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Giunge all’ultima fermata la rassegna STAZIONI D’EMRGENZA organizzata dallo Stabile d’innovazione Galleria Toledo di Napoli. L’ultima compagnia in scena, prima dell’apertura del cartellone ufficiale, presenta gli artisti del Tourbillon Teatro di Napoli. La drammaturgia, scritta dal giovane Fabio Rocco Oliva, viene guidata dalla regia di Alessandra Asuni. Il tema: le carceri. La situazione italiana è disastrosa e l’osservazione degli istituti penitenziari diventa un esame approfondito sulla condizioni sociali del paese, attraverso un duplice punto di vista: dall’esterno, cioè che tipologie di reclusi esistono nelle carceri, dall’interno, come vivono questi reclusi. L’idea davvero particolare di questo spettacolo è l’ambientazione. Le zattere dei folli che venivano lasciati al largo, durante il Medioevo, ricompare in scena. Una flebile fiammella, le corde, il suono del mare, lo scricchiolio della stiva. Sembra quasi di sentire il sapore di salsedine, sembra che il palcoscenico cominci ad ondeggiare sulle onde del mare. Tre uomini, tre tipologie: un tossicodipendente, un anarchico, un profugo cieco. La ricerca di un io perduto, che sia quello bruciato nella droga, su un gommone pieno di morte o cancellato da forme politiche annientatrici, viene stretto nelle corde di Giustizia. Altera, ironica, bionda, Elena Cepollaro interpreta una Giustizia dal viso di bianco cerone, dagli occhi giganti, dal linguaggio incomprensibile, sensuale, viso da bambola terribile. La particolare e difficile ricerca linguistica del testo, attraverso cui si riesce a far parlare Giustizia in volgare campano, ci aggancia continuamente al Medioevo. Le citazioni, da Lorenzo il Magnifico al Cantico delle Creature, al velo di Maya di Schopenauer, riempiono il testo di riferimenti importanti. I tre reclusi raccontano la loro storia con una corda al collo; Giustizia sembra assumere le potenzialità delle Parche, tessitrici del destino umano. Li osserva, li scruta, li riduce a bestie. Spesso le voci dei tre si accavallano, si mescolano. La voglia di raccontare e testimoniare è forte. Poi i tre si scindono, diventano personalità singole distinguendo e raccontando le loro personali esperienze. I racconti attorno al fuoco, nella stiva della nave, vengono presieduti da Giustizia nascosta tra le ombre e i chiaroscuri. Tutto vede e tutto controlla. La sua positività appare sbiadita, confusa. Non è la Giustizia che ci aspettavamo. Inevitabile schierarsi dalla parte dei reclusi ma ci si accorge che la volontà del testo è la riflessione. Bisognerebbe  assumere una propria giustizia mentale e di coscienza per raggiungere un equilibrio di osservazione: abbiamo bisogno di una giusta giustizia e di giusti reclusi. Questo lavoro è la tappa di un percorso creativo che ha legato Tourbillon Teatro, Alessandra Asuni e Fabio Rocco Oliva, collaborando anche con l’Università Federico II di Napoli. La scelta di uno degli attori, il giovanissimo Antonio Tufano, appare in evidente contrasto con gli attori più esperti Fabio Rossi e Andrea de Goyzueta. Il salto dalla zattera alla libertà, dalla vita di recluso al cambiamento è una speranza che tocca non solo i prigionieri ma tutti noi. Il giovane recluso anarchico si arrampica sul piedistallo di Giustizia dopo un lungo e feroce monologo di rivolta, la spodesta, salta, nuota, sorride. Un gesto simbolico ma carico di significati, positivi o negativi che siano. Perché proprio il giovane anarchico? Sarebbe opportuno chiedere ad ognuno degli spettatori di descrivere il proprio pensiero in riferimento a questo spettacolo, per capire cosa possa pensare un pubblico eterogeneo per cultura e pensiero politico.Forse siamo davvero dei folli lasciati in alto mare? Siamo davvero folli a credere nella libertà? Un plauso alla regia curatissima e fortemente “pittorica”, forse più caravaggesca che medievale. Il testo appare complesso, di difficile comprensione in alcuni momenti, soprattutto nel legame  tra il simbolo della zattera medievale, che appare piuttosto come una citazione e pretesto per l’ambientazione,  creando divario con la realtà dei fatti a noi contemporanea. Se invece cogliamo la zattera come simbolo del destino umano e della sua navigazione eterna, il carcere non sembra essere allora  il tema per una specifica critica sociale ma simbolo generico dell’esistenza umana. In qualche modo lo spettatore deve comunque schierarsi e orientare la propria osservazione su uno dei due canali per analizzare al meglio lo spettacolo.

STAZIONI D’EMERGENZA
GALLERIA TOLEDO NAPOLI
IL SALTO
28-29-30 ottobre 2011
con Elena Cepollaro, Andrea de Goyzueta, Fabio Rossi, Antonio Tufano
scritto da Fabio Rocco Oliva, regia Alessandra Asuni