Si riapre la stagione dei festival estivi torinesi, che sempre più spazio e ascolto si è conquistata nel panorama nazionale ed internazionale. Dal 5 al 26 giugno è la volta della diciassettesima edizione del “Festival delle Colline Torinesi” presentato, al pubblico e agli operatori, nel corso di una affollata conferenza stampa il 23 maggio alla Casa del Quartiere San Salvario (ex Bagni Pubblici) di Torino. Ideato e ancora diretto
da Sergio Ariotti, validamente collaborato per la parte organizzativa e della comunicazione da Isabella Lagattola, e fronteggiando con sempre maggiore fatica ma con altrettanta forza e abilità le congiunture nazionali che, al contrario di quasi tutti i paesi europei, si scaricano con violenza nei forti e inopinati tagli alla cultura, il Festival si segnala ancora una volta per il respiro internazionale, soprattutto nei confronti della vicina Francia e dei paesi francofoni in generale, e per l'attenzione al teatro giovane e di ricerca. In particolare, in questa edizione, ben coglie nel suo cartellone quel particolare contesto di difficile transito generazionale che caratterizza i nostri tempi, assediati per così dire e frantumati tra la frustrata ambizione di una gioventù ostacolata se non privata della possibilità di costruirsi un futuro con i padri ed i nonni, ed una generazione anziana che non è tanto abbarbicata alla sua posizione, quanto depauperata e ormai forse incapace di una eredità feconda. Segnalava infatti uno degli interventi nel corso della conferenza stampa che entrambe sembrano incapaci di memoria, memoria che non è la capacità o la qualità di immagazzinamento di eventi abbandonati così al ricordo, quanto la capacità attraverso l'esperienza di riconoscere il presente e quindi la materia prima per costruire il futuro. Il teatro, ha al riguardo sottolineato Ariotti, è appunto il luogo in cui questa materia prima è da sempre preservata, e dunque è il luogo in cui si può cominciare a ricostruire un percorso, uno scambio tra padri e figli, un passaggio di testimone iniziando a ricostruire un testimone da passare tra una generazione e l'altra, così da ripristinare una mobilità non solo culturale ma anche sociale di cui sembra essersi persa la chiave. Ritrovare questa chiave sembra dunque essere il tema conduttore dell'intero festival, nel cui cartellone segnaliamo in particolare “GIU'” di Spiro Scimone, che questo ingorgo generazionale icasticamente ambienta in un gabinetto, ovvero “La nuit Tombe” di Guillaume Vincent che si esercita sulle complesse relazioni con il passato, o infine “The plot is the revolution” dei Motus ove il rapporto tra le generazioni è direttamente messo in scena nel dialogo tra Judith Malina e Silvia Calderoni. Con il tema, essenziale, della fine della storia o tout court della fine dei tempi si confrontano invece la Societas Raffaello Sanzio con “La Seconda Neanderthal” e la giovane compagnia Muta Imago che conclude qui il ciclo di “Displace”. A proposito di giovani, con il problema dei rapporti con le generazioni precedenti si confrontano tra gli altri Kronoteatro con “Pater Familias” di Fiammetta Carena, che sonda un universo interamente maschile, o la compagnia Fibre Parallele con “Duramadre” di Riccardo Spagnulo e il siciliano Tindaro Granata con il suo “Antropolaroid”, elaborazione ed aggiornamento del classico “cunto” della sua regione. Il cartellone peraltro è ricchissimo di eventi che non abbiamo potuto menzionare per questione di spazio, per cui non ci resta che rimandare il pubblico al sito del Festival, in cui troverà certamente materia di interessante riflessione. Il festival delle Colline Torinesi, dunque combatte e sopravvive guadagnandosi stima ed appoggi e costruendo una strategia efficace che nell'alleanza con gli altri due eventi dell'estate torinese, il Festival Teatro a Corte e il Festival Sul filo del Circo, la cosiddetta C3+ (in cui il + sta per la collaborazione con il Circuito Teatrale del Piemonte), trova una ulteriore possibilità per meritarsi, anche in questa fase economica, l'appoggio consapevole di Istituzioni ed Enti Pubblici il cui supporto, lo ha sottolineato Ariotti, è indispensabile per mantenere al teatro la sua libertà creativa e quindi la sua efficacia come espressione e servizio di una collettività. Tra queste ultima va, per concludere, segnalata quella di Pecetto Torinese, piccolo comune dell'hinterland, che grazie alla collaborazione con il Festival ha saputo e potuto recuperare luoghi essenziali della sua memoria.