istituto nazionale del dramma antico. Dal 13 al 27 giugno a giorni alterni,
Regia di Serena Sinigaglia. Traduzione di Nicola Cadoni. Costumi di Gianluca Sbicca. Musiche di Filippo Del Corno. Direzione del coro di Francesca Della Monica. Coreografie di Alessio Maria Romano. Disegno luci di Alessandro Verazzi. Assistente alla regia Arianna Sorci. Assistente scenografo Paola Grandi. Assistente costumista Marta Solari. Personaggi e interpreti: Lisistrata Lella Costa, Calonice Marta Pizzigallo, Mirrina Cristina Parku, Lampito Simone Pietro Causa, Dracete Marco Brinzi, Strimidoro Stefano Orlandi, Filurgo Francesco Migliaccio, Stratillide Pilar Perez Aspa, Nicodice Giorgia Senesi, Rodippe Irene Serini, Commissario Aldo Ottobrino, Cinesia Salvatore Alfano, Donna Beota Didi Garbaccio Bogin, Donna Corinzia Beatrice Verzotti, ambasciatore spartano Alessandro Lussiana, ambasciatore ateniese Stefano Carenza, Pace Giulia Quacqueri. Coro di Nipoti, Massaie, Macchiniste, Arcieri: Allegra Azzurro, Claudia Bellia, Carla Bongiovanni, Gaia Lerda, Giulia Maroni, Erika Roccaforte, Francesca Totti, Clara Borghesi, Davide Carella, Carlotta Ceci, Federica Clementi, Alessandra Cosentino, Giovanni Costamagna, Christian D’Agostino, Lorenzo Ficara, Ludovica Garofani, Gemma Lapi, Zoe Laudani, Marco Maggio, Carlo Marrubini Bouland, Arianna Martinelli, Carlo Andrea Pecori Donizetti, Beatrice Ronga, Massimiliano Serino, Davide Sgamma, Francesca Sparacino, Stefano Stagno, Giovanni Taddeucci, Siria Veronese Sandre. 

Foto Maria Pia Ballarino