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È sempre interessante constatare come un artista affronta uno dei nodi più importanti e intricati della cultura contemporanea: ovvero come si trasforma in forme, racconto, parole, immagini, suoni, il rapporto tra tradizione e contemporaneità, tra radici storiche ed attualità. Ovviamente un rapporto tanto più interessante da considerare quando ad osservarlo e raccontarlo è un artista che usa un linguaggio tradizionale e intimamente legato alla cultura popolare come quello del “cunto” siciliano. Parliamo di Gaspare Balsamo, un giovane teatrante e cuntista originario di Trapani (che però oggi vive e lavora a Roma), che sabato 5 maggio, ha presentato sulla scena del “Coppola occupato” di Catania, il suo ultimo lavoro, ovvero “Tressicilie, abbecedario di decolonizzazione”. Interessante notare come la pro-duzione di questo spettacolo sia di “Produzionepovera”, una piccola casa di produzione di progetti artistici che prova a proporre una nuova e più oculata modalità di relazione tra ricerca teatrale e investimento economico. Lo spettacolo di cui diciamo è una riflessione in forma di cunto sul rapporto tra persistenza del dialetto (in particolare del siciliano) e comunicazione nella e della contemporaneità che, se appare un po’ ideologicamente affrettata (…se riflettiamo sulla violenza bellica, politica e militare, con cui piemontesi e garibaldini hanno, o avrebbero, proceduto alla conquista e alla presunta colonizzazione della Sicilia, non dovremmo, parimenti e altrettanto lucidamente, riflettere sulle condizioni in cui si trovavano la nostra isola e complessivamente l’Italia prima dell’unificazione?), è apprezzabile dal punto di vista della capacità, tutta fisica e teatrale, con cui Balsamo tiene insieme i diversi (forse troppi) motivi, toni e colori della storia che porta in scena. Così l’uso automatico della lingua italiana si confronta con la forza del dialetto, che meglio esprime consapevolezza politica e senso di appartenenza, così la vicenda storicamente complessa dello sbarco dei Mille incontra l’arcaica, cruenta eppure umanissima quotidianità del lavoro in tonnara (la mattanza), così il rispetto della memoria storica incontra l’oblio polveroso e museale delle modalità con cui la memoria viene conservata e il problema della consapevole mistificazione della comunicazione politica incontra, infine, la forza dell’arte popolare che sa essere totalmente refrattaria alla menzogna.