Un teatro tenda che è il chapiteau di un circo, una periferia milanese, un cartellone trasversale. Qui, nell’ambito del Festival “La città senza porte 2025” (12-27 settembre, Corvetto, Santa Giulia, Porto di Mare a Milano), va in scena “Bar sotto il mare” di
Stefano Benni (22 e 23 settembre 2025). Emilio Russo, pilastro del milanese Teatro Menotti, ne ha adattato il testo e curata la regia.
Un Bar sotto il mare, un vecchio che si immerge camminando nell’acqua fino a scomparire sotto il mare, una storia assurda. E’ il Bar di Sompazzo, che sta lì nella campagna italiana tra pettegolezzi, storie d’amore, tic nervosi, piccole originalità. Sotto il mare ma in realtà molto sopra, molto attorno a noi. Si raccontano storie, tra un bicchiere e l’altro. La chitarra accompagna, la parola ogni tanto si fa canto, Ettore ed Achille sono due compaesani che si sfidano a parolacce e salsicce, la neve cade alta sette metri, il mondo va alla rovescia, il pane è una medicina, l’amore nasce in sella al motorino.
La fantasia è al potere ma anche a braccetto con tanta sagace ironia, il grottesco fa riflettere mentre il sognante crea un’atmosfera sospesa, anzi sommersa sotto il mare. Un non-luogo e un non-tempo lasciano spazio alla narrazione anti-realistica che svela idiosincrasie umane o desideri. Tra una nota e l’altra si ride e si pensa, il bambino interiore gioisce richiamato da tutto questo apparante non-sense che solo la goliardia istintiva riesce a comprendere.
Resta l’appagamento del buon uso della parola, il gusto del calembour astuto e la creatività libera dagli schemi. Un rimpianto – e un omaggio – a quella prospettiva tipica di Benni che faceva della leggerezza narrativa la chiave migliore per far riflettere delle cose grandi.
La regia di Russo è leggera come il testo, sobria senza fronzoli, il chapiteau conferisce già di per sé quella vena di assurdità che sorregge il testo. D’altra parte, se sono sempre più rari i tendoni da circo, figuriamoci i teatri in periferia! Se Strehler portava il Piccolo Teatro impegnato in periferia per avvicinare la Cultura alle masse operaie, ora il mondo è cambiato. Il chapiteau si riempie – letteralmente – di pubblico che saluta il progetto di un teatro fuori dal teatro, a portata di mano, con un volto meno codificato ma forte nei contenuti. Da Aristofane a Benni, da Stein a Foer, ce n’è per tutti i gusti, ma anche per tutte le età se ci aggiungiamo i laboratori del week end per i bambini. Il teatro torna a fare il teatro, insomma, si libera dei veli intellettualistici e si offre come esperienza generalista. Un plauso. E un’ottima risposta del pubblico!
