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Prima di salutare questo lungo 2011, anche il regista-autore Fortunato Calvino ha voluto regalarci la sua ultima raccolta. Tre testi, editi da Bulzoni e inseriti nella collana di Teatro Italiano Contemporaneo a cura del SIAD. LA STATUA, in scena negli anni ’90, ORDINARIA VIOLENZA scritto nel 2006, VICO SIRENE, l’inedito mai messo in scena. Il 7 dicembre la Biblioteca Nazionale di Napoli, nella sua particolare Sala Rari, ospita la conferenza stampa di presentazione. Presenti, oltre Calvino, Maricla Boggio e Mario Lunetta, rappresentanti del SIAD, il prof. Lombardi Satriani, ma anche nomi come Igina di Napoli, prof. Mariano D’Amora, Nino Daniele, Antonella Schiavone, Paolo Valerio e Claudio Finelli. Spetta a Maricla Boggio aprire la conferenza, descrivendo l’attività di Fortunato Calvino, spesso citato e inserito all’interno della rivista Il Ridotto, gestita appunto dal SIAD. Lo stesso Calvino ha ricevuto  il premio Calcante con uno dei suoi testi più famosi, CUORE NERO. Gli elementi che, dopo un’attenta lettura, tutti ritrovano nella nuova trilogia sono molteplici ma seguono un percorso ben definito: il richiamo al teatro civile, la descrizione di quella piccola delinquenza che crea le fondamenta solide di una malavita ben più organizzata, le donne, spesso maltrattate e portatrici di messaggi importanti, l’allontanamento violento dalle proprie radici e la necessità di evadere attraverso la fantasia.  Il primo testo, LA STATUA, è un’originale commistione tra realtà e mondo onirico, il tutto ambientato su una descrizione accurata di alcune vie del centro storico napoletano. Da un lato la finzione del racconto, che vede due barboni innamorati di una statua soprannominata Maria, simbolo quasi di una Napoli da amare e proteggere, dall’altro il sogno, il thriller, il sacro e profano. Un’originale fusione di elementi che nascondono profonde simbologie; una storia che sarebbe interessante riprodurre cinematograficamente, più che teatralmente, attraverso le atmosfere dei film del dopoguerra in bianco e nero. Del resto anche Antonella Schiavone, giovane dottoressa che ha realizzato una tesi di laurea sul teatro di Fortunato Calvino, sottolinea gli esordi calviniani da filmaker, elemento che emerge a tratti, tra le ambientazioni dei suoi testi. Mariano D’Amora cita addirittura Viviani, legandolo a LA STATUA di Calvino proprio per il suo mondo onirico. Interessante appare l’analisi di Claudio Finelli che non solo sottolinea la diversità dei tre testi e dei tre dialetti utilizzati, o meglio delle tre sfumature di dialetto napoletano utilizzate, ma nota anche tre rapporti importanti: maschio/femmina, bene/male, sogno/ realtà. Quest’ultimo, citato in riferimento al  primo testo, si collega agli altri due: Finelli trova una tendenza alla positività che è rappresentata dalla “femmina” e dal sogno, mentre la realtà rappresenta la verità negativa così come il maschio.  ORDINARIA VIOLENZA, titolo ossimorico, racconta la storia di due donne che continuano a vivere in condizioni quotidiane di violenza. Il maschio appare basso, animalesco, violento, inutile, il lettore inorridisce, rimane scosso, inerme. Qui il linguaggio utilizzato cade nella quotidianità di basso ceto, contrastando con la poesia e la ricercatezza del primo testo. In ORDINARIA VIOLENZA si utilizza un linguaggio freddo, volgare, a tratti ripetitivo, metallico, vuoto, come l’anima delle sue donne. Mariano D’Amora lega stavolta il testo di Calvino ad Eduardo De Filippo, in uno scontro generazionale tra teatro di tradizione e quello di post avanguardia. Anche qui gli interni familiari sono in primo piano, ma la violenza familiare non è prevista nei testi edoardiani. Ecco come cambia la società scenica. L’ultimo testo, VICO SIRENE, la cui presentazione era stata fatta circa un anno fa, in anteprima, sembra essere il testo che colpisce di più gli astanti. Il travestitismo, elemento fondamentale non solo nella cultura campana, pur provenendo da lontano e da altre culture come afferma Mariano D’Amora, diventa meccanismo generatore del nuovo teatro napoletano. Un mondo di travestiti, trans, prostitute, che vivono la quotidianità nel vico sirene, secondo regole e meccanismi che a prima vista stordiscono. La lettura del testo ci porta in un mondo costituito, in fondo, da una profonda semplicità di sentimenti e legami. L’omicidio, il giallo, il teatro civile, ricompaiono attraverso  una violenza che spesso in Calvino è efferata. Il professor Satriani afferma che la pietas dei personaggi calviniani si rivolge sia alla vittima che al carnefice, attraverso un’analisi etno-linguistica fondamentale. Maricla Boggio sottolinea anche l’importanza del concetto di maschera moderna, come copertura terribile di una sofferenza nascosta.  Paolo Valerio ci fornisce inoltre delle spiegazioni storiche: Napoli diventa il mondo dei “femminelli” perché i sodomiti spagnoli in questa città non erano toccati dall’Inquisizione spagnola.  Mario Lunetta aggiunge che Napoli, a differenza della Roma papale, è laica, da sempre innovativa e senza restrizioni. Ecco il perché della grande  produzione culturale e teatrale; per Lunetta Calvino diventa così un narratore delle vicende napoletane ma senza moralismo, schietto nel descrivere contenuti politici e sociali, senza accontentarsi del pittoresco uso del dialetto tradizionale. In attesa di nuove pubblicazioni e nuovi incontri teatrali, riportiamo l’idea di Igina Di Napoli, direttrice artistica del Nuovo Teatro Nuovo di Napoli: “è indispensabile mettere in scena i testi piuttosto che pubblicarli solamente”. Il teatro ha bisogno di testi di buona qualità ma anche e soprattutto della possibilità di mostrali visivamente al pubblico, ovviamente con la stessa qualità degli scritti.
Emanuela Ferrauto

La statua, Ordinaria violenza, Vico sirene
di Fortunato Calvino
Bulzoni - Siad,  2011
Pagg. 155 € 13,00
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