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La gabbia (figlia di notaio) è stato scritto nel 2005 e presentato in forma di mise-en-espace nel settembre scorso presso il Teatro Manzoni di Calenzano (FI). La produzione vera e propria ha debuttato con regia dell’autore nel gennaio 2006 per il Teatro delle Donne/Festival Autrici a Confronto, con Luisa Cattaneo e Maria Cristina Valentini. Lo spettacolo sarà prossimamente in scena in alcuni dei maggiori festival estivi (da Santarcangelo fino al toscano Festival di Radicondoli diretto da Nico Garrone che quest’anno dedica la sezione monografica al teatro di Stefano Massini). E’ in corso la distribuzione nei teatri italiani per la prossima stagione.

Nota dell'autore
Ho pensato a questo testo come ad uno spietato gioco drammatico di identità svelate. Voglio dire che tutto sembra chiaro, fino dall’inizio. In realtà c’è molto da scoprire, nella più ampia porzione di iceberg che sta sotto il livello delle apparenti posizioni. In questo senso è un testo che rappresenta molto la mia ricerca drammaturgica, tutta incentrata sulla definizione di una “mappa di segni”, di orme, di indizi utili per ricostruire una dinamica scenica solo in parte affidata alle battute: in ogni testo teatrale mi sforzo di offrire i cromosomi, il codice genetico di una situazione che se nella pagina scritta è inevitabilmente bidimensionale, solo sul palco acquista finalmente un profilo tridimensionale. In altri termini, odio le parole fini a se stesse. Amo invece le parole che creano nello spazio un insieme di atmosfere emotive, di immagini, di realtà evocate. Mi piace poi – ne “La Gabbia” - la scommessa di un dialogo estremo fra due donne che sembrano non aver più niente da dirsi. Perché qui le resistenze sono fortissime, e al di là dei singoli argomenti, è la stessa possibilità di un dialogo ad essere più volte contestata: il confronto nasce a fatica, filtrando fra un muro continuo di difese, menzogne, fughe reciproche. Affido a questi due ritratti di donna il compito di scendere a fondo, nelle viscere di una famiglia assente, di un confronto mancato e dei relitti umani che ne derivano. Ma non solo: “La Gabbia” è un mosaico dalle tessere impazzite, che si incastrano come schegge incontrollate. C’è l’individuo e c’è la società, c’è il singolo e c’è la comunità, c’è il microcosmo e il macrocosmo, c’è un’esperienza umana relativa che diventa metafora di una condizione assoluta. Ed è a quel punto che tutto crolla. Ecco: si tratta in fondo di un testo in cui si assiste a continue demolizioni e continue ricostruzioni, forse destinate a perdurare all’infinito. “La Gabbia” è una resa dei conti. In tutti i sensi. Nella nostra cosiddetta era delle “ideologie morte”, tento un ring dialettico di reale portata politica. E consegno a questo parlatorio il ruolo di scenario drammatico per un incontro/scontro di alta tensione emotiva.

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Lo spettacolo è prodotto da:
IL TEATRO DELLE DONNE
Centro Nazionale di Drammaturgia
Direzione Artistica M.Cristina Ghelli
presso TEATRO MANZONI via Mascagni, 18
50041 CALENZANO (Firenze)
Tel. e Fax. 055.8876581 - 055.8877213
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Così la stampa:
“LA GABBIA” del giovane Massini: frammento teatrale d’intima verità.
Recensione di Franco Quadri (2 aprile 2006)
Scrive storie d’artisti, veri o immaginari, Stefano Massini, e anche in un “frammento teatrale” come “La Gabbia” si mantiene fedele al suo dna, inventando una vicenda che peraltro ricalca la realtà molto da vicino. Nel parlatorio nitidamente delineato di un carcere, separato dagli spettatori da un’inferriata che ci offre il primo dei molti riferimenti al titolo del testo, vediamo dunque una scrittrice mondana di mezz’età in visita alla figlia brigatista, condannata per banda armata e reclusa da undici anni in cui tra le due non c’è stato alcun tipo di rapporto. Il colloquio ovviamente segue nella prima parte il prevedibile itinerario di un interrogatorio della visitatrice a cui l’inquisita oppone un muro di silenzi o di negazioni o di accuse, destinate a movimentare un dialogo fitto di sottigliezze che prevedibile non è, come dimostreranno di non esserlo la moglie e la figlia ribelle di quel notaio messo nel sottotitolo a qualificare una classica figura della conservazione borghese. Ma ben presto qualcosa interviene a smuovere l’incontro e anche a far cogliere alle due antagoniste un insospettato elemento di somiglianza reciproca senza costringere nessuna delle due a recedere per questo dalle proprie posizioni, che però arriveranno a specchiarsi l’una nell’altra, sottraendosi alle numerose gabbie che le costringono. E’ la sorpresa, o il colpo di scena, che arriva puntualmente al concludersi dei testi di Massini a capovolgerne il senso, da “La fine di Shavuoth”, prima sua prova importante, dedicata al giovane Kafka, a “L’odore assordante del bianco”, l’opera sulla clausura ospedalizia di Van Gogh che l’ha imposto all’unanimità come Premio Tondelli a Riccione 2005. In tutti questi casi, giunti al rovesciamento finale si prova il bisogno di rileggere il lavoro dal principio, mentre chi ne scrive sente di doverne tenere il segreto sulla conclusione, come se si trattasse di un giallo. Basterà dire che dalla sorpresa che riempie questa “Gabbia” (non indenne da influenze kafkiane, dandole un senso d’intima verità) non escono una vincitrice e una vinta, ma piuttosto un’emozione che induce ciascuna delle due donne a riconoscersi nell’altra fino a confondersi, sia pure per qualche attimo, con lei: uno stato d’animo che si rifrange sulla sensibilità dello spettatore inducendolo a sua volta a mettere in questione le troppe gabbie che limitano la sua vita.