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Una vetrina della nuova drammaturgia che sa guardare anche in aree del mondo lontane. Questo è “Trametissage”, un’esperienza di teatro che passa attraverso le riscritture e le contaminazioni, gli incontri di linguaggi lontani nel tempo e nello spazio ma anche una seria analisi metateatrale sul senso del fare teatro nel mondo contemporaneo. Il sipario del milanese Teatro Grassi (via Rovello) si apre con la rilettura del” Satyricon” del latino Petronio condotta da Massimo Verdastro e Luca Scarlini insieme ad alcuni dei più bravi drammaturghi contemporanei, come Antonio Tarantino, Marco Palladini, Letizia Russo, Magda Barile, Lina Prosa e  Andrea Macaluso. Il risultato parla di metissage, di reinterpretazione di sempiterni motivi dell’animo umano con linguaggi e contestualizzazioni contemporanee. A dieci anni dalla scomparsa del noto drammaturgo Remo Binosi, vengono rappresentati alcuni dei suoi cult come “Il martello del diavolo” con Maria Ariis e Paola Salvi o la lettura scenica “La Regina Margò” per la regia di Massimo Navone. Pamela Villoresi, Emilio Bonucci e Eleonora Ivone raccontano di un conflitto tutto italiano sul tema dell’eutanasia, nello spettacolo “Vita”, una drammaturgia di Angelo Longoni che fotografa uno scontro tra etica individuale e collettiva sul tema della “dolce morte”. Nella suggestione del cerchio sacro indiano, il Mandala, sono imbastite sei storie frutto della drammaturgia multimediale di Andrea Balzola, che ne è anche il regista. Sulla scena la soprano Francesca Della Monica che interagisce con le scenografie vive di Theo Eshetu, con una attenta partitura sonora del sound designer Mauro Lupone, sullo sfondo del lightng di Liliana Iadeluca. La conclusione della kermesse teatrale è affidata all’Africa. In continuità con quel viaggio di esplorazione che dura ormai da tre anni, volto alla scoperta del processo di «decolonizzazione della mente e della storia»- come spiegano gli organizzatori della rassegna- che è in atto nel continente africano, a Milano sfila un omaggio teatrale a Capoverde, Etiopia, Rwanda, Uganda, Zimbabwe. E la voce di questo tributo è tutta al femminile, con la narratrice e danzatrice Maria Louise Niwemukobwa (Rwanda), fino alla scrittrice e regista Tsitsi Dangarembga (Zimbabwe).  Contribuiscono a ricreare queste atmosfere africane le proiezioni di video e le esposizioni di abiti africani, un omaggio alla  “regina della morna” Cesària Evora, un concerto del percussionista ugandese Herman SSewanyana, e un reading recitato e musicato di brani da “La bambina che resta” dal romanzo omonimo dell’etiope Gabriella Ghermandi. Apre la XII edizione di  Trametissage “Satyricon” di Petronio (21-23 settembre), un’opera preziosa e inaspettata, superstite mutilata dei secoli soprattutto medievali, che non ne hanno consentito la trasmissione integra. Seppur lacunoso, il materiale giuntoci è uno spaccato efficacissimo del mondo romano. Non tanto e non essenzialmente dei costumi ufficiali, quanto invece degli umori, dei non sense, del sentimento della precarietà dell’esperienza umana che un’anima acuta come quella di Petronio riuscì a sintetizzare nel suo capolavoro. La cifra narrativa è quella del ribaltamento dei valori, dei ruoli sociali, del solito andamento delle cose. Nulla di più difficile che creare una riscrittura (post)moderna di un mostro sacro come questo. Eppure Luca Scarlini e Massimo Verdastro, drammaturgo e comparatista il primo, attore e regista il secondo, hanno colto il potente valore espressivo che una reinterpretazione avrebbe generato da questo testo. Se, come amava sottolineare Calvino, ogni libro è vivo se esiste un pubblico di lettori che lo legge, rilegge, interpreta e trasmuta in sostanza nuova, questo è accaduto al Satyricon di Petronio. Scarlini-Verdastro hanno affidato ad alcuni dei drammaturghi italiani di maggior spicco la rivisitazione del testo originale. Lo stesso Luca Scarlini, ma anche Antonio Tarantino, Lina Prosa, Marco Palladini, Andrea Macaluso, Letizia  Russo, Magdalena Barile hanno dato vita a sette drammaturgie indite che si articolano in cinque momenti distinti, detti Capitoli per la loro capacità di risultare spaccati a sé stanti di vita, squarci dell’anima umana. Se la genialità di Petronio stava nel non lasciarsi intimorire dal codice morale, che è solito trasgredire con la leggerezza di chi sa che ciò che narra è vero e incarnato nel suo tempo, così i drammaturghi del secolo nostro hanno mantenuto lo spirito dissacrante dell’originale, trasmutandone tuttavia i connotati e i linguaggi. Così, l’episodio della Pinacoteca di Eumolpo (di Antonio Tarantino), sul liminare tra vizio e virtù come se fossero sfumature della stessa tonalità, affronta la marginalizzazione della cultura in un mondo affascinato unicamente  dal potere della pecunia. Le gallerie di quadri diventano un non-luogo, un rifugio per reietti della società che lì vi scorgono una sorta di quiete dell’anima, di riappropriazione di se stessi. L’omaggio a Silvio Benedetto, che si esibisce in un happening pittorico dal vivo, contribuisce a quella sacralizzazione del fare artistico in contrasto con un mondo che, ieri e oggi, pare non scorgerne più la magia. Si alternano capitoli di tono diverso, con la sagace ironia di Petronio salvaguardata da un’attenta riscrittura dei linguaggi. Nel capitolo intitolato “Tra scuola e bordello” (di Marco Palladini), Encolpio, Ascilto e Gitone si muovono in una Roma decadente, tra scuole di Retorica diventate clinic che studiano lo strano linguaggio da sms dei giovani che vi sono iscritti, fino al surreale dialetto romanesco che è messo in bocca ad un parterre di mezzane e prostituti. Geniale  il capitolo “Quartilla”, che fin dall’originale latino possiede una singolare vitalità per la sua capacità di parodiare la sacerdotessa di Priapo e matrona romana Quartilla, icastico esempio di gioco dei valori tradizionali, di ribaltamento dei toni e dei miti di una civiltà. La Quartilla di Letizia Russo gioca col surreale, brama un dio Priapo improbabile e smisurato, infligge punizioni sessual-sadomaso in quel controcanto geniale tra realtà, suggestione e perversione, sulle rime romanesche di Belli. La  “Cena di Trimalcione”, altro caposaldo comico del testo originale, passa attraverso il cabaret e la macchietta dei due padroni di casa, il liberto ereditiero Trimalcione e la sua consorte Fortunata, per giungere alle malinconiche riflessioni sulla bizzarria del destino e sulla mutabilità della sorte. Chiude la carrellata il celebre naufragio della coppia di amanti Gitone ed Encolpio sulle rive di Crotone/Trimalchiopolis, simbolo di corruzione e degrado. 

Trametissage – Festival Internazionale della Nuova Drammaturgia
Al Teatro Grassi di Milano dal 21 al 30 settembre.
Inaugura il Festival il progetto Satyricon, ideato da Luca Scarlini e Massimo Verdastro
www.outis.it