Caro Diario,
è un po’ che non sento parlare di crisi del teatro; in compenso è assai diffusa un'amara rassegnazione sull’Italia investita – certo non per la prima volta nella sua tribolata storia – da un processo di rifeudalizzazione: mentre apparentemente impazza il nuovo, chi davvero trionfa è la rendita, accompagnata dalla solita compagnia di giro di pensioni clientelari, privilegi, caste e sinecure; tagliate (oppure oops! dimenticate) le origini antifasciste e democratiche della costituzione repubblicana, la “nave senza nocchiero in gran tempesta” (si, ho visto Benigni in TV!) si avvia ineluttabilmente (aggettivo tornato di gran moda con il Kosovo) al gorgo. Insomma si torna al barocchetto, al Settecento italiano pre rivoluzionario e difatti, dopo Abu Ghraib e la caserma di Bolzaneto, si sente un gran bisogno del ritorno di Cesare Beccaria, non solo in Italia.
Spesso, quando la situazione politica è pessima, sono tempi buoni per il teatro: senza che, fortunatamente, si torni a parlare di teatro civile emerge una rispondenza plurale del teatro contemporaneo ai tempi: dalle riflessioni di Stefano Massini sulla “figura” dello scandalo ( in La gabbia 2, vista domenica 2 marzo a Ravenna, nella stagione Nobodaddy delle Albe) al neomaccheronico Made in Italy di Babilonia Teatri – Premio Scenario 2007 - sul NordEst.
Sabato 1° marzo, al Teatro Astra di Bellaria (un cinema ristrutturato, una nuova stagione teatrale) ho visto “ Un musical esistenzialista” di e con Emanuela Villagrossi e Dany Greggio di Motus Factory, regia di Maria Arena: un lavoro delizioso e polifonico sull’amore derivato – di solito succede il contrario – dal video ‘Ceremony’.
La dimensione amorosa esprime una resistenza direttamente politica al dominio del discorso del capitale, imperniato sul feticismo, l’erotizzazione degli oggetti e l’individualismo più idiota (che in greco significa privato, nel senso di confinato alla dimensione domestica); il legame amoroso, come tutti i legami, ostacola la frantumazione individuale, il dominio pieno del feticcio, per cui amatevi! amiamoci!
Intanto, nei teatri d’opera, le programmazioni di compositori del Novecento sono più frequenti e, meraviglia! il pubblico non fugge urlando…
Non abbiamo bisogno di buone leggi ma di buone abitudini.
Crisi del teatro?
- Scritto da Fabio Bruschi