E’ un progetto bellissimo quello di dedicare alla drammaturgia italiana e contemporanea il Teatro Valle, uno dei teatri più antichi d’Italia, se escludiamo le arene romane o greche.
Quando sono entrata per la prima volta sul suo palcoscenico, passando dall’ingresso degli artisti, sotto lo sguardo indagatore dei custodi e dei tecnici -E questa chi è? Da ‘ndo viene? Bologna? Gaiarda! - mi sono accorta che i miei passi si facevano leggerissimi per non disturbare. Affacciata da una quinta, ho visto la sala vuota in penombra, nessuno in platea a quell’ora del primo pomeriggio, ma attorno tra le corde, i fari, le assi, il boccascena, tra poltrona e poltrona come un brusio divertito, un mormorare versi, battute, arie musicali, un’aria fatta di due secoli di respiri parole, pianti, ansie, applausi, tutti nell’aria densa del teatro che si apriva davanti a me arrivata al centro della scena.
E come tutti i teatri costruiti bene, anche il Valle dal palcoscenico ti sembra piccolo raccolto anche se così piccolo non è, raccolto invece sì.
Dal palcoscenico del Valle ti senti in mezzo al pubblico non c’è separazione, come in tutti i teatri costruiti bene la platea, spente le luci, scompare e rimane solo l’attore e il pubblico, niente ornamenti, niente lusso inutile, niente ostentazione di architetti che anche a luci spente continuano, nei teatri costruiti male, a intromettersi tra l’attore e il suo pubblico.
Anche per questo mi piacerebbe che al Valle trovasse casa la drammaturgia contemporanea fatta di parole, azioni, pensieri che se ben composti, se solidi, stanno in piedi benissimo e hanno bisogno, per esistere meglio, di un luogo che sparisca lasciando un non spazio e un non tempo occupati solo dall’attore, dall’attrice e dal pubblico.
Auguri Valle e grazie a tutti coloro che vorranno rendere possibile questo. Sentitemi dei vostri anche da Bologna. Dal piccolissimo Teatro delle Moline questo desiderio di drammaturgia necessaria è stato difeso da me e da Luigi Gozzi: come il neutrino che dal CERN arriva al Gran Sasso vi arrivi questo augurio, più veloce e solido della luce.