Esordio il 20 e 21 Novembre al Teatro Comunale Politeama di Lamezia Terme per Donne al Parlamento da Aristofane, esito del Laboratorio Teatrale Capusutta, cui hanno partecipato 70 ragazzi delle scuole superiori di Lamezia e bambini del vicino campo Rom. Capusutta è il più recente frutto di quell'albero dalle radici ormai profonde e feconde che è la “non scuola” teatrale che
Marco Martinelli e Ermanna Montanari hanno creato, anzi (a loro forse non piacerebbe questa definizione), hanno intuito e scoperto nel corpo un po' sonnolento del teatro italiano, ormai, anche nelle sue modalità più avanzate, più museo che sguardo al presente e voglia di futuro. Quest'ultima esperienza, in un luogo tra i più socialmente tormentati e anche 'dissociati' del sud, tra l'altro è sì un frutto della primigenia esperienza delle Albe, però meticciato ed innervato da quella, quasi un figlio prediletto ma ormai 'uscito di casa', dal quartiere Scampia di Napoli, così che, terza feconda generazione, sembra riepilogare e innovare ulteriormente le diverse esperienze di Marco e delle Albe, di cui lo splendido “Eresia della Felicità” è stato esempio recentissimo. Come al solito Marco non abbandona i classici, ma li vivifica immergendoli nel presente, così da contaminarli, ma soprattutto così da offrire metodo e forma alle spesso indistinte pulsioni all'espressione che animano il corpo della società e non trovano, quasi mai, occasione per manifestarsi in maniera organica ed in misura efficace. È questa, per chi la ri-conosce, l'anima della intuizione drammaturgica di Martinelli e del Teatro delle Albe che, per questo, inizia e continua a lavorare mescolandosi con l'adolescenza, intendendo l'adolescenza come quello stato non solo anagrafico in cui la rabbia e l'indisponibilità verso un presente vissuto come inadeguato e oppressivo è più forte, ed insieme spesso priva di capacità di strutturarsi ed esprimersi, di dirsi cioè e di dire. La Non Scuola tenta di fornire strumenti e capacità, a partire da un idea del teatro che è innanzitutto recupero della sua anima primigenia, quella di rito della polis, della collettività che attraverso di essa si conosce, si esprime ed anche decide su sè stessa. Questa anima primigenia è iscritta nei testi classici, ed in Aristofane, in quanto aristotelicamente 'comico', forse nella sua forma più direttamente eversiva e rivoluzionaria, e dunque travestendolo, come direbbe Sanguineti, con e nei volti, nei gesti, nelle espressioni, nel linguaggio infarcito di sanguigno dialetto territoriale e di evanescenti e alienanti espressioni televisive, di questa presente adolescenza si riesce a efficacemente recuperarla ed articolarla. A partire dal testo classico e dalla sua fabula, già straordinariamente rivoluzionaria e profondamente contemporanea laddove ipotizza un governo delle donne che è ribaltamento dei canoni di dominio, non solo di genere ma soprattutto economico, con la messa in 'comunione' dei beni e degli affetti. Fornire, a chi ha cose da dire ma non la possibilità, interna ovvero esterna, di dirle, la grammatica e la sintassi per farlo, questa sembra essere la finalità ultima del lavoro, faticoso certo ma credo infine gratificante, di Marco e delle 'guide' che man mano hanno cominciato ad affiancarlo. Paradossalmente Marco, Le Albe, Punta Corsara e ora Capusutta, cioè la Non Scuola nella sua complessità, fanno il teatro più tradizionale che ci sia e proprio per questo, in un contesto espressivo progressivamente alienatosi e rinchiuso in recinti e steccati 'specialistici', uno dei più innovativi della scena europea. Anche questa volta non è stato tutto facile, come forse l'entusiasmo di queste righe potrebbe lasciar intendere, lo ricorda Marco stesso nella presentazione dell'iniziativa, che insieme al comunicato stampa, pubblichiamo in altra parte della nostra rivista, ma lo ricorda soprattutto nel breve diario tenuto nel corso del lavoro e reperibile in rete all'indirizzo: http://doppiozero.com/rubriche/capusutta. Anche questa volta, infatti, le forze sociali, e non solo in un territorio purtroppo ancora troppo segnato dalla criminalità organizzata, non interessate e anche ostili ad ogni cambiamento, ad ogni rinnovamento di un clima sociale spesso torbido e disperato, hanno fatto sentire la loro presenza, non sempre esplicita, non ne hanno avuto il coraggio, ma ritardando, seminando perplessità e disillusione, talora piegando a loro consumo posizioni ipoteticamente corrette (“anche da noi si fa ricerca teatrale non dovevamo aspettare Le Albe) al fine di solleticare contrapposizioni e steccati funzionali, dall'una e dall'altra parte, al mantenimento dello status quo. Esemplare, in un certo senso, la vicenda del campo Rom di Lamezia, uno dei più grandi d'Italia ma ai più sconsciuto, che ha fornito con entusiasmo nuovi imprevisti pallottini alla non scuola di Marco, campo minacciato, proprio durante l'esperienza di Capusutta, di uno sgombero poi misteriosamente svanito nel nulla. Va infine detto che quest'ultimo fiore della non-scuola è fiorito, oltre che per l'entusiasmo dei ragazzi lametini, anche per l'impegno dei nuovi amministratori di Lamezia, il sindaco Gianni Speranza e soprattutto l'assessore Tano Grasso, simbolo dell'anti-racket messinese, che ha convinto Marco Martinelli e ha favorito, a fronte delle difficoltà operative, questa sorta di filiazione indiretta tramite la collaborazione dei ragazzi, ormai professionisti e impegnati ben oltre Scampia, di Napoli, in un legame multi territoriale che recupera, tra l'altro, una comunione di intenti e una collaborazione operativa in un sud tendenzialmente disgregato ed in progressiva, ma non irrecuperabile, perdita di identità culturale. Il teatro è stato lo strumento principe di questo 'strano' e straordinario rivolgimento, di questa piccola e grande rivoluzione culturale che bombarda le convenzioni e le rigidità sociali e culturali e, tramite queste, forse anche i palazzi del potere più profondo e oscuro della Calabria e non solo. Il teatro, dunque, come strumento intrinsecamente capace di organizzare un sentire collettivo, che è razionalità sociale ed insieme conoscenza delle pulsioni più intime, individuali e collettive, e quindi come nemico principale della ignoranza che è il lasciapassare del controllo e del dominio dei corpi e delle menti. Il progetto Capusutta, dopo quello Arrevuoto, entrambi per dire rivoltare, mettere a testa in giù, è giunto così al suo primo traguardo, nonostante e contro le difficoltà, da una strana effrazione ai ritardi nella firma del contratto triennale con il Comune, poi felicemente perfezionato, ed in occasione del debutto della drammaturgia, ed in attesa di esserne diretti testimoni, non può che meritare, anche per gli ostacoli passati o futuri, con gli auguri di tutti, la mia personale solidarietà che sono convinta non resterà isolata.