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Entrare nella Sala Assoli del Nuovo Teatro Nuovo di Napoli e respirare ancora Annibale Ruccello. Questa è la sensazione che ormai da qualche settimana si prova nel seguire alcuni appuntamenti del cartellone  ERA EVA. Dal 4 al 20 novembre anche il regista Pierpaolo Sepe ci regala il suo personale ricordo e pensiero ad Annibale Ruccello. Nel 25esimo anno della sua morte Annibale sembra più vivo che mai sul palcoscenico del famoso teatro partenopeo. Anna e una valigia. Sembra non manchi nulla. L’interpretazione di Maria Paiato è straordinaria. Impeccabile. L’idea di collocare sul fondo della scena il nome della protagonista a caratteri cubitali è inaspettata. I personaggi ruccelliani rappresentano apparentemente tutto quello che è routine, maschera sociale, standard. Chiusi nei loro ambienti serrati, nelle loro case torbide, nelle loro vite di fantasmi, di certo non avrebbero mai aspirato al loro nome, nero su bianco, a caratteri giganteschi, su un palcoscenico. Come una famosa star Anna viene subito presentata al pubblico. È divertente sbirciare le reazioni di quella parte di pubblico che non ha mai visto uno spettacolo di Ruccello, che non ha mai letto i suoi testi ma ne ha sentito molto parlare.
Gli spettatori appaiono divertiti, incuriositi, inorriditi, giocano a scoprire l’esito della storia. Tutto questo è Anna. Una delle famose figure femminili ruccelliane in cui la vita omologata  e la routine hanno costretto ad indossare una maschera. Lo sradicamento dalle radici, dalla casa di origine, la rendono una vorace cannibale della vita. “È  mio” sarà la sua frase ricorrente, ripetuta incessantemente, fino alla fine, fino a diventare un monito di vita. Lei, camera in affitto presso una donna anziana maniaca dei gatti, lui, un ragioniere conosciuto sul monotono posto di lavoro. L’idea è quella di costruire una vita insieme a quest’uomo ricco e solo. Amore? Non pensatelo neanche! L’amore ruccelliano è sempre torbido, mai puro, è sensuale, corporeo, animalesco. La solitudine aleggia sulle donne, personaggi principali di questi testi, oltre al femmineo dei travestiti: portatrici della maschera sociale, esplodono nelle loro follie soppresse a lungo dall’omologazione sociale. L’attrice stenta nel dire “sono emancipata”, nascondendo un matrimonio degradato a convivenza, un abbandono in arrivo. Tutto il castello dorato crolla e l’idea di tornare alla routine originaria scatena la follia. Nelle prigioni domestiche le donne ruccelliane tolgono la maschera e agiscono. Anna è talmente accecata dalla voracità della vita che mangia realmente il suo uomo: per sempre suo. Maria Paiato riesce, in una magia straordinaria, a rendere il suo volto maschera della follia. Cambia espressione un milione di volte e ogni centimetro del suo viso è intriso dell’essenza di Anna Cappelli. Stavolta, però, l’ambientazione non è quella del  microcosmo ruccelliano degli anni ‘80. Sepe trasporta tutto negli anni ’60, dagli abiti, dall’acconciatura, alle musiche, fino a quel nome, sul fondo, a caratteri cubitali con i faretti sopra, che ricorda i grandi manifesti cinematografici del dopoguerra. Immagini, cambi di scena, primi piani, tutto si basa su una costruzione fortemente cinematografica, che va dal neorealismo italiano al cinema americano, una delle grandi passioni di  Ruccello. La costruzione del testo prevede un solo personaggio ed è difficilissimo interpretare un continuo dialogo attraverso un monologo. Sepe fa centro e, grazie alla bravissima attrice, il dialogo delirante con se stessa diventa un lavoro perfetto. L’attenzione cade spesso sulle mani ed è geniale la scelta di illuminare solo le dita della donna intenta a battere a macchina, scandendo il tempo che passa e la musica, proprio come faceva Jerry Lewis nei suoi numeri della macchina da scrivere. Unico piccolo rimprovero per un lavoro comunque eccezionale, è l’immediata consapevolezza della follia di Anna: il testo di Ruccello ce lo fa scoprire a poco a poco, proprio per sottolineare l’apparente e angosciante normalità di questa donna che si tramuta in una cannibale. In scena invece la nostra Anna fa subito comprendere il suo delirio, sin dall’inizio, togliendoci in parte la sorpresa.

NUOVO TEATRO NUOVO NAPOLI
4-20 novembre 2011
Maria Paiato in
ANNA CAPPELLI
uno studio
di Annibale Ruccello
scene Francesco Ghisu, costumi Gianluca Falaschi
trucco Vincenzo Cucchiara, macchinista Mario Febbraio
aiuto regia Sandra Conti
regia Pierpaolo Sepe